di Lorenzo Bonaguro

La nascita dell’Impero germanico


«Sedan segnò la fine di un'epoca nella storia d'Europa.»

Alan John Percival Taylor


L’antagonismo fra il popolo francese e quello tedesco era ormai cosa ovvia fin dai tempi del Re Sole, quando il 18 gennaio 1871 nel Salone degli Specchi della reggia di Versailles il cancelliere Otto von Bismarck e i principi tedeschi proclamarono la nascita dell’ Impero tedesco con a capo Gugliemo I, già re di Prussia.

Le tensioni fra Napoleone III e il cancelliere Bismarck, vero arbitro della politica prussiana e della Confederazione germanica del nord, divenuta uno stato federale egemonizzato dalla Prussia nel 1867, iniziarono a salire fin dalla fine della guerra austro-prussiana del 1867. Napoleone si aspettava delle compensazioni territoriali – in ossequio al bilanciamento dei poteri sullo scacchiere europeo iniziato al Congresso di Vienna (1814-1815) – sul Reno data la vittoria di Berlino, ma ciò non avvenne. Cosciente di non poter scatenare una guerra, l’imperatore dei francesi lasciò cadere la questione, ma l’opinione pubblica iniziò a nutrire forti sentimenti germanofobi. I nazionalismi furono un elemento fondamentale del conflitto. Bismarck trionfò proprio perché seppe cavalcare l’ondata nazionalista sia del proprio paese, sia dei tedeschi meridionali, da sempre poco inclini al sogno di una nazione tedesca orbitante intorno alla Prussia.

La prima occasione di crisi avvenne in Lussemburgo. Il piccolo stato, appartenente a Guglielmo III d’Olanda in unione personale, era parte della Confederazione anche se ciò contravveniva il trattato di Praga (1866), che proibiva ai possedimenti olandesi di entrare nella Confederazione. Partendo da questo presupposto, Napoleone III avviò trattative per l’acquisto, ma il re olandese fu trasparente con Bismarck per non attirarsi le sue ire. Lo stallo diplomatico fu superato grazie all’intermediazione russa. Alla fine fu decisa la neutralità del Lussemburgo anche se rimase all’interno dell’unione doganale tedesca. Uno smacco diplomatico per la Francia.

Ad accendere la miccia fu la candidatura del principe Leopoldo di Hohenzollern-Sigmargen al trono di Spagna, da cui era stata cacciata Isabella II. Bismarck riuscì abilmente a manipolare la situazione dietro le quinte, anche se molti studiosi dubitano puntasse allo scoppio delle ostilità. Con la giustificazione che tutta la faccenda altro non fosse che una questione interna alla Spagna e alla casata Hohenzollern, di cui Guglielmo I era a capo, sperava di impedire qualunque intromissione francese. Il ministro degli esteri francese Gramont non si trattenne dal fare esplicite minacce contro la Prussia pubblicamente. L’ambasciatore conte Benedetti fu inviato a interloquire direttamente con Guglielmo a Bad Ems.

Dopo quattro giorni di intensi colloqui, il re promise di togliere il sostegno alla candidatura di Leopoldo, qualora lui stesso avesse per primo rinunciato. Tuttavia, Benedetti chiedeva che la Prussia rinunciasse a qualunque futura candidatura di un Hohenzollern e su questo punto il cancelliere si giocò tutto. Il 13 luglio 1870 Bismarck fece trapelare alla stampa parte dei colloqui fra Benedetti e il re modificando abilmente parte del “dispaccio di Ems”, rimarcando l’arroganza francese di voler dettare condizioni e la ferma decisione del re di non voler avere altri colloqui. In realtà gli incontri si erano svolti in maniera corretta e cordiale per tutto il tempo e non avvenne alcuno strappo o tensione. Quella che sembrava una vittoria di Benedetti fu tramutato dal cancelliere in uno schiaffo alla Francia, che a questo punto non poteva che entrare in guerra. Proprio in questo episodio si vide tutta l’importanza di Bismarck come uomo chiave della politica prussiana di quei decenni, che di fatto impose la sua linea dura con la Francia al re stesso.

Il 19 luglio la Francia dichiarò guerra. La mobilitazione tedesca fu molto più veloce e la difesa francese fu colta quasi impreparata. Sulla carta, l’esercito francese sembrava più forte: più numeroso, più riserve disponibili, meglio addestrati grazie al fermo militare di sette anni contro i due prussiani, e l’uso delle prime mitragliatrici e fucili migliori. I tedeschi invece avevano come punti forti soltanto l’artiglieria di cannoni Krupp a retrocarica e piani tattici più moderni. Fondamentale per la vittoria finale prussiana fu l’azione diplomatica di Bismarck che riuscì a spingere gli stati tedeschi meridionali ad allearsi con Berlino fomentando il sentimento nazionale. Ciò spinse l’Austria-Ungheria a non intervenire al fianco della Francia, per non ritrovarsi contro l’intero mondo germanico, senza contare che gli ungheresi erano assolutamente contrari.

Il 2 settembre Napoleone III si arrese sul campo di battaglia di Sedan al feldmaresciallo von Moltke. A Parigi si decise di proseguire la guerra a oltranza sotto una nuova bandiera, quella della Repubblica, il cui governo rigettò le richieste di Berlino. Nonostante la resistenza del popolo e dei riservisti l’avanzata di Moltke sembrava inarrestabile. Il suo piano era quello di catturare la capitale nemica per imporre una capitolazione, mentre il cancelliere voleva evitare di umiliare il nemico. Iniziò dunque un braccio di ferro a distanza con Bismarck, che alla fine la spuntò e intavolò i negoziati a metà gennaio del 1871. Isolato sul piano internazionale e con il paese sull’orlo del collasso, il governo francese dovette scendere a patti. Bismarck fu più morbido di quanto avrebbe voluto Moltke: si limitò a chiedere l’Alsazia Lorena, alcuni forti di confine e il pagamento di 5 miliardi di franchi. Parigi accettò. Il trionfo totale della politica bismarckiana fu l’incoronamento di Guglielmo a Kaiser del Reich con la corona offertagli da tutti i principi tedeschi. La Germania diventava una nazione unita in un solo Impero.


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