di Emanuele Pizzochera

SERGIO CUSANI E IL PROCESSO ENIMONT


Negli eventi che hanno scosso la Prima Repubblica nel triennio 1992-94, un punto cruciale è rappresentato dal processo legato alla maxi tangente ENIMONT.

Come Craxi espose nella sua famosa deposizione, da decenni il sistema politico aveva una parte del suo finanziamento che “era di natura irregolare o illegale; e non lo vedeva solo chi non lo voleva vedere e non ne era consapevole solo chi girava la testa dall'altra parte”. Seguì la celebre affermazione “la maxi tangente è una maxi-balla”.

Ma che una maxi tangente - per la cifra esorbitante di 150 miliardi di lire - sia stata versata ai maggiori partiti italiani dell’epoca è un dato di fatto, e la scoperta di tale finanziamento, e dei suoi responsabili, è solo il culmine della rete di intercettazioni, confessioni, e avvisi di garanzia che ha caratterizzato Tangentopoli.

Le tangenti vennero pagate dall’imprenditore Raoul Gardini perché si arrivasse alla conclusione di un affare che, fino ad allora, sembrava ostico: la fusione di due poli dell’industria chimica, l’ENI (di proprietà statale) e la Montedison (privata).

In qualità di intermediario, Gardini si avvalse del finanziere Sergio Cusani, che si occupò dell’esecuzione materiale dei finanziamenti. Le tangenti furono versate in parte in nero, e in parte sotto forma di titoli di Stato (specialmente CCT - Certificati di Credito del Tesoro). I destinatari erano politici di rilievo o funzionari di partito, come i tesorieri.

Tuttavia, ciò che più colpì l’opinione pubblica fu il nido di vespe scoperto dalle indagini della Procura di Milano, che rivelarono un sistema capillare e organizzato di tangenti e clientele. Uno dei partiti maggiormente coinvolti fu il PSI, che aveva Milano tra le sue roccaforti. Indagare sui maggiori esponenti socialisti significava gambizzare il partito di Craxi in casa propria, per di più in vista delle elezioni del 1992.

Mentre i partiti storici della Prima Repubblica perdevano rapidamente consensi, nascevano nuovi movimenti, gettando i semi di quella che poi sarà, confermata anche dalle elezioni del 1994, la Seconda Repubblica.

Fu in un clima di tensione e profonda crisi del mondo politico che, nel 1993, iniziò a Milano il processo a Sergio Cusani per la tangente ENIMONT, in cui vennero chiamati a deporre come testimoni moltissimi politici, tra cui il segretario del PSI Craxi, il leader della neonata Lega Nord Bossi, e l’ex presidente del consiglio DC Arnaldo Forlani.

Il processo fu, ancor prima che il punto di arrivo di un’intensissima stagione di indagini, un evento mediatico con pochi precedenti: fu trasmesso in diretta RAI e, per la prima volta, i procuratori, tra cui spiccava Antonio di Pietro - uno dei simboli del pool “Mani pulite” - usarono nelle sedute strumenti moderni per svolgere le interrogazioni e registrare le deposizioni. Il processo può essere considerato un punto di rottura con la precedente tradizione processuale anche per il lessico utilizzato dall’homo novus Di Pietro: un linguaggio colorito, lontano dai tecnicismi del legalese e più pragmatico.

Il processo rivelò anche, in tutta la sua debolezza, una classe politica ormai percepita come antiquata e corrotta, e per questo duramente contestata (Di Pietro ammetterà successivamente di aver votato MSI alle elezioni del 1992 per protesta, in quanto il Movimento Sociale Italiano era tra i pochi partiti a non aver percepito tangenti).

I molti video delle udienze mostrarono l’imbarazzo, o le risposte accennate, durante le deposizioni. Le stesse parole di Craxi riguardo ai finanziamenti illeciti, ammesse così candidamente, fecero molto discutere e anche se le inchieste e le condanne ad imputati minori proseguirono negli anni successivi, protraendosi fino ai primi anni 2000, il processo Cusani-ENIMONT segnò di sicuro un punto di rottura nella storia culturale e politica italiana.


LETTURE E APPROFONDIMENTI


• Antonio Di Pietro, Giovanni Valentini - Intervista su Tangentopoli (Laterza)

• Giglioli, Cavicchioli, Fele - Rituali di degradazione; anatomia del processo Cusani (Il Mulino)