di Francesco Mele

LA RIVOLTA INDIANA DEL 1857

«Il Sepoy sente che non possiamo fare a meno di lui; eppure la ricompensa più alta che può ottenere è di circa cento sterline l’anno senza la prospettiva di una carriera migliore per il figlio. Non si tratta certo di un incentivo da offrire a un soldato straniero per la grande fedeltà e i lunghi anni di servizio»

(Henry Lawrence)

“Rivolta dei Sepoys”, è il nome con cui viene comunemente ricordato l’ammutinamento delle forze indigene dell’esercito della Compagnia Britannica delle Indie Orientali, poi degenerata in un moto anticoloniale, avvenuto nel 1857. La sommossa viene considerata come l’ennesima risposta aggressiva dei soldati indiani ai tentativi di cristianizzazione e anglicizzazione dell’India promossi dall’Impero Britannico, in particolare la ribellione ebbe luogo in seguito all’adozione, da parte dell’esercito della Compagnia delle Indie, di cartucce per fucili lubrificate con grasso suino con bovino, le quali, per poter essere utilizzate, dovevano essere strappate con i denti. In questo modo, tanto i musulmani quanto gli indù – i quali formavano la quasi totalità dei soldati semplici – avrebbero rischiato di commettere un grave sacrilegio venendo a contatto con le nuove cartucce. Tale novità, considerata come una provocazione volontaria, causò l’ammutinamento di una parte dell’esercito, ma va ricordato che comunque non tutti i fanti indiani voltarono le spalle ai Britannici partecipando alla rivolta, ma che, al contrario, tale conflitto si rivelò una guerra civile più che in un conflitto di liberazione. Il movente ufficiale della ribellione fu quindi principalmente religioso, a cui si sommavano l’insoddisfazione e la frustrazione dei Sepoys, ai quali erano negate prospettive di carriera gratificanti e ruoli di responsabilità.

Il primo ammutinamento dovuto al rifiuto di usare le nuove cartucce scoppiò tra le file del 19° Reggimento di fanteria del Bengala, stanziato a Berhampur, città situata circa 600 km a sud di Calcutta, e a Barrackpur, poco più a nord della stessa, il 26 febbraio 1857. Tuttavia, questi primi focolai di rivolta furono rapidamente placati. Al contrario, la sera del 9 maggio dello stesso anno, i Spoys rivoltosi riuscirono ad imporsi sulle forze filo-britanniche nella città di Meerut, presso Delhi, seminando panico e violenza nella regione. Da qui, la rivolta si estese rapidamente attraverso le città di Delhi, Benares, Allahabad e Cawnpore, mentre gli ammutinati si resero protagonisti di una vera e propria “caccia all’europeo” di inaudita. Nel giro di poche settimane, la rivolta si trasformò in un vero e proprio moto rivoluzionario antibritannico guidato da Bahadur Shah l’ultimo imperatore Moghul.

L’episodio più emblematico dell’intera ribellione fu l’assedio di Lucknow, in Uttar Pradesh, dove la guarnigione inglese – asserragliata nella Residenza, cittadella riservata a politici, diplomatici e militari britannici – sotto l’incessante fuoco dei nemici, non si arrese nemmeno in seguito alla morte del proprio comandante Henry Lawrence e resistette fino al marzo successivo, quando le forze britanniche riuscirono a respingere definitivamente l’assedio, perdendo però quasi due terzi delle proprie forze. La risposta inglese alla rivoltafu drastica e assolutamente fuori controllo: un tristemente noto esempio fu quelli del generale di brigata Neil, il quale costrinse i ribelli catturati vivi, in attesa di essere giustiziati, a leccare il sangue dei soldati britannici caduti; o anche il caso di Peshawar, città del moderno Pakistan settentrionale, in cui quaranta Sepoys vennero uccisi dopo esser stati legati alle bocche dei cannoni. Nel giro di quasi un anno, la rivolta dei Sepoys era terminata in un vero e proprio bagno di sangue.

Seppure gli Inglesi riconquistarono tutte le proprie posizioni in India, l’episodio rese loro prudenti e cauti riguardo l’idea di cristianizzare ed anglicizzare una regione così vasta e di così profonde tradizioni quale il subcontinente indiano. Infatti, fu proprio in seguito alla grande rivolta del 1857 che gli inglesi decisero di riformare completamente la propria presenza in India con l’assetto generale che sarà mantenuto fino all’indipendenza del 1947: a Londra venne creato un ministero – l’India Office – incaricato di occuparsi dell’amministrazione indiana; il Governatore generale ottenne il titolo di viceré e sottomise definitivamente tutti gli Stati vassalli indipendenti; l’esercito venne completamente riorganizzato, mantenendo ed ampliando soltanto i reggimenti che si erano dimostrati fedeli durante la rivolta; vennero introdotte riforme dell’amministrazione che implicavano il coinvolgimento delle caste più alte nel governo e degli indigeni nei posti di funzionari subordinati, venne decretata la tolleranza religiosa e, infine, fu varata una riforma agraria che bloccava l’appropriazione europea dei terreni in favore dei piccoli possidenti indiani.

LETTURE ED APPROFONDIMENTI

- N. Ferguson, Impero. Come la Gran Bretagna ha fatto il mondo moderno, Mondadori, Milano 2009.