di Lorenzo Bonaguro

Georgij Konstantinovič Žukov

«Se ci imbattiamo in un campo minato la nostra fanteria attacca esattamente come se le mine non ci fossero» (Žukov a Eisenhower, 1945)

«Tutti noi lo ammiravamo come un dio… quando lo guardavi ti sentivi come in una chiesa di fronte ad un’icona» (Alexander Buchin, autista di Žukov)

Nella storia militare del Novecento, il generale Žukov risalta come uno dei più grandi. Dopo una carriera in costante ascesa fra i ranghi dell’esercito, a partire da soldato semplice di uno squadrone di cavalleria dello zar, Žukov arrivò fino ai massimi vertici dell’Armata Rossa durante la Seconda Guerra Mondiale. La sua fu una lunghissima carriera, in cui diede più volte prova delle sua capacità strategiche ma anche di una temibile spietatezza, che tuttavia non gli impedì di essere amato dalla truppa. Sopravvissuto alle Grandi Purghe degli anni Trenta, divenne famoso in tutta l’Unione Sovietica per le sue vittoriose imprese a capo del VI Corpo d’Armata, contro l’esercito imperiale giapponese e le milizie del Manciukuo in un conflitto armato mai dichiarato che attraversò quasi tutto il decennio, e che fu completamente ignorato in Occidente. In quell’occasione Žukov dimostrò delle notevoli capacità di innovazione strategica: in particolare adoperò i carri armati in un modo completamente nuovo, ovvero in combinazione con l’aviazione, mettendo in pratica delle tattiche che per molti aspetti anticiparono di qualche anno la Bliztkrieg della Wehrmacht.

La fama internazionale lo raggiunse durante la Grande Guerra Patriottica, come i russi chiamano tutt’ora la guerra contro l’invasore nazista. Nel 1941 Žukov entrò duramente in contrasto con Stalin perché di fronte all’avanzata dei tedeschi suggerì di ritirarsi da Kiev, di cui era stato incaricato della difesa. Nonostante fosse stato messo temporaneamente da parte contribuì in maniera decisiva a contenere in parte l’avanzata nemica su Leningrado e la stessa Mosca. Oltre ciò, anche la battaglia decisiva del fronte orientale, e quasi sicuramente dell’intero conflitto, porta la sua firma: l’assedio di Stalingrado. La strenua resistenza dei soldati, e dei civili, diede tempo a Žukov di preparare l’Operazione Urano, una gigantesca manovra a tenaglia che trasformò i tedeschi da assedianti in assediati. Per questa vittoria Žukov si guadagnò il titolo di Maresciallo dell’Unione Sovietica e divenne un eroe nazionale, secondo solo allo stesso Stalin.

Il Maresciallo si distinse anche durante la battaglia finale della guerra, quella che portò alla conquista di Berlino. Le truppe naziste, poste sulla difensiva, poterono ben poco contro la superiorità sovietica. Žukov, e altri suoi colleghi, convinsero Stalin, fin dall’estate del 1941, che la salvezza del paese sarebbe dipesa dalla continuazione della produzione industriale – le industrie furono letteralmente smontate e portate oltre i monti Urali – e dalla preparazione logistica delle armate. Grazie a questi accorgimenti, nei momenti decisivi come Stalingrado e Berlino, Žukov poté schierare una forza militare immensa che spazzò via la resistenza sul fiume Oder, a est di Berlino, per poi stringere la stessa capitale in una manovra a tenaglia. La velocità e la determinazione della sua manovra fu dovuta anche alla rivalità con gli altri generali sovietici, in particolare con Ivan Konev. In poco più di due settimane la città capitolò.

Finita la guerra il Maresciallo non si ritirò dalle scene volontariamente ma vi fu costretto da Stalin che ne temeva la fama. Nonostante ciò, ebbe modo di giocare ancora una volta un ruolo di primo piano nella storia della sua nazione, anche se gli avvenimenti sono tutt’ora avvolti da un alone di mistero. Alla morte di Stalin si scatenò una lotta per il potere fra i vertici del partito una delle vittime illustri fu Lavrentij Pavlovič Berija, Ministro degli Interni e capo della polizia segreta (NKVD). Žukov fu decisivo nel mettere in trappola Berija, farlo arrestare e processare in maniera sommaria con accuse che alcuni hanno considerato essere state costruite a tavolino da Kruscev, che qualche anno dopo estromise dai vertici del governo anche il Maresciallo, divenuto troppo popolare, con l’accusa di avventurismo e bonapartismo. Žukov si ritirò a vita privata senza mai più comparire in pubblico.