Il miracolo economico

ANDREA BERNABALE

IL MIRACOLO ECONOMICO

Dal 1956 al 1963 l'Italia visse un periodo di prosperità economica senza precedenti. Tale periodo è infatti passato alla storia come il "miracolo" economico italiano o, semplicemente, il "boom" economico.

Caratterizzante fu il passaggio da un'economia prevalentemente agricola ad una prevalentemente industriale, che vide raddoppiare il suo output produttivo nel giro di pochi anni.

Tale conversione economica si legava poi al fatto che l'Italia si trasformò ben presto in un'economia aperta agli scambi commerciali con gli altri paesi industrializzati, scambi facilitati con la ratifica dei Trattati di Roma del 1957 che resero possibile uno straordinario aumento delle esportazioni in Europa.

La Comunità Economica Europea (CEE) era appena nata e sembrava dare i suoi frutti.

Altra caratteristica, non trascurabile, del miracolo economico furono le migrazioni: dalle zone rurali ai centri urbani e da Sud verso Nord, oltre alle migrazioni verso l’estero.

Le città settentrionali italiane andavano crescendo sempre più, come Milano e Torino, che videro un notevole incremento della popolazione che rendeva i Comuni incapaci di gestire i servizi pubblici a fronte di un così consistente aumento di popolazione.

Il PIL galoppava a ritmi incalzanti: crebbe del 138% dal 1958 al 1963... numeri che non verranno mai più replicati nella storia economica italiana.

Anche le vite degli italiani d'improvviso mutavano: facevano il loro ingresso nella vita quotidiana le automobili (enorme diffusione ebbe la 600 FIAT), gli elettrodomestici e gli apparecchi televisivi. Una vera e propria rivoluzione che nascondeva i primi sintomi del consumismo.

Tutto ciò fu anche il successo delle politiche del "centrismo" degasperiano di cui, tuttavia, alcuni personaggi illustri come Guido Carli, ex-governatore della Banca d'Italia, ritenevano fosse un successo incompiuto: « Quando ripenso a quegli anni e anche alle mie personali responsabilità, questa è la critica e la colpa che mi faccio: avremmo dovuto, per ogni nuova impresa che nasceva, per ogni nuovo posto di lavoro che veniva creato, preoccuparci di costruire la scuola, le case, l'ospedale, i trasporti collettivi [...] Noi non abbiamo provveduto a questo. Non nella misura necessaria.»