di Gabriele Pato

IL MASSACRO DI AIGUES-MORTES


Il 16 e 17 agosto 1893 le strade di Aigues-Mortes, una splendida città-fortezza medievale affacciata sulle paludi della Camargue, furono invase da una folla furente e violenta, guidata dai lavoratori delle saline locali. Migliaia di persone marciavano armate di pietre e bastoni, alternando la Marsigliese a canti e slogan contro l’Italia, gli italiani ed il governo Crispi. La protesta assunse rapidamente i toni di un vero e proprio linciaggio e il bilancio di queste due giornate di sollevazione xenofoba fu drammatico: il rapporto ufficiale contò otto italiani uccisi – sette nell’assalto alle saline e uno morto nei giorni seguenti a causa delle ferite riportate – e oltre cinquanta feriti.

Secondo le testimonianze, la disputa ebbe inizio presso le saline della Compagnie des Salins du Midi dove, come accadeva regolarmente da secoli, centinaia di lavoratori stagionali italiani affiancavano la forza lavoro locale, numericamente insufficiente per le operazioni di battitura e spargimento del sale, che dovevano essere terminate in fretta prima dei tipici temporali di fine estate. Il lavoro era molto duro ma ben pagato e in estate le saline si trasformavano in una vera e propria comunità, spesso divisa per nazionalità, in cui vigevano regole di comportamento non scritte ma che ognuno diligentemente rispettava. Una di questa, forse la più importante, era quella di non sprecare quello che era il bene più prezioso: l’acqua dolce. A quanto pare però un manovale italiano, forse per disattenzione o forse per provocare qualche collega, lavò la propria camicia coperta di sale in una botte di acqua potabile, scatenando l’ira dei francesi e causando una rissa che coinvolse più di cinquanta persone ma che non lasciò né feriti né uccisi. Ciononostante, durante la notte cominciò a girare tra le baracche delle saline la voce che un operaio francese fosse stato ucciso a coltellate e, entro la mattina seguente, la falsa notizia aveva già raggiunto la città. Così durante la mattinata una folla di oltre cinquecento persone si radunò nella piazza principale reclamando vendetta nei confronti dei piémontaises, nomignolo con cui erano etichettati gli italiani a prescindere dalla reale provenienza. Nelle ore successive la folla si armò di bastoni, fruste, pietre e persino fucili, e partì disordinatamente verso le saline con l’obiettivo di vendicare il presunto compagno ucciso.

Nel frattempo la gendarmerie si era già attivata per proteggere i lavoratori italiani, ma le forze in campo erano assolutamente insufficienti e la strategia adottata si rivelò totalmente inefficace: le forze dell’ordine provarono a scortare gli italiani verso la stazione, ma questo presupponeva una marcia di diversi chilometri lungo la lunga strada rettilinea che conduce dalle saline al centro città. La colonna fu presto intercettata dalla folla armata e assetata di vendetta, attaccata violentemente e costretta ad una fuga disordinata che permise ai francesi di colpire con maggior facilità e veemenza. Nonostante l’intervento del sindaco e del prefetto e l’invio di altri agenti e soldati, le acque restarono agitate per i due o tre giorni successivi, durante i quali prese corpo una vera caccia all’uomo: piccole squadre armate giravano per la cittadina e le campagne adiacenti, cercando i pochi superstiti che non erano riusciti a fuggire in treno o con qualche passaggio in carrozza. Vari negozi e persino la torre di guardia vennero assaltati con l’accusa di proteggere gli infami italiani e, a causa degli arresti, dei feriti e della fuga degli italiani, i lavori alle saline non proseguirono fino a settembre inoltrato.

Gli avvenimenti di Aigues-Mortes non furono un episodio isolato, ma il culmine di una decade di anti-italianismo (e di un più generale successo dello sciovinismo nazionalista francese, specialmente nel sud del paese) che aveva già visto simili esplosioni di xenofobia nel porto di Marsiglia e in altre città. Gli Italiani erano, insieme ai Belgi, la comunità straniera più presente nella Francia del tardo XIX secolo, e i duri scontri tra i rispettivi governi – si pensi allo “schiaffo di Tunisi”, ovvero il trattato del Bardo firmato nel 1891, all’adesione italiana alla Triplice Alleanza e alla guerra commerciale tra i due paesi – certamente non avevano aiutato a pacificare la situazione, al punto che durante i mesi successivi le voci di un’imminente guerra franco-italiana si susseguivano sui principali quotidiani europei e mondiali. Alla fine, le diplomazie riuscirono a ricucire parzialmente lo strappo ed evitare il conflitto, ma le tensioni tra la popolazione rimasero molto alte (specialmente dopo il 1894, quando l’anarchico italiano Sante Caserio uccise a Lione il presidente della Repubblica francese Marie François Sadi Carnot) e linciaggi xenofobi di questo tipo, anche meno altisonanti di quello di Aigues-Mortes, proseguirono fino alla Grande guerra.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:


  • Enzo Barnabà, “Morte agli italiani! Il massacro di Aigues-Mortes 1893”, Infinito Edizioni, 2008.


  • José-Ramón Cubero, “Nationalistes et étrangers: le massacre d'Aigues-Mortes”, Presse universitaire de France, 1995.