L'Europa del Novecento

FILIPPO FRIGERIO

L’EUROPA DEL NOVECENTO

Il XX secolo si apre con un’Europa ancora immersa nel benessere della “belle époque”, destinato a cessare allo scoppio della prima guerra mondiale. Erano gli anni del trionfo di una società borghese dinamica, ricca e progressista, grazie all’industria e all’innovazione scientifica (sottolineata anche dall’istituzione dei premi Nobel a partire dal 1901). Questo benessere di facciata non rappresenta, però, la vera situazione europea, che celava al suo interno forti tensioni dovute alle disuguaglianze socio-economiche, le quali si sviluppavano in una società in prevalenza liberale, ma che in realtà era dominata da un’élite industriale e finanziaria sempre più monopolistica e decisa a far valere esclusivamente i propri interessi.

Sul piano politico, gli ultimi decenni dell’Ottocento avevano portato ad uno sviluppo della partecipazione popolare alla vita politica attraverso l’allargamento del diritto di voto, la sindacalizzazione del lavoro e la nascita di movimenti di massa che misero in tensione i vari movimenti politici nazionali. In Italia si assistette ad una svolta autoritaria, a seguito del massacro di Bava-Beccaris; in Gran Bretagna si ebbe uno spostamento verso sinistra dell’asse politico, con la nascita di un nuovo partito socialista di derivazione sindacale, il Labour Party, che pose fine all’egemonia ventennale dei conservatori; la Francia viveva il maggiore conflitto politico e sociale della Terza Repubblica, l’affare Dreyfus; in Germania vi fu una crescita del potere personale del kaiser Guglielmo II e una riduzione del ruolo del Parlamento, cui fece seguito una politica estera aggressiva, sia in campo coloniale, sia nella politica degli armamenti.

Proprio il campo coloniale era diventato il terreno privilegiato di una politica bellicosa che contrapponeva le grandi potenze europee. Superato l’incidente di Fashoda in Sudan, in cui francesi e inglesi avevano sfiorato il conflitto, si ebbero forti tensioni dovute alle due crisi marocchine, che videro confrontarsi Francia e Germania. Questi conflitti andavano ad aggiungersi alla crescente tensione anglo-tedesca in campo navale: il costante aumento della flotta da guerra tedesca portò gli inglesi ad approvare una legge, la Two Powers Standard, che imponeva alla flotta inglese di conservare una superiorità di almeno il 10% rispetto alle maggiori flotte mondiali. Questa rivalità rese possibile l’avvicinamento di Francia e Inghilterra, attraverso la stipulazione dell’Entente Cordiale, per il reciproco riconoscimento delle sfere di influenza coloniale. A questa si unì, pochi anni dopo, la Russia, facendo così nascere la Triplice Alleanza.

Tuttavia, i primi anni del XX secolo europeo sono segnati dalla situazione di instabilità in cui verteva la penisola balcanica, dove il problema delle rivendicazioni territoriali e quello delle tensioni politiche fra le grandi potenze europee prepararono il campo per lo scoppio della prima guerra mondiale. L’indebolimento dell’impero ottomano aumentava l’instabilità della regione, sgretolando, di fatto, la soluzione escogitata da Bismark al congresso di Berlino del 1878. L’Austria, con l’appoggio tedesco, considerava la regione sotto la sua influenza; l’Italia puntava a inserirsi nel disfacimento dell’impero ottomano; la Russia ne faceva il punto fondamentale per il compimento della strategia di espansione verso il Mediterraneo, così come l’Inghilterra non poteva più rimanere esclusa dalla possibilità di giocare un ruolo di primaria importanza per i propri interessi nel Mar Mediterraneo e in Oriente. Fra le potenze locali la Serbia, appoggiata dalla Russia, mirava a dar vita ad un’egemonia sulla regione, così come la maggioranza degli Stati dei Balcani meridionali puntavano a espandere i propri territori a discapito dell’impero ottomano. Questa situazione di delicato equilibrio degenererà definitivamente con la rivolta dei Giovani Turchi a Istanbul, con la conseguente deposizione del sovrano.