Le due indipendenze delle Filippine

GIORDANO PIGNA
STORIE D'ORIENTE

LE DUE INDIPENDENZE DELLE FILIPPINE

manuel roxas
Manuel Roxas

«Giunsi alle seguenti conclusioni: 1) che noi non potevamo assolutamente restituire le Filippine alla Spagna, perché sarebbe stato un atto vile e disonorevole; 2) che noi non potevamo nemmeno affidarle alla Francia o alla Germania, nostre rivali commerciali in Oriente, perché sarebbe stata una scelta pessima e avrebbe diminuito il nostro prestigio internazionale; 3) che non potevamo abbandonarle a loro stesse, perché non erano in grado di darsi un governo autonomo e ben presto sarebbero finite nell’anarchia o in mano ad un governo ancora peggiore di quello della Spagna; 4) che non ci restava altro da fare se non occuparle e istruire i filippini, sollevarli dalla loro condizione, civilizzarli, cristianizzarli, e con l’aiuto di Dio fare del nostro meglio per aiutarli, anch’essi nostri fratelli per i quali Cristo morì sulla croce».

(William McKinley, presidente USA, 1899)

La prima visita europea nell'arcipelago delle Filippine avvenne il 16 marzo 1521, con lo sfortunato approdo della spedizione castigliana capitanata da Ferdinando Magellano sull'Isola di Homonhon, che si risolse in una tragica battaglia tra la ciurma e un gruppo di indigeni, nella quale perse la vita lo stesso Magellano con otto dei suoi compagni. Durante gli anni successivi la corona di Madrid organizzò comunque numerose altre spedizioni, al fine di esplorare e stanziarsi nell'arcipelago. Fu nel 1543 che il navigatore Ruy Lopez de Villalobos battezzò queste isole con il nome di Isole Filippine, in onore di Filippo II re di Spagna. Nel 1565, il conquistador Miguel López de Legazpi giunse a Cebu dalla Nuova Spagna e organizzò il primo stanziamento spagnolo permanente.

Le Filippine furono governate come territorio della Nuova Spagna - vicereame corrispondente, a grandi linee, all'attuale Messico - dal 1565 al 1821 ed in seguito amministrate direttamente da Madrid. Uno degli obiettivi principali del regno iberico era la conversione al cattolicesimo delle regioni conquistate e l'apporto missionario venne sempre tenuto in conto quanto quello militare. Nelle Filippine, l’opera di conversione fu facilitata dall’assenza di un'organizzazione religiosa alternativa, che potesse realmente opporsi alla Chiesa, con eccezione dell’Islam predominante nel sud dell’arcipelago.

A partire dalla fine del XVIII secolo, scrittori creoli e mestizos che viaggiarono in Europa iniziarono a diffondere gli ideali della Rivoluzione francese e del nazionalismo romantico in tutto l'arcipelago. Durante il XIX secolo, le intromissioni governative nella politica locale e il generale inasprimento dei rapporti tra amministrazione centrale e colonie, così come discordanze nella gestione del territorio e dei rapporti commerciali (ovviamente a tutto svantaggio degli "insulares") portarono ad un grave incrinarsi dei rapporti tra il governo centrale e la provincia.

La rivoluzione vera e propria ebbe inizio nel 1896, in seguito alla scoperta della società segreta anti-coloniale "Katipunan" da parte delle autorità spagnole. Il Katipunan, fondato e guidato da Andrés Bonifacio, era un'organizzazione diffusa in molte isole dell'arcipelago, creata in risposta all'arresto e al conseguente esilio del più importante intellettuale filippino dell'epoca, il poeta e scrittore José Rizal, autore di "Noli me tangere" e "El filibusterismo", opere che segnarono profondamente il movimento indipendentista. Il fine ultimo dell'associazione era quello di porre fine al dominio spagnolo e ottenere la totale indipendenza delle Filippine attraverso una rivolta armata. Lo stesso Rizal, dopo aver garantito il proprio appoggio al Katipunan, venne ritenuto responsabile dei moti e giustiziato nel dicembre 1896.

La rivoluzione perdurò per i due anni successivi, ma fu l'esito della guerra tra Spagna e Stati Uniti del 1898 che cambiò il destino delle Filippine: sconfitta in America, la Spagna rimase sconfitta anche in Asia. Il 12 giugno 1898 venne dichiarata l'indipendenza ed istituita la "Prima Repubblica delle Filippine", subordinata alla prima costituzione democratica del continente asiatico.

Tuttavia, né la Spagna né gli Stati Uniti riconobbero tale indipendenza. Inizialmente i filippini videro il rapporto con gli Stati Uniti come quello di due nazioni unite in una lotta comune contro gli oppressori europei. Presto però le relazioni si deteriorarono e le tensioni andarono crescendo, fino a che fu chiaro che gli americani erano arrivati sulle isole per restarvi a lungo. Seguì dunque un periodo di lotta senza quartiere contro il tentativo di occupazione statunitense, noto come guerra filippino-americana, che si trascinò fino al 1902. Si stima che nell'arco della guerra morirono tra 250.000 e 1 milione di civili, in gran parte a causa della fame e delle malattie.

Nel 1901 gli Stati Uniti definirono la loro missione territoriale come "di tutela", per la preparazione di un eventuale indipendenza delle Filippine. Ma i tempi non furono brevi: l'indipendenza non arrivò nemmeno nel 1933, quando il Congresso degli Stati Uniti approvò una legge in proposito, alla quale però si oppose il Presidente del Senato filippino Manuel Quezón, anche a causa della disposizione di lasciare agli americani il controllo delle basi navali e neppure nel 1935, quando venne formato un governo filippino sulla base di principi analoghi a quelli della Costituzione americana e istituito il Commonwealth.

Sottratte agli Stati Uniti dall'aggressione giapponese, le Filippine subirono tre anni di dura occupazione nipponica, finché furono riconquistate durante l'ultimo anno di guerra. Washington mantenne l'impegno di concedere l'indipendenza e finalmente, nel 1946, Manuel Roxas venne eletto primo presidente della Repubblica. L'economia tuttavia rimase fortemente dipendente da quella americana.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Santiago V. Alvarez - "The Katipunan and the Revolution"; Ateneo de Manila University Press; 1992.

- Esperanza B. Gatbonton - "The Philippines After The Revolution 1898-1945"; National Commission for Culture and the Arts; 2000.