“SMILING BUDDHA” - L’ATOMICA INDIANA


Storie d'OrienteANDREA BERNABALE

«Sapresti sviluppare una bomba atomica? Bene, non far nulla finché non te lo dico».

(Conversazione tra il primo ministro Nehru e il fisico Bhabha)

Lo sviluppo della prima bomba atomica indiana presenta una peculiarità: a differenza di Stati come Israele o il Pakistan, il programma nucleare bellico indiano è principalmente una conseguenza, o deviazione, del proprio pacifico programma nucleare energetico.

Non nasce, infatti, con l’obiettivo di sviluppare armi di distruzione di massa ma in risposta alla necessità di uno sviluppo anzitutto economico, soprattutto per far fronte alla crisi energetica nazionale piuttosto allarmante del secondo dopoguerra.

Già nel 1947 e nei mesi successivi all’indipendenza, un gruppo di scienziati indiani guidati dal fisico Homi Bhabha - detto anche “l’Oppenheimer indiano” - riuscì a convincere il Primo Ministro Jawaharlal Nehru ad investire nello sviluppo dell’energia nucleare, anche se inizialmente contrario. Vide così la luce nel 1948 la “legge sull’energia atomica” che istituiva la Commissione Indiana per l’Energia Atomica, avente il fine di sviluppare e controllare l’energia atomica nazionale. Nei primi anni di attività, il programma nucleare perseguì esclusivamente fini pacifici, disinteressandosi dallo sviluppo di armi di distruzioni di massa, tanto che lo stesso Nehru definí la bomba nucleare come il “simbolo del male”, probabilmente un retaggio della dottrina non-violenta di Mahtma Gandhi.

Se il nucleare indiano doveva essere, doveva essere pacifico. Tuttavia, non a qualsiasi condizione. Nehru, infatti, notò che in caso di emergenza «nessun pio sentimento ci fermerà dall’utilizzare il nucleare per altri fini». Inoltre, l’India si opponeva al piano statunitense Baruch, in voga all’epoca, che proponeva di sottoporre l’energia atomica ad un ente internazionale, scoraggiando la ricerca e lo sviluppo nucleare dei singoli Stati, considerata potenzialmente pericolosa. Il progetto risultò senz’altro pacifico fino al 1954, quando fu istituito il Bhabha Atomic Research Center (BARC) e il governo intensificò la spesa riguardante la ricerca atomica, aprendo alla collaborazione scientifica internazionale. A fornire assistenza all’India si proposero Canada e Stati Uniti, ora favorevoli al nucleare indiano per fronteggiare quello cinese nel continente asiatico.

Fu proprio l’acredine tra India e Cina, ancor più delle tensioni con il Pakistan, ad incentivare e accelerare il programma nucleare indiano; nell’ottobre 1962, infatti, una guerra di confine scoppiò tra Cina e India. Quest’ultima invocò l’intervento sia sovietico che statunitense, senza tuttavia ricevere alcun sostegno, essendo entrambe le superpotenze sull’orlo di una guerra dovuta alla crisi missilistica di Cuba. La guerra terminò con una bruciante e umiliante sconfitta indiana e la conquista cinese dell’area denominata Aksai Chin, nonché il controllo del Tibet. Più di mille morti, oltre 4mila prigionieri di guerra. La vittoria della Cina, che già aveva testato il suo nucleare nel 1964, aprì gli occhi a buona parte della classe dirigente indiana, oltre a rafforzare le convinzioni di Bhabha riguardo lo sviluppo di una bomba atomica come deterrente rispetto alle nazioni più forti e avanzate militarmente.

Tuttavia, anche il successore di Nehru, il Primo Ministro Lal Bahadur Shastri si oppose alla costruzione di armi di tale portata e potenziale offensivo. In qualche modo, Bhabha riuscì comunque a convincerlo ad approvare la costruzione di armi nucleari per fini pacifici. Secondo Bhabha, l’India non stava sviluppando armi atomiche ma “pacifiche esplosioni nucleari”, formula difficile da credere ma che trovò l’assenso di Shastri. Nel 1966 Shastri, stroncato da un infarto, fu sostituito al governo da Indira Gandhi - figlia dell’ex primo ministro Nehru - capace di dare un’effettiva svolta al programma nucleare, essendone lei stessa una convinta sostenitrice. Poche settimane dopo anche Bhabha perse la vita in un incidente aereo, senza vedere mai la sua opera compiuta, la “sua” bomba venir esplosa. Il testimone passò al fisico Raja Ramanna, che prese le redini del progetto ora pronto ad essere ultimato e attuato.

I tempi erano ormai maturi. La decisione di sviluppare una bomba atomica fu giustificata dal desiderio indiano di essere a tutti gli effetti indipendente dall’influenza occidentale e il primo test sarebbe stato solo questione di tempo. Già nel 1968, l’India si era rifiutata di firmare il Trattato di non proliferazione nucleare che indicava nell’URSS, USA e Gran Bretagna le uniche potenze legittimate a possedere testate nucleari, mentre gli Stati firmatari si sarebbero impegnati a non svilupparne. Nel 1971, scoppiò una nuova guerra tra India e Pakistan, mentre l’anno seguente, dopo una visita al Bhabha Center, Indira Gandhi approvò in via ufficiale il tanto atteso test nucleare. I preparativi furono tenuti il più segretamente possibili e, il 18 maggio 1974, ben 1’400 chili di esplosivo e 12 chilotoni di potenza vennero fatti detonare a Pokhran. Subito, Ramanna informò il Primo Ministro Indira Gandhi per informarla del successo attraverso un messaggio in codice: «Il Buddha sta sorridendo».

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- M. Torri, “Storia dell’India”, Laterza, 2007

- A. Rajain, “Nuclear deterrence in Southern Asia”, Sage Pubblications, 2005

- D. R. SarDesai & Raju G. C. Thomas, “Nuclear India in the Twenty-First Century”, Palgrave Macmillan, 2002