di Marco BertuccioSTORIE EUROPEE

LE ORIGINI DELL'EURO

L’Euro è sicuramente uno dei più discussi argomenti degli ultimi 10 anni, ma quando e perché nacque l’idea di una moneta unica europea?

Molto probabilmente già i Padri Fondatori dell’attuale Unione Europea avevano ben in mente che prima o poi ad un mercato comune sarebbe dovuta corrispondere una moneta comune a tutti gli Stati membri. Ed è altrettanto probabile che essi la immaginassero conseguente alla costruzione di una più profonda integrazione politica europea, alla creazione di un governo di quell’Europa federale da più parti sognata e da altre osteggiata. Fino ad allora la storia, da Roma ai moderni Stati-Nazione, aveva sempre insegnato che l’autorità politica precedeva la creazione di una moneta. Sarebbe, legittimamente, sembrato un paradosso il contrario: chi emette e gestisce una moneta se non l’autorità politica che è interessata ad emetterla e gestirla? Nessuno poteva immaginare che quella che sembrava essere una “regola” della storia e dell’economia sarebbe stata smentita proprio dalla moneta unica europea, la prima moneta nata prima dell’autorità politica che avrebbe dovuto gestirla.

Se appare comunque fin troppo ambizioso far risalire l’idea della moneta unica al Rapporto Spaak del ’56 o ai Trattati di Roma dell’anno seguente, la lunga via che portò alla sua nascita può con più sicurezza farsi risalire al cosiddetto “Serpente Monetario” del 1972. Il contesto in cui nacque l’idea del “Serpente” era quello della fine del “gold-dollar standard” decretata da Nixon nel 1971. Lo scopo era quello di cercare di mantenere stabili i cambi delle valute europee e non abbandonarle totalmente alle fluttuazioni del mercato, conseguenza, appunto, della fine del sistema di Bretton Woods. Il “Serpente” si basava sul mantenimento di un margine di fluttuazione determinato e ridotto tra le valute comunitarie e tra queste e il dollaro. Lo shock petrolifero del 1973 rese insostenibile questo primo esperimento, di fatto già minato dai repentini abbandoni di Gran Bretagna e Irlanda nel giugno del 1972 nonché da quello dell’Italia nel febbraio 1973.

Bisognerà aspettare fino al 1978, quando il cancelliere tedesco Helmut Schmidt ed il presidente francese Giscard d’Estaing decidano di intraprendere nuovamente il cammino inaugurato dal “Serpente”. L’idea di fondo era quella di sganciare il più possibile la Comunità Europea dal dollaro, con l’obiettivo di rendere più indipendente l’economia continentale. Il modo individuato fu quello di agganciare le monete europee tra loro. Si arrivò così alla teorizzazione del Sistema Monetario Europeo. Il SME si basava sull’ipotesi di far oscillare entro una banda di fluttuazione predefinita (+/- 2.5%) le diverse valute europee, avendo a riferimento un’unità di conto comune (l’ECU). Pensato come la base per una futura concertazione comunitaria delle politiche fiscali e monetarie, lo SME entrò in vigore il 13 marzo 1979, dopo una lunga e faticosa trattativa che vide come protagonista soprattutto l’Italia. Per i Paesi mediterranei la banda di oscillazione del +/- 2.5% appariva fin troppo stretta, in particolar modo a Stati come l’Italia, la cui economia si basava sulla svalutazione “competitiva”. Si optò quindi di far rientrare questi paesi (Italia, Spagna, Portogallo e, dal 1990, la Gran Bretagna) in una banda di oscillazione decisamente più larga, del +/- 6%. La crisi speculativa che coinvolse la lira italiana e la sterlina inglese nell’estate del 1992, a cui fece seguito l’uscita dallo SME sia del Regno Unito che dell’Italia nel settembre dello stesso anno, portarono ad una revisione del sistema. Nel 1993 gli Accordi europei di cambio vennero allargati, portando ad un innalzamento dei margini di oscillazione della valuta fino al +/- 15%, mentre l’anno dopo venne costituito l’Istituto Monetario Europeo, “antenato” dell’attuale Banca Centrale Europea. Ma facciamo un passo indietro. Gli anni che vanno dal 1989 al 1992 furono infatti quelli che videro una netta accelerazione del processo di integrazione economica europea, dovuto in particolar modo al mutato contesto internazionale.

La caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989, e la successiva riunificazione tedesca nel corso del 1990, comportarono non poche preoccupazioni negli ambienti comunitari. In particolare, Londra e Parigi non nascondevano una certa apprensione per la rinascita di una potenza con storiche volontà imperialistiche. Se la Premier inglese Margaret Thatcher sembrava pronta a tutto per impedire la riunificazione tedesca, il Presidente francese Francois Mitterrand, che da anni coltivava l’asse Parigi-Bonn, si dimostrava ben più cauto. All’Eliseo si ragionava sul come vincolare gli interessi tedeschi a quelli francesi, e più in generale comunitari. Dopo un incontro tra Mitterrand e il cancelliere tedesco Kohl, si fece con più forza avanti l’idea di rafforzare i vincoli economici esistenti, prefigurando la creazione di una moneta unica europea. Il concetto di fondo fu quello di legare il destino economico di Berlino a quello di tutta la comunità e viceversa. Un vincolo economico per rafforzare un legame politico. Ovviamente la moneta unica avrebbe comportato la cessione della sovranità monetaria dei singoli Stati membri e la gestione comune di questa sovranità. La gestione comune della politica fiscale (prelievo e spesa) e del debito (emissione dei titoli di Stato) avrebbe per forza di cose dovuto portare ad una politica economica europea comune. Ma ciò non avvenne, in particolare per il netto rifiuto dei Paesi del Nord Europa di farsi carico degli enormi debiti di Paesi come l’Italia e Grecia. Se la scelta appare perfettamente comprensibile, essa mancò sicuramente di lungimiranza, come dimostrò la crisi del 2008 e la successiva crisi del debito sovrano del 2011. Vista l’impossibilità di una politica economica comune, la soluzione venne trovata nella creazione di parametri comuni a cui le singole politiche nazionali si sarebbero dovute agganciare. I famosi e molto dibattuti “parametri di Maastricht”: deficit non oltre il 3% del PIL, debito pubblico non oltre il 60% del PIL, inflazione non oltre l’1.5% della media dei tre Paesi più virtuosi, tasso d'interesse a lungo termine non superiore al 2% del tasso medio degli stessi tre Paesi.

In realtà, già nell’aprile 1988 il Consiglio Europeo aveva assegnato ad un Comitato, guidato da Jacques Delors, il compito di elaborare un progetto per la progressiva attuazione dell'Unione economica e monetaria. Il Rapporto Delors, redatto a conclusione dei lavori nell’aprile 1989, proponeva di articolare la realizzazione dell'Unione Economica e Monetaria (UEM) in tre fasi distinte, che avrebbe portato da ultimo alla creazione della moneta unica. Ma fu solo la firma, il 7 febbraio 1992, del Trattato di Maastricht ad aprire ufficialmente la strada alla nascita, il primo gennaio 1999, della moneta unica europea: l’Euro.

LETTURE ED APPROFONDIMENTI:

L'Unione Europea: una storia economica, di Francesca Fauri

- La storia dell’Euro: http://www.italiano.rai.it/…/la-storia-…/22044/default.aspx…

- L’Euro in due minuti: https://www.youtube.com/watch?v=dIUktr3Zpyk