di Lorenzo Balma

IL BIENNIO ROSSO IN GERMANIA

«L'ordine regna a Berlino!» Stupidi sbirri! Il vostro «ordine» è costruito sulla sabbia. Già domani la rivoluzione si ergerà nuovamente e annuncerà, con vostro profondo orrore, con un suono di squilla: «Ero, sono, sarò!»”

(Rosa Luxemburg “Die Ordnung herrscht in Berlin” , «Die rote Fahne», 14 gennaio 1919”)

Gli anni 1919 e 1920 vengono solitamente indicati con l’espressione “biennio rosso”, intendendo la fase politica europea successiva alla fine del primo conflitto mondiale, caratterizzata dalle grandi lotte operaie e contadine per la riduzione della giornata lavorativa e l’aumento salariale.

La realizzazione di uno stato comunista a seguito della rivoluzione d’ottobre del 1917 aveva fornito finalmente un modello da seguire alla sinistra europea di animo rivoluzionario (nonostante le parecchie critiche riguardo l’accentramento del potere e riguardo il ruolo guida del partito) nonché la spinta propulsiva per un ripensamento radicale della società, soprattutto nei paesi usciti sconfitti dalla Grande Guerra (Germania, Austria e Ungheria), ma anche nei paesi scontenti delle trattative successive alla guerra, ovvero l’Italia. In Inghilterra e in Francia invece le classi dirigenti riuscirono a contenere il fenomeno.

Questo ripensamento della società si sostanziava nella critica al modello di democrazia rappresentativa, che avrebbe dovuto essere sostituito con un modello in cui il potere decisionale veniva detenuto dai consigli dei lavoratori e dei soldati sul modello dei soviet.

Alla fine della guerra e durante la firma dell’armistizio, in Germania era presente un forte fervore rivoluzionario. Il governo era presieduto da Ebert della SPD, ma nelle città avevano raggiunto un importante grado di operatività i consigli operai.

Per i leader socialdemocratici, la costruzione del socialismo non prevedeva un agire simile a quello di tipo sovietico, ma prevedeva una presa del potere mediante metodi legali ed elettorali.

Contrari a questa scelta moderata erano le correnti più radicali del movimento operaio tedesco, l’Uspd e i rivoluzionari della Lega di Spartaco, che perseguivano l’ideale rivoluzionario sovietico e l’istituzione dei consigli operai.

Il 5 e il 6 gennaio 1919 gli spartachisti manifestarono e insorsero a Berlino contro la destituzione di un membro della sinistra rivoluzionaria dalla carica di capo della polizia.

Nell’occasione, i dirigenti spartachisti - tra cui Rosa Luxemburg - incitarono i lavoratori a esprimere una posizione politica ostile contro il governo socialdemocratico e gli operai armati iniziarono ad occupare le fabbriche.

Il governo sedò la rivolta, dispiegando polizia ed esercito che spararono sulla folla. Per l’occasione furono arruolate anche milizie dei Freikorps.

Si consumò in questa circostanza - in un biennio che portò alla rottura in tutta Europa delle due anime della sinistra che poi segnarono tutto il Novecento - la scissione più dolorosa, poiché terminata nel sangue.

Il 19 gennaio 1919 l’SPD si riconfermò il partito più forte in occasione delle elezioni per l’Assemblea costituente, senza però riuscire a raggiungere la maggioranza assoluta, poi ottenuta grazie ad un accordo con i cattolici.

Ebert venne nominato Presidente della Repubblica e si formò un governo di coalizione a direzione socialdemocratica. Venne varata la nuova costituzione di Weimar, che prevedeva la nascita di una Repubblica, con sistema parlamentare, struttura federale dello stato, suffragio universale e con elezione diretta del Presidente della Repubblica.

Intanto, mentre veniva redatta la costituzione, i comunisti misero in atto un altro tentativo di insurrezione a Monaco, per l’instaurazione di una Repubblica di consigli dei lavoratori e dei soldati.

L’estrema destra approfittò così della situazione in Baviera (che sarà non a caso il punto di partenza di Hitler) per indicare come offensivo e contro gli interessi della Germania, il comportamento rivoluzionario sovversivo dei comunisti e la troppa permissività dei socialisti.

Per screditare il governo, la destra usò infatti principalmente due argomenti per giustificare la retorica della “pugnalata alle spalle”, che caratterizzerà parte della propaganda nazista: il primo fu l’antipatriottismo, di cui i comunisti e i socialisti vennero già accusati durante la Prima Guerra Mondiale, quando si dichiararono non interventisti; Il secondo e più importante, fu il fatto che il Presidente della Repubblica Ebert firmò i crediti di guerra della Germania a Versailles e quindi venne etichettato come traditore della propria nazione.

Nelle elezioni del 1920 la Spd venne sconfitta, cedendo il governo ai cattolici e, nel 1921, fu reso noto l’ammontare delle riparazioni post-guerra.

Fu in questo scenario di fragilità della Repubblica di Weimar (che si era dimostrata un esperimento di governo tutt’altro che debole) che presero il sopravvento i gruppi dell’estrema destra nazionalista, tra cui il Partito nazionalsocialista NSDAP di Adolf Hitler.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

-”Socialismo, democrazia, rivoluzione,”, Rosa Luxemburg, Editori Internazionali Riuniti;

-”La rivoluzione russa”, Rosa Luxemburg, Massari.