LA NUOVA VIA DELLA SETA


STORIE D'ORIENTEMARCO BERTUCCIO

Piano Marshall in versione cinese, tentativo di conquista del mercato mondiale, espansione tentacolare dell’area di influenza... Si sente spesso parlare, talvolta con toni contrastanti, del progetto per lo sviluppo di una nuova Via della Seta: in cosa consiste realmente?

Annunciata dal presidente Xi Jinping nel 2013 la One Belt One Road (OBOR) (o Belt and Road Initiative) è la grande strategia geopolitica attraverso cui la Cina spera di rafforzare ed aumentare la connessione economica e commerciale all’interno del continente Euroasiatico. La centralità di questa iniziativa nell’agenda economica della Repubblica Popolare è stata recentemente confermata, quando, al XIX Congresso del Partito Comunista Cinese dell’ottobre 2017, la Nuova Via della Seta è stata inserita nello statuto del partito. Il progetto, secondo le ultime stime, costerà più di mille miliardi di dollari, coinvolgendo attualmente 68 paesi, i quali custodiscono circa tre quarti delle risorse energetiche planetarie e rappresentano quasi un terzo del PIL globale.

Visto l’obiettivo dichiarato di potenziare i flussi commerciali della zona euroasiatica, il piano cinese è prima di tutto indirizzato allo sviluppo infrastrutturale dei paesi coinvolti. Attraverso la creazione di nuove tratte ed il potenziamento di quelle già esistenti, il governo cinese ha previsto la costituzione di due diversi percorsi: uno terrestre - la “Silk Road Economic Belt” - e uno marittimo - la “Maritime Silk Road”. Il percorso terrestre comprende le tre grandi rotte che collegano la Cina con l’Europa, il Medio Oriente-Africa ed il Sud-est asiatico. La prima delle tre vie parte da Xi’an, città situata al centro della Cina, diretta verso l’Europa centro-settentrionale, attraversando Asia centrale e Russia; la seconda, sempre da Xi’an, sarà diretta ad Istanbul, passando per Islamabad e Teheran; la terza via, invece, parte da Kumming, percorre il sud-est asiatico attraverso la Thailandia e il Myanmar, per finire la sua corsa a Delhi, in India. Le rotte terrestri ruotano intorno al potenziamento della rete ferroviaria e all’incremento del traffico su rotaia, più rapido di quello marittimo ma con costi maggiori del 90% circa. Attualmente, lo scalo ferroviario di Duisburg, in Germania, riceve 30 treni cinesi a settimana ed è l’hub principale in Europa. La Nuova Via della Seta “marittima” è composta dallo sviluppo di due rotte principali, delle quali una vedrebbe l’Italia come possibile protagonista. La prima attraversa il Mar Cinese Meridionale, Malacca, l’Oceano Indiano, il Mar Rosso, Suez e giungere in Europa attraverso il porto del Pireo in Grecia. La seconda connette la Repubblica Popolare con le isole del Pacifico attraverso il Mar della Cina. Per quello che concerne le direttrici marittime verso l’Europa, la Cina sembrerebbe molto interessata alla scelta del porto di Trieste come polo fondamentale per arrivare il più rapidamente nel cuore della Mitteleuropa.

Per attuare il progetto, il governo cinese sta ricorrendo principalmente a due strumenti finanziari, il prestito e l’investimento diretto. I prestiti concessi al fine di supportare l’investimento strutturale dei paesi coinvolti vengono attuati tramite numerosi istituti come il Silk Road Fund, creato ad hoc, e la Asian Infrastructure Investment Bank, oltre che attraversola Banca di Cina e la China International Trust & Investment Corporation. Per quello che riguarda l’investimento diretto il principale protagonista è senz’altro il gruppo di stato cinese COSCO (China Ocean Shipping Company), che attualmente controlla il secondo porto del Belgio (Zeebrugge) ed il Pireo di Atene, oltre che il 40% del porto di Vado Ligure in Italia e soprattutto il 35% dei moli container del porto di Rotterdam ed il 25% di quelli di Anversa, i due più trafficati d’Europa oltre Amburgo. Inoltre, aziende e governo cinesi stanno investendo oltre 60 miliardi in miglioramenti infrastrutturali in Africa subsahariana.

Oltre agli ovvi obiettivi economici, il progetto OBOR ha per la Cina anche dei fondamentali risvolti diplomatici, motivo per cui molti considerano il progetto come simbolo della nuova strategia di “soft power” attuata da Pechino. In estrema sintesi la Cina si prefigge cinque obiettivi principali: il coordinamento politico, l’incremento della connettività e dei flussi commerciali, l’integrazione finanziaria e culturale tra i diversi paesi coinvolti. Al di là delle opportunità economiche e politiche, sicuramente presenti, il progetto sta però iniziando a destare dubbi. Da più parti infatti i prestiti e gli investimenti cinesi vengono visti come tentativi “mascherati” di impossessarsi del sistema infrastrutturale euroasiatico, e i recenti eventi accaduti in Sri Lanka sicuramente non hanno giovato all’immagine del progetto. Questo paese ha infatti dovuto cedere il controllo sulle proprie infrastrutture alla Cina a causa della mancata restituzione del prestito, e, attualmente sia il Pakistan che la Malaysia corrono lo stesso rischio. Un’altra dura critica che viene mossa alla Cina, soprattutto da parte dell’UE, è quella di favorire esclusivamente le grandi imprese cinesi. L’iniquità del rapporto tra il gigante asiatico e qualsiasi altro paese europeo sembra confermato dal fatto che la Cina esporti molto di più di quello che importa: i treni a Duisburg arrivano pieni e ritornano vuoti.

Apertura all’occidente o semplice strategia di “soft power”? Cooperazione economica o conquista del mercato? Solo il tempo potrà infine rispondere a queste e altre domande sulla Belt and Road Iniziative, il più grande piano di sviluppo che il mondo abbia mai visto.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Limes, speciale sulle Nuove Vie della Seta: http://www.limesonline.com/tag/nuove-vie-della-seta

- Corriere della sera, inchiesta di Milena Gabanelli e Danilo Taino: https://www.corriere.it/…/3f49b468-b443-11e8-8b0b-dff479155…

- Council on Foreign Relations “Building the new silk roads”: https://www.cfr.org/backgrounder/building-new-silk-road