L'occupazione giapponese di Hong Kong

di Lorenzo Bonaguro

«Tenete duro, per il re e l'Impero, in questa vostra ora migliore!»

Governatore Young rivolto ai soldati

Nel dicembre del 1941 l’esercito giapponese fece crollare un mito che durava da più di un secolo e mezzo: l’invincibilità dell’impero britannico. Per la prima volta dalla rivoluzione americana del 1782 un governatore di Sua Maestà, Mark Young, fu costretto con la forza a cedere una colonia. Ciononostante, lo smacco fu eclissato un paio di mesi più tardi da una sconfitta ancora più grave: la caduta di Singapore. Hong Kong, letteralmente "Porto Profumato" in cinese, era una delle perle del dominio inglese nell’Estremo Oriente, un entrepôt naturale e obbligato per qualunque commercio verso il sud est asiatico nonché il principale punto d’accesso alle ricche provincie meridionali della Cina.

La sconfitta inglese, causata dalla superiorità numerica e tecnologica dell'esercito giapponese in Asia, ebbe ripercussioni notevoli anche nelle dinamiche fra gli Alleati. Data l’incapacità britannica di combattere efficacemente così lontano dall’Europa, il comando supremo del teatro di guerra cinese, esteso fino all’Indocina, venne affidato dal presidente Roosevelt al generale e leader della Repubblica di Cina Chiang Kai-shek. La colonia di fatto venne sottomessa di fatto alla tutela di Nanchino che, secondo molti, non l’avrebbe ceduta facilmente in caso di vittoria.

Allo scoppio della guerra in Europa la Royal Navy si dedicò alla primariamente protezione della Gran Bretagna e dimostrò presto di non essere assolutamente in grado di difendere Hong Kong. La guarnigione britannica in loco era decisamente scarsa. Contava in totale quattro battaglioni di cui due indiani quattro reggimenti di artiglieria, tre biplani Vildebeeste alquanto obsoleti, due aerei anfibi, quattro cacciatorpediniere e una decina di navi di scafo inferiore. Nonostante gli sforzi logistici, Winston Churchill riuscì a far arrivare non più di due battaglioni di fanteria scarsamente addestrati dal Canada. In totale gli inglesi avevano a disposizione una forza di circa quindicimila unità, dei quali faceva parte un folto gruppo di volontari locali che seppe distinguersi per azioni eroiche. Il comando era in mano al maggiore generale Christopher Maltby, il quale predispose la linea di difesa sulla penisola che componevano i Nuovi Territori – l'area di Hong Kong data in concessione alla Corona inglese per novantanove anni – con lo scopo di ritardare l’avanzata giapponese sulla Gin’s Drinker Line – per poi ritirarsi e riorganizzare una difesa statica con postazioni d’artiglieria solide sull’isola di Hong Kong. Nessuna riserva mobile era disponibile. Però, durante l'estate del ’41, sembrò accendersi una flebile speranza. Il generale Chiang Kai-shek firmò un accordo con le forze inglesi in cui garantiva che avrebbe fornito supporto militare in caso di attacco giapponese, in modo da alleviare la pressione sulla colonia e riorganizzare le retrovie. Invece, nonostante i tentativi, gli Alleati non riuscirono ad ottenere alcuna collaborazione con i guerriglieri comunisti che combattevano nelle vicinanze, principalmente a causa della reciproca diffidenza.

L'attacco giapponese venne guidato dal tenente generale Sano Tadayoshi, alla testa dell’intera Trentottesima Divisione - comprendente unità di artiglieria campale e contraerei, reparti corazzati, del genio e della sanità e supportata da aerei da caccia e da bombardamento e dalla flotta del Mar Cinese Meridionale - la quale diverrà famosa negli successivi per le campagne di Giava, Nuova Guinea e Guadalcanal, più vari battaglioni di rinforzo per un totale di cinquantamila unità. Il colpo iniziale fu sferrato l’8 dicembre, poche ore dopo l'attacco alla base americana di Pearl Harbour. L’aviazione nipponica guadagnò immediatamente una totale supremazia aerea e, in meno di una settimana, i giapponesi riuscirono ad occupare la penisola del Kowloon. Il 18 dicembre successivo attraversarono Porto Victoria e misero piede sull’isola. Una settimana più tardi, il giorno di Natale 1941, il governatore Young fu costretto a consegnare la colonia al nemico. Le truppe giapponesi erano ormai arrivate al quartier generale britannico. La resistenza era stata dura e senza quartiere, dopo aver spezzato le linee di comunicazione i soldati britannici proseguirono a combattere divisi in piccoli gruppi, provando a difendere Hong Kong quartiere per quartiere, tenuti in piedi solo dalla lealtà alla corona e dalla ferma volontà di Maltby e Young, ma anche quest'ultimo tentativo si rivelò inutile.

Già l’anno successivo i giapponesi cercarono di mettere in piedi un’amministrazione civile per alleggerire gli impegni militari nella regione a favore di altri scenari. Il governatore Isogai Rensuke cercò di coinvolgere l’élite locali, tra le quali non fu difficile trovare figure ben disposte a collaborare con i nuovi occupanti, e che poi ebbero vita dura una volta tornati gli inglesi nel 1945. Per alleggerire anche i problemi logistici, Tokyo attuò politiche demografiche volte a ridurre la densissima popolazione di Hong Kong, ad esempio costringendo i disoccupati a lasciare la colonia e dirottando i beni alimentari verso la madrepatria. Invece, per mantenere il controllo sociopolitico dell'area, il nuovo governo giapponese di occupazione ricorse massicciamente all'uso di polizia militare - il famigerato Kempetai - la quale lavorò con estrema e disumana ferocia. Tuttavia, la resistenza antinipponica proseguì eroicamente durante il periodo di occupazione, grazie soprattutto a giovani cinesi quali Francis Yiu-piu Lee e Paul Ka-cheung Tsui, che avevano ottenuto il supporto della guerriglia comunista, guidata sul campo dal generale Shen Zeng, e del British Army Aid Group, guidato dal Tenente Colonnello Ride e appoggiato dall'MI9 - un dipartimento dei servizi segreti militari britannici - operante da Nuova Delhi. La resistenza continuò imperterrita fino alla fine della guerra e riuscì a distogliere in parte l’attenzione giapponese da altri zone strategiche fondamentali, ma tutto sommato Hong Kong rimase una questione secondaria nel quadro generale, importante per il governo Churchill prima e Attlee poi per una questione per lo più simbolica e di prestigio.