Il Piano Solo

IL “PIANO SOLO”

“Scriveva il giornale diretto da Eugenio Scalfari che Segni, volendo approfittare della crisi di governo per interrompere l’esperienza di centrosinistra, aveva incoraggiato De Lorenzo – comandante come si è detto dei carabinieri, ma soprattutto ex capo dei servizio segreti, il Sifar, su cui manteneva una grande influenza – a predisporre un intervento straordinario per l’ordine pubblico che si configurava come un vero e proprio golpe”. – Paolo Mieli

Il “Piano Solo” viene ricordato come uno dei più noti tentativi di golpe, uscito allo scoperto solamente nel 1967 grazie ad un articolo apparso su “L’Espresso”, il cui nome deriva dall’operazione solitaria dei carabinieri volta a rovesciare il governo. Il governo in questione è il primo governo di centro-sinistra “organico”, presieduto da Aldo Moro, il quale si trova a capo del suo primo governo e del primo governo repubblicano con la partecipazione dei socialisti.

I due eventi di cui sopra sono gli elementi di distacco dal periodo politico antecedente. E’ il primo tentativo di colpo di stato del periodo repubblicano e viene elaborato proprio quando si raggiunge un obiettivo desiderato tanto, ma voluto da pochi. Il 1964 per l’Italia segna un punto di svolta decisivo nella sua storia, anche inconsapevolmente. Fare il centro-sinistra voleva dire non solo aprirsi alla modernità, dopo i frutti del boom economico, ma anche veder apparire di fronte a sé un muro di resistenza conservatrice.

In tale contesto, un ruolo importante è attribuito ad Antonio Segni, già Presidente del Consiglio, eletto Presidente della Repubblica nel 1962, durante il governo Fanfani IV, un governo con l’appoggio esterno dei socialisti. Segni è ovviamente scelto dalla DC per controbilanciare la presenza ravvicinata dei socialisti al governo, in quanto da sempre avverso all’apertura a sinistra.

Il “Complotto al Quirinale”, dal titolo dell’articolo di Lino Jannuzzi uscito su “L’Espresso” del 14 maggio 1967, finisce però per essere un mezzo per libere interpretazioni, se non si analizza l’intero contesto d’azione. Sebbene le diatribe interne al Paese ci diano informazioni sufficienti a suggerire la fondatezza di tale piano, a livello internazionale ci imbattiamo in una visione differente delle cose.

Stati Uniti e Vaticano, che “guidavano” i giochi, si erano dichiarati apertamente favorevoli all’esperienza di centro-sinistra in Italia, perché l’apertura a sinistra avrebbe automaticamente allontanato il PCI dal potere. Non a caso, l’URSS fu decisamente contraria, in quanto vedeva venir meno l’unità della classe operaia e in tal modo si favoriva un più rigido allineamento della politica estera italiana a quella statunitense.

Le interpretazioni successive, a cui oggi possiamo far affidamento, ci permettono di confermare che il piano fu semplicemente un piano di emergenza utilizzato come strumento di pressione politica e non un vero tentativo di colpo di stato. A conferma di ciò, in quel periodo vennero continuamente fatte trapelare notizie. Addirittura, Segni convocò ufficialmente al Quirinale un comandante militare, il generale De Lorenzo, per le consultazioni del nuovo governo, cosa mai vista prima. Per di più, la sola azione dei carabinieri avrebbe trovato la ferma opposizione dell’esercito, inconsapevole del piano.

Il Presidente della Repubblica Segni si dimetterà in seguito ad impedimento nel dicembre 1964, a causa di un ictus che lo colpì durante un tumultuoso vertice con Moro e Saragat, in cui il tema di discussione era, probabilmente, il “Piano Solo”. Scalfari e Lino Jannuzzi verranno condannati per diffamazione in seguito alla querela del generale De Lorenzo, anche se vi fu richiesta di assoluzione da parte del pubblico ministero Vittorio Occorsio. Chi, forse, adottò una mossa tanto controversa quanto coraggiosa fu il Presidente del Consiglio Aldo Moro, che appose il segreto di Stato sulla vicenda pur di non compromettere la collaborazione futura con i socialisti, in gran numero presenti nelle liste di uomini da arrestare durante il golpe. Ciò che salta all’occhio, però, è che mancò un’esemplare punizione per De Lorenzo. Perché? Fu una scelta politica. Moro cercò di non spingere ulteriormente su posizioni oltranziste i dissidenti delle forze armate, cercando, in tal modo, di riassorbire il dissenso.