Il massacro dell'università Thammasat

GIORDANO PIGNA

IL MASSACRO DELL’UNIVERSITÀ THAMMASAT

«All'improvviso, l'incubo che Bangkok temeva è diventata realtà: un selvaggio scoppio di calci, bastonate, spari, linciaggi. I giovani si sono lanciati nel fiume per non essere colpiti dagli spari. Poi lo sfolgorante finale con un mucchio di corpi inzuppati di benzina e dati alle fiamme.»

(TIME, 18/10/1976)

L’Università Thammasat venne fondata a Bangkok il 27 giugno 1934 da Pridi Banomyong, che ne fu il primo rettore e che tutt'oggi è considerato il padre della democrazia in Thailandia. Banomyong scelse il nome di “Università di Scienze Morali e Politiche”, con l'obiettivo di formare studenti che avessero a cuore la democrazia. Lo scopo iniziale della fondazione era garantire un’educazione integrale al popolo, educazione che in Thailandia era ancora appannaggio della stretta cerchia legata ai sovrani della dinastia Chakri. Già negli anni Cinquanta si era sviluppato all’interno dell’ ateneo un movimento a favore della pace e i diritti civili, ostile alla dittatura; da allora gli studenti della Thammasat erano diventati l’avanguardia delle lotte civili nel Paese. Nel mese di ottobre del 1973 tre giorni di imponenti manifestazioni studentesche avevano costretto il dittatore Thanom Kittikachorn a rassegnare le dimissioni dalla carica di primo ministro e a cercare riparo a Singapore, dopo essere stato esiliato. La carica era passata al giurista e rettore della Thammasat Sanya Dharmasakti e per la prima volta dopo il colpo di Stato del 1947 gli alti gradi dell’esercito rimasero ai margini del governo del Paese.

Presto iniziarono le trame per riportare al potere i militari, mentre in parallelo venivano formati ed addestrati gruppi paramilitari di estrema destra che avranno un ruolo chiave negli sviluppi successivi. La Thailandia non doveva diventare un paese comunista come i suoi vicini. L’ex dittatore fu richiamato in patria da Samak Sundaravej, esponente della destra parlamentare e molto vicino ai vertici dell’esercito e alla casa reale; ufficialmente Thanom tornava in Thailandia solo per potere stare vicino al padre che stava morendo. Gli studenti si riunirono per protestare nella centrale Piazza Sanam di Bangkok il 30 settembre, ma presto si spostarono nella vicina università, e nonostante la direzione dell’ateneo avesse sospeso gli esami e chiuso la struttura forzarono i cancelli e operarono all’interno un sit-in. Il 6 ottobre, il vice-primo ministro dichiarò che era arrivato il momento di porre fine al movimento studentesco, definitivamente. Il mattino di quello stesso giorno le truppe paramilitari iniziarono a sparare contro i manifestanti, usando armi dell’esercito; la polizia bloccò tutte le uscite e un camion sfondò il cancello principale. Forze dell’ordine e miliziani si riversarono all’interno dell’edificio. La carneficina durò diverse ore e gli studenti che si arresero furono prima torturati, poi bruciati vivi, impiccati o percossi a morte. Secondo alcune fonti molte donne vennero violentate sia da vive che da morte. Vittime delle peggiori barbarie furono operai e contadini che si erano uniti alla sollevazione. Durante il pomeriggio dello stesso giorno i responsabili del massacro e i membri delle organizzazioni che li appoggiavano si recarono alla sede del governo, dove chiesero ed ottennero le dimissioni del primo ministro.

Fu sciolto il parlamento, abolita la costituzione e iniziò l’ondata di arresti degli attivisti di sinistra. Circa 800 di questi si rifugiarono nei vicini paesi comunisti, molti studenti scelsero invece di rifugiarsi nella giungla per unirsi alla guerriglia comunista. Nessuno dei responsabili del massacro fu mai incriminato e i membri della giunta godettero di una amnistia; anche i moderni manuali thailandesi di storia non forniscono resoconti esaurienti sull’evento, molti lo ignorano del tutto e anche quelli più accurati presentano versioni edulcorate dell’accaduto. Il numero di vittime varia tra le 46 dichiarate dal governo thailandese alle oltre cento secondo il rettore; l’Università Thammasat ricorda ogni anno l’anniversario del massacro e un monumento alla memoria è stato eretto nel campus.