IL POOL ANTIMAFIA



STORIE DELLA REPUBBLICAGLORIA ROSINA


«Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.»

(Giovanni Falcone)

Si conoscevano fin da piccoli Giovanni Falcone e Paolo Borsellino , nati e cresciuti a Palermo. Si ritrovarono poi, ormai adulti, colleghi magistrati presso l’Ufficio istruzione della sezione penale, all’interno di un pool anti-mafia che divenne un esempio coraggioso e innovativo di organizzazione giudiziaria.

Dopo il suo primo incarico a Trapani, Giovanni Falcone fu a Lentini come pretore, e nel 1978 ottenne il lavoro all’ufficio istruzione sotto la guida di Rocco Chinnici. Venne successivamente affiancato da Paolo Borsellino che faceva parte della sezione già dal 1975. Le indagini svolte dai due magistrati risultavano evidentemente scomode alla criminalità organizzata, tanto da originare un tragico periodo di stragi.

Borsellino collaborò con il capitano dei Carabinieri Emanuele Basile nel 1980, durante la prima indagine per mafia, in cui fece arrestare un primo gruppo di sei mafiosi. Nello stesso anno il capitano Basile venne assassinato. Dal momento della sua morte la vita della famiglia Borsellino cambiò in maniera irrimediabile, poiché non gli fu più possibile vivere senza la protezione di una scorta. Anche nei periodi successivi continuò a svolgere le sue funzioni presso l'ufficio d'istruzione del Tribunale, dando ulteriore dimostrazione delle sue qualità.

Nel 1983 fu ucciso, dall’esplosione di un’autobomba, anche l’ideatore di questo pool, Rocco Chinnici, e insieme a lui si temeva che si sarebbero interrotte anche indagini che stavano portando buoni risultati.

A sostituire Chinnici, invece, arrivò il giudice Caponnetto, assolutamente deciso a portare avanti il lavoro del predecessore, e il pool, sempre più risoluto, continuò nell'incessante lavoro raggiungendo ulteriori risultati.

Nel 1984 vennero arrestati Vito Ciancimino e Tommaso Buscetta, un momento di svolta per le indagini. Si delineò, infatti, una circostanza nuovissima, ovvero il “pentimento” e la testimonianza di Buscetta, il “boss dei due mondi”. Quest’ultimo, fuggito in America dopo una sanguinosa guerra di mafia, arrestato ed estradato in Italia, decise di collaborare con la giustizia. Quasi ogni membro della sua famiglia era stato ucciso da altri clan mafiosi e, pertanto, Buscetta decise di trovare vendetta attraverso la giustizia. Raccontò così al giudice Falcone tutto quello che sapeva riguardo l’organizzazione criminale (a partire dal sistema piramidale dell’associazione, per arrivare successivamente fino alla collusione politica con Cosa Nostra).

Grazie alle sue deposizioni si comprese la struttura di Cosa Nostra, numerosi furono gli arresti, e si raccolsero innumerevoli prove per istituire un processo, che venne appunto definito “maxi processo” per la mole di prove, deposizioni e imputati. A Palermo, in quel Palazzo di Giustizia che per mesi divenne l'aula bunker, con oltre 1.400 imputati alla sbarra e nuovi pentiti da ascoltare, la situazione si fece sempre più tesa a causa di ininterrotti attentati a danno delle forze dell’ordine.

Il maxiprocesso di Palermo, che iniziò il 10 febbraio 1986 e terminò il 16 dicembre 1987 si concluse con una sentenza che inflisse 342 condanne, 2.665 anni di carcere e 19 ergastoli (molti dei quali inflitti a mafiosi latitanti tra cui Bernardo Provenzano e Totò Riina). Le condanne furono poi confermate definitivamente il 30 gennaio 1992, mentre nel maggio Falcone venne nominato Direttore della Procura nazionale antimafia.

Il 23 maggio 1992 in ritorno da Roma, il giudice Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo, accompagnati dalla scorta, si ritrovarono necessariamente a percorrere il breve tratto dall’aeroporto a Palermo. Falcone si mise alla guida a fianco della moglie imboccando l’autostrada. Su una strada parallela, un’automobile si affiancò agli spostamenti delle tre Macchine blindate, per darne segnalazione al killer: sono gli ultimi secondi prima della strage.

Alle ore 17.58, presso il chilometro 5 della A29, una carica di tritolo, posizionata in un tunnel scavato sotto la sede stradale nei pressi di Capaci, viene azionata per telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina. Pochissimi istanti prima della detonazione, Falcone si era accorto che le chiavi di casa erano nel mazzo assieme alle chiavi della macchina e le aveva tolte dal cruscotto, provocando un rallentamento improvviso. Brusca, spiazzato, premette il pulsante in ritardo, sicché l’esplosione investì in pieno solo prima auto del gruppo: i tre agenti di scorta morirono sul colpo, il giudice e la moglie poco dopo. L'Italia apprese quasi incredula la tragica notizia e Borsellino visse la notizia in maniera doppiamente angosciante, sapendo di essere nel mirino di "Cosa Nostra" e con la paura di dover “fare in fretta perché adesso tocca a me”.

Dopo 57 giorni dalla morte di Falcone, il 19 luglio 1992 Paolo Borsellino si recò a trovare l'anziana madre in via d'Amelio. Con lui gli agenti della scorta. Il giudice scese per citofonare alla madre, con cinque agenti posizionati attorno: moriranno tutti eccetto uno, a causa dello scoppio dell’ennesima auto-bomba.

La stagione delle stragi non ebbe fine, così come i depistaggi nelle indagini e gli accordi segreti tra la mafia ed esponenti corrotti nelle istituzioni; qualcosa però, cominciò a cambiare; sia da parte dello Stato che dell’opinione pubblica.

La lotta alla mafia è ancora lunga, ma le morti di chi la combatté lasciarono un segno indelebile e dalle quali può fiorire un grande sentimento di giustizia. In particolare, Falcone e Borsellino possono essere oggi considerati come eroi o, uomini come noi, che avevano “sognato niente di meno di sconfiggere la mafia applicando la legge.”

LETTURE ED APPROFONDIMENTI:

- Giovanni Falcone, “Cose di Cosa Nostra”, BUR, 2017

- Sandra Rizza, “L’agenda rossa di Paolo Borsellino”, Chiarelettere, 2017

- Saverio Lodato, “La mafia ha vinto. Intervista con Tommaso Buscetta”, Mondadori, 2017

- “La mafia uccide solo d’estate”, film di Pierfrancesco Diliberto, 2014