La strage di Bologna

GIANMARCO PANERATI

LA STRAGE DI BOLOGNA

«Non ho parole, siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia»

(Sandro Pertini)

Il 2 agosto 1980 alle 10:25 il tempo si fermò. Una bomba venne fatta esplodere nella stazione di Bologna. Si tratta di un ordigno a tempo composto da 23 kg di esplosivo contenuto in una valigia abbandonata, posta su un tavolino sotto al muro portante della sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna. Questa posizione massimizzò gli effetti della deflagrazione, l’intera ala ovest e circa 30 metri di pensilina vennero distrutti. Il bilancio devastante dell’esplosione in termini di vittime ne fanno uno degli attacchi terroristici più gravi del secondo dopoguerra: 85 i morti e più di 200 i feriti.

Immediatamente partirono le indagini, così come i depistaggi. Le primissime posizioni del governo e delle forze di polizie attribuirono l’esplosione a cause fortuite, come lo scoppio di una vecchia caldaia o una fuga di gas. Presto, tuttavia, dai rilievi fu chiaro che si trattava di una bomba e di un attentato terroristico. Arrivarono anche le prime rivendicazioni, in particolare da parte dei Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR) che alimentarono la tesi di una matrice neofascista alla base dell’atto terroristico, fortemente sostenuta dall’allora presidente del consiglio Francesco Cossiga.

Le indagini, benché saldamente legate alla pista neofascista, si rivelarono un groviglio inestricabile che coinvolgeva servizi segreti italiani e internazionali, Libia, Palestina, banda della Magliana e camorra. Negli anni le piste presentatesi agli investigatori furono innumerevoli e sensibilmente influenzate dai depistaggi condotti da un settore deviato del SISMI (Servizio Informazioni e Sicurezza Militare) e dalla loggia massonica P2 guidata da Licio Gelli. Questi puntavano a indirizzare le indagini verso una falsa pista internazionale che indicava come colpevoli terroristi stranieri con contatti nell’ambiente neofascista italiano.

Tra le tante teorie vi furono quelle che legavano la strage di Bologna a quella di Ustica del 27 giugno 1980, incidente aereo che provocò la morte di 81 persone su un aereo italiano civile partito proprio da Bologna. Da una parte, prese vita la pista libica che indicava l’atto terroristico come una ritorsione per i fatti di Ustica. Infatti, la tesi più avvalorata per Ustica sosteneva che l’aereo fu colpito da un missile NATO diretto contro un MIG libico a bordo del quale ci sarebbe stato Gheddafi. Dall’altra, fu sospettato che nei fatti di Bologna vi fosse nascosto un tentativo di coprire le responsabilità NATO e avvalorare la tesi che invece sosteneva la presenza di una bomba sull’aereo come causa dell’incidente di Ustica.

Ripetutamente proposta da Cossiga anche la pista palestinese. Questa puntava il dito verso due terroristi tedeschi appartenenti al gruppo del terrorista filopalestinese “Carlos” che si trovavano a Bologna il giorno dell’attentato. L’attentato, secondo questa pista, sarebbe dovuto alla rottura del cosiddetto “lodo Moro”, un patto segreto di non belligeranza stipulato tra lo Stato italiano e il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina.

Nel 1987 iniziò il primo grado di processo, che si concentrò sull’ambiente neofascista. Si giunse alla sentenza di cassazione il 23 novembre 1995 con la condanna all’ergastolo, quali esecutori materiali dell’attentato, dei neofascisti dei NAR Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Nel 2007 arrivò anche la condanna definitiva per Luigi Ciavardini, minorenne all’epoca dei fatti. Condannati per depistaggio invece il capo della P2 Licio Gelli, e nell’ambiente dei servizi segreti Francesco Pazienza, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte.

Nonostante gli anni di indagine e la condanna di Fioravanti e Mambro, sempre dichiaratisi innocenti, i dettagli da chiarire sulla vicenda sono molteplici. Ombre e interrogativi restano da chiarire. Moventi e mandanti della strage di Bologna rimangono ignoti, tutto ciò rende l’episodio una delle pagine più drammatiche e misteriose della storia della Repubblica italiana.