Il governo Fanfani IV

GABRIELE PATO

GOVERNO FANFANI IV

IL PRIMO CENTROSINISTRA

In seguito alla caduta del breve e contestatissimo governo Tambroni si costituì un nuovo esecutivo, a guida DC, che si distanziava nettamente dalla precedente esperienza. Il nuovo Consiglio dei Ministri era guidato dalla presidenza di Amintore Fanfani, esponente di spicco del partito, concedeva alcuni ministeri con portafoglio (bilancio, tesoro, marina mercantile, lavoro e previdenza sociale) al Partito Repubblicano di La Malfa (PRI) e al Partito Socialista Democratico (PSDI) ma soprattutto otteneva l'appoggio esterno del Partito Socialista (PSI) di Pertini e Nenni in cambio di un preciso piano di riforme. La maggiore abilità di Moro fu quella di convincere il presidente statunitense J.F. Kennedy a non porre il veto al sostegno esterno del PSI, il quale non si dichiarò contrario a patto che i socialisti italiani rompessero i propri legami con l'Unione Sovietica.

Il piano di governo presentato il 2 marzo 1962 era effettivamente rivoluzionario rispetto ai precedenti, anche rispetto ai tre governi guidati da Fanfani stesso: si proponeva la nazionalizzazione dell'energia elettrica, la riforma del ginnasio, estensione dell'obbligo scolastico fino ai 14 anni e la fine del doppio percorso (liceo o apprendistato professionale), l'aumento delle pensioni ed altre riforme di stampo prettamente sociale. Ottenuta una comoda fiducia presso entrambe le camere (265 favorevoli e 195 contrari alla Camera, 122 favorevoli e 85 contrari al Senato) il 10 marzo, i ministeri si attivarono immediatamente per porre in attuazione l'ambizioso piano di governo il più rapidamente possibile, dal momento che la III legislatura si sarebbe conclusa appena un anno dopo, nella primavera 1963.

Durante i primi dieci mesi di governo, i piani stabiliti furono seguiti speditamente. Il 13 marzo '62 venne approvato l'aumento delle pensioni del 30%, portando la media a circa 100'000 lire mensili; il 13 aprile venne eliminata la censura sulle opere liriche, poetiche e di prosa (mantenuta quella sulle opere cinematografriche, di varietà e televisive); il 14 luglio si diede avvio ad una vasta opera di urbanizzazione e riforma catastale tramite l'esproprio generale di terre ai Comuni; il 27 novembre il Parlamento dà il suo assenso alla nazionalizzazione dell'energia elettrica, creando l'ENEL (Ente Nazionale per l'Elettricità); il 31 dicembre passa la così detta “scuola media unica” unita all'innalzamento dell'età per la scuola dell'obbligo e, infine, nel febbraio '63 la leva militare obbligatoria viene ridotta da 18 a 15 mesi.

Già dall'autunno precedente, il governo però si trovava in una fase di crisi. I malumori delle correnti più conservatrici della DC si fecero più forti, nonostante – come promesso da Aldo Moro – fosse stato garantito loro il ruolo di Presidente della Repubblica, per il quale fu eletto Antonio Segni, nel maggio '62, grazie ai voti dell'MSI e del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica. Uno degli ultimi atti del governo Fanfani IV fu quello di stabilire definitivamente il numero di deputati e senatori, rispettivamente 630 e 315. Il 18 febbraio il presidente Segni sciolse le camere, annunciando elezioni anticipate per il 28 aprile 1963.

Nonostante il parziale successo del proprio ultimo esecutivo, Fanfani venne liquidato dalla Democrazia Cristiana che presentò Aldo Moro come principale esponente. La DC, pur restando primo partito, perse il 4% (da 42 a 38%) mentre crebbero Partito Liberale, PCI e PSI. Sia DC che PSI rifiutano l'ipotesi di un “centrosinistra organico”, ovvero un governo guidato dai due partiti e non soltanto sostenuto dall'esterno, e di conseguenza Moro rinuncia all'incarico passando il testimone a Giovanni Leone, incaricato di far approvare la legge di bilancio e trovatosi a dover gestire le conseguenze della tremenda tragedia del Vajont. Riprese le consultazioni, Aldo Moro si ripropose al centro della scena, annientando i suoi avversarsi interni, quali Mario Scelba, che dopo un quindicennio da protagonista abbandonò la politica attiva. Moro formò dunque un governo con PSI, PSDI, e PRI, concedendo ben sei ministri ai socialisti ed il seggio di vice primo ministro a Pietro Nenni. Dimessosi, Leone sarà nominato avvocato difensore dell'ENEL nel processo sul Vajont riuscendo a far “risparmiare” miliardi di risarcimenti alle casse dello stato.