La strage di Ustica

GABRIELE PATO

LA STRAGE DI USTICA

«L'incidente al DC9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento, il DC9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un'azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti».

(Ordinanza di rinvio a giudizio-sentenza istruttoria di proscioglimento 527/84 e 266/90)

Alle 20.59 del 27 giugno 1980, il volo di linea IH870 di Itavia – un Douglas DC9 – decollato dall'aeroporto di Bologna Borgo Panigale per Palermo Punta Raisi, perse definitivamente il contatto radio con la torre di controllo di Roma Ciampino e precipitò nel Mar Tirreno tra le isole di Ponza e Ustica. Rimasero uccise 81 persone, nessun superstite. Già dal giorno seguente la tragedia, i principali quotidiani nazionali azzardarono ricostruzioni, ipotizzando la presenza di una bomba all'interno del velivolo, un attacco missilistico o un problema strutturale alla carlinga. Terminato il recupero dei cadaveri, la Procura di Palermo ne dispose l'immediata ispezione esterna e, per sette di questi, ordinò l'autopsia completa. I responsi esclusero da subito due delle tre possibilità avanzate dai media: le vittime presentavano lesioni da depressurizzazione e da caduta – ciò dimostrava chiaramente che l'aereo doveva essersi spezzato in volo prima di impattare sull'acqua – ma sui loro corpi non erano presenti né ustioni, né residui di combustione, né frammenti di ordigni esplosivi.

Nonostante le dichiarazioni dei medici legali, gran parte dell'opinione pubblica italiana non si ritenne soddisfatta delle risposte ottenute e, anche grazie all'incalzare dei proprietari di Itavia – i quali, se fosse stata confermata l'ipotesi del cedimento strutturale per cattiva manutenzione, avrebbero perso ogni credibilità aziendale – le indagini non si fermarono alle commissioni parlamentari. Le possibili cause non erano molte: un ordigno a bordo, un missile aria-aria, collisione (o semi-collisione) con un aereo militare o un cedimento strutturale, e all'epoca si pensava di poter discernere facilmente tra di esse grazie alle perizie sui reperti recuperati in superficie. Dunque, nel 1982, la prima perizia sulla presenza di esplosivi ritrovò tracce di T4. Cinque anni dopo, nel 1987, vennero finalmente iniziate le operazioni di recupero del relitto, che avvennero in fasi distinte e si conclusero soltanto nel 1992. La nuova perizia identificò la presenza di T4 e TNT, miscela tipica degli ordigni da guerra. Poi, nel marzo 1988, un nuovo esame stabilì come causa dell'incidente la collisione di un missile con la parte frontale dell'aereo. Questa conclusione venne però contrastata dalle tracce radar, che non rilevarono alcun altro velivolo nell'area incriminata.

Nel 1989 la neonata Commissione Stragi, presieduta dall'on. Libero Gualtieri, aggiunse alle proprie competenze la strage di Ustica, contestando per la prima volta ipotesi di reato anche a militari dell'Areonautica Italiana. Il 31 agosto 1999, dopo più di dieci anni di analisi del relitto, delle dinamiche di volo e di collisione, la raccolta di migliaia di testimonianze, l'ordinanza di rinvio a giudizio del magistrato Rosario Priore escluse con certezza le possibilità di una bomba piazzata a bordo e di un cedimento della carlinga, circoscrivendo la causa della strage ad un evento esterno rispetto all'aeromobile Itavia, quasi certamente un missile. Inoltre, il dott. Priore, sottolineò come l'inchiesta fosse stata «ostacolata da reticenze e false testimonianze, sia nell'ambito dell'Areonautica Italiana sia della NATO, le quali hanno avuto l'effetto di inquinare o nascondere informazioni su quanto accaduto».

Priore ipotizzò anche un collegamento tra la strage di Ustica ed il ritrovamento di un aereo militare libico precipitato sulla Sila crotonese il 18 luglio del 1980: diverse testimonianze mostrarono incongruenze tra la data di ritrovamento, lo stato di decomposizione del corpo ed i danni presenti sull'aereo. Si ritenne probabile che l'incidente in realtà fosse avvenuto nelle settimane precedenti e fosse in qualche modo collegato ai fatti del 27 giugno, ma ciò fu indimostrabile.

L'ordinanza-sentenza fu costretta a fermarsi dopo aver individuato le cause della tragedia, poiché restavano ignoti gli autori della strage. Furono rinviati a giudizio anche quattro generali dell'Areonautica – Bartolucci, Ferri, Melillo e Tascio – accusati di falso ideologico, abuso d'ufficio, falsa testimonianza, falso, favoreggiamento e alto tradimento. Il processo iniziò nel settembre 2000 presso l'aula-bunker di Rebibbia e si concluse con la sentenza di Cassazione nel gennaio 2007 con l'assoluzione di tutti gli imputati «perché il fatto non sussiste».

Ai processi penali, seguirono poi processi civili intentati dai familiari delle vittime e dagli eredi della compagnia aerea Itavia (caduta in rovina a seguito dell'incidente) nei confronti dei ministeri del consiglio, della difesa e delle infrastrutture. Questi procedimenti, conclusisi definitivamente nel maggio 2018 con una sentenza di Cassazione, stabilirono che i ministeri dovranno rimborsare gli eredi di Itavia con una cifra intorno ai 250 milioni di euro ed i familiari delle vittime con oltre 5 milioni, dal momento che «avevano con dolo o almeno con colpa depistato le indagini sulla tragedia di Ustica».

Ad oggi, nonostante la desecretazione di molti documenti riguardanti questo triste avvenimento, restano troppi dubbi irrisolti riguardo gli autori della strage, le motivazioni ed il contesto in cui questa è avvenuta, i legami con il caccia libico precipitato a Castelsilano, una presunta battaglia ingaggiata da contingenti NATO americani e francesi contro aerei libici nello spazio aereo italiano, così come sulle testimonianze, sulla sparizione di reperti e sui rilevamenti radar. Certamente, il rumore creato dalle dichiarazioni, spesso incoerenti, di esponenti di notevole caratura quali l'ex presidente Cossiga, o ex soldati americani, non potrà essere di aiuto per portare alla luce la verità