di Andrea Bernabale

LE BRIGATE ROSSE

«No: non è in discussione il diritto al dissenso. [..] Si tratta d'altro. Si tratta del diritto all'intolleranza, alla sopraffazione, alla violenza, per favorire un attacco armato contro la libertà e contro le istituzioni e lo Stato democratico; questo diritto non può essere riconosciuto a nessuno.»

(G. Chiaromonte, esponente PCI, luglio 1977)

Nei primi anni '70, dopo la prima ondata stragistica e terroristica che segnerà il periodo più violento della storia repubblicana italiana, vennero a costituirsi i primi nuclei delle Brigate Rosse (BR), gruppo terroristico di estrema sinistra organizzato in cellule (colonne) e nel quale confluiranno gruppi di operai, impiegati delle fabbriche e universitari che si ispiravano, ideologicamente, al marxismo-leninismo, maoismo e guevarismo.

Seppur degenerati in organizzazione terroristica, le Brigate Rosse nascono con principi di lotta armata, di sovversione del potere con metodi insurrezionali. Secondo Renato Curcio, principale esponente della prima fase delle BR, nelle metropoli occidentali erano ormai mature le condizioni per l'avvento del comunismo, che avrebbe posto fine all'imperialismo delle multinazionali. Se il PCI intendeva la lotta armata come strumento difensivo, le BR intendevano la lotta armata come strumento offensivo.

Tuttavia, affinché la lotta armata si converta in strumento offensivo e, come tale, abbia successo attaccando il potere e sostituendosi ad esso, si necessita un consenso e una mobilitazione di massa. Tale requisito mancava. La lotta armata non era espressione della società italiana ed era confinato ad esigui gruppi di matrice rivoluzionaria. Per tale ragione, mancando di base e consenso popolare per attivare lo strumento della lotta armata, le Brigate Rosse si trasformarono ben presto in gruppo terroristico, compiendo i primi delitti e sequestri.

Obiettivo dell'azione terroristica delle BR era colpire il "cuore" dello Stato, le sue persone e le sue istituzioni. La guerra allo Stato, considerato colluso con le multinazionali ed espressione del capitalismo, iniziò con il sequestro del giudice Mario Sossi nel '74 e poi con i primi omicidi.

Nel 1976, Curcio venne arrestato e gli successe Mario Moretti, che aprì a una nuova fase, ancor più violenta, del movimento brigatista. Venne ucciso il giudice Francesco Coco insieme ai membri della sua scorta, mentre si prospettavano i rapimenti degli onorevoli Moro, Fanfani e Andreotti.

Nel 1978, proprio quando il "compromesso storico" sembrò aprire possibilità del PCI di entrata nel governo, che avrebbe posto fine alla cosiddetta "democrazia bloccata", i brigatisti riuscirono nell'intento di colpire il "cuore" dello Stato. Il 16 marzo 1978, Aldo Moro fu rapito in via Fani, e i membri della sua scorta uccisi. Con il rapimento Moro, le BR dichiaravano apertamente guerra allo Stato, che tuttavia rifiutò ogni trattativa o possibile compromesso.

Dopo il rapimento Moro, si aprirà una fase di declino delle BR dovuta a divisioni interne, all'inflessibilità dello Stato, al pentitismo di alcuni brigatisti e dall'attenuazione del radicalismo ideologico. Verso la fine degli anni '80, le BR erano pressoché estinte.

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