Il Psi e la svolta del '56

ANDREA BERNABALE

IL PSI E LA SVOLTA DEL '56

Il 1956 è un anno cruciale per il mondo socialista.

In Unione Sovietica, Chruscëv denunciava i crimini e il culto della personalità di Stalin in occasione del XX congresso del PCUS e solo pochi mesi dopo, in Ungheria, scoppiava una sollevazione popolare meglio ricordata come "rivoluzione ungherese".

Ma il 1956 fu un anno cruciale anche per le sorti politiche della Repubblica italiana...

Se fino al 1956 il PSI ( Partito Socialista Italiano) aveva vissuto nell'orbita dei comunisti, dopo i fatti nell'est Europa, i socialisti iniziano a prendere le distanze da Mosca e dal PCI.

Dichiarerà Pietro Nenni, segretario del PSI: "La via democratica è la più conforme e la sola possibile nei paesi di tradizione liberale e democratica e di più alto tenore di vita".

Di lì a poco intensificò i contatti con Saragat, segretario del PSDI (partito nato nel 1947 dalla scissione di Palazzo Barberini proprio dal PSI) per dare vita ad una nuova riunificazione delle forze socialiste e dichiarò finito il patto d'azione con il PCI. Infine, condannò aspramente i fatti di Ungheria.

Tuttavia, con il PCI non fu vera rottura, in quanto nel PSI continuavano a militare correnti di pensiero vicine al PCI, tra cui Sandro Pertini che all’epoca sosteneva fermamente: "La diversità di giudizi sui fatti di Ungheria non deve tradursi in rottura tra noi e i comunisti."

Pur non rompendo definitivamente con i comunisti, il PSI iniziava ad accettare una certa idea di social-democrazia e di compromesso con il capitalismo.

La svolta del '56, infatti, porrà le basi per una nuova stagione politica italiana che vedrà esaurita la formula del centrismo degasperiano e l'inizio della formula dell'"apertura a sinistra", realizzata con grande determinazione dal democristiano Aldo Moro, politico noto per le sue ammirevoli capacità di mediazione.