di Lorenzo Bonaguro

La Vienna “rossa”


Alla fine della Prima Guerra Mondiale l’Impero Austro-Ungarico fu smantellato e al suo posto sorsero repubbliche indipendenti, fra cui quella austriaca - proclamata il 12 novembre del 1918 - che subito decretò l’illegittimità del governo imperiale. Alle prime elezioni il Partito Socialdemocratico d’Austria ottenne una vittoria schiacciante. La neonata Repubblica divenne un esempio unico di socialdemocrazia progressista sul suolo europeo, ma non era destinato a durare: nel giro di un anno il governo fu sciolto e il partito passò all’opposizione. Lo stesso non avvenne a Vienna che invece rimase “rossa” fino al 1934, quando dovette soccombere al nuovo regime fascista di Engelbert Dolfuss.

Prima della fine del governo furono approvate numerose leggi che migliorarono le precarie condizioni della classe lavoratrice. Fra queste le più significative furono la riduzione della giornata lavorativa a un massimo di otto ore e l’introduzione del sussidio di disoccupazione. Il parlamento federale emanò una legge che impose un congelamento degli affitti, nonostante la pesante inflazione, sui livelli pre-guerra. Quest’ultima legge fu particolarmente importante per Vienna, dove il sindaco rosso Jakob Reumann, primo segretario del partito fin dal 1889, adottò misure ancora più radicali sulla questione abitativa; tema altamente problematico in quel periodo a causa dei numerosi rifugiati nella capitale provenienti dalle ex provincie dell’impero.

Reumann scelse una politica abitativa fondata sull’edilizia pubblica e con il sostegno del parlamento federale avviò anche un miglioramento delle strutture già esistenti. L’intervento dello stato di Vienna, uno dei nove stati di cui è composta la repubblica austriaca, fu così invasivo che il mercato edilizio non fu più profittevole per i privati che lasciarono quindi quasi l’intero settore in mano allo Stato. Per finanziare queste opere fu introdotta una tassa di residenza che ovviamente andò a pesare sui ceti più abbienti della capitale. Dopo Reumann fu Karl Seitz, già presidente della Repubblica, a portare avanti queste politiche dal 1923 fino al 1934 quando fu costretto ad abbandonare il suo ufficio.

Il numero di alloggi costruiti nel periodo di governo di Seitz arrivò a circa 60.000. Fu allora che venne costruito uno dei residence simbolo di quell’epoca: il Karl-Marx Hof, progettato dall’urbanista Karl Ehn, la "Versailles dei lavoratori" rimane tutt’oggi uno degli edifici residenziali più grandi al mondo, lungo più di un kilometro. Al suo interno infatti sono presenti uno studio medico, un asilo, uffici postali, un centro culturale e una biblioteca e vari uffici commerciali, circondati dal verde. Tutto ciò di cui una famiglia ha bisogno.

Ma le novità della Vienna rossa non si fermarono qui. L’emergenza sociosanitaria fu la più impellente nell’immediato dopoguerra. L’assistenza sanitaria fu garantita a tutti gratuitamente, fu incentivato l’uso dei bagni pubblici e bagni termali, soprattutto fu messo in piedi un efficiente sistema di raccolta rifiuti per migliorare l’igiene collettiva. E fu un successo: i casi di malattie altamente infettive come la tubercolosi calarono drasticamente, come anche la mortalità infantile.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:


Helmut Gruber, Red Vienna. Experiment in Working Class Culture, 1919-1934., Oxford University Press, 1991

Wiener Vorlesungen - 100 Jahre Rotes Wien