di Lorenzo Balma

Il governo Ciampi

Il Psi è ormai ai minimi termini. La Quercia è a disposizione per riorganizzare tutte le forze sane del socialismo italiano. […] Di Ciampi ci fidiamo, ma non ci fidiamo della vecchia maggioranza” (Achille Occhetto, segretario Pds)

Con il referendum sull'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti dell'aprile 1993, gli elettori diedero un chiaro segnale in favore dell'abolizione del vecchio sistema partitico che - in seguito all’inchiesta "mani pulite" - era diventato sinonimo di corruzione e la cui tendenza ad assumere una fisionomia di partiti totalizzanti e “pigliatutto” era identificata dagli italiani come il principale freno alle riforme istituzionali e alla riforma elettorale.

L’esito positivo del referendum costrinse il Presidente del Consiglio Giuliano Amato alle dimissioni. Così, il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, affidò la formazione di un esecutivo a Carlo Azeglio Ciampi, allora direttore della Banca d’Italia. Sebbene facendo parte a tutti gli effetti della classe dirigente della prima Repubblica, la figura di Ciampi rappresentava una continuità rispetto al sistema "tradizionale", la macanza di affiliazione politica (a parte la sua esperienza di militanza giovanile nel Partito d’Azione, conclusasi nel 1947) non lo faceva percepire come un compromesso con la vecchia classe politica.

Il compito dell’esecutivo Ciampi era quello di guidare il paese durante la transizione verso un nuovo sistema politico, nel quale i vecchi soggetti costituenti si sarebbero trasformati o sarebbero semplicemente spariti. L’esecutivo Ciampi dovette affrontare una profonda crisi della politica e della rappresentanza. Sulla scia di Ferruccio Parri, che traghettò l’Italia dalla dittatura e dalla guerra verso il sistema democratico, l’azionismo tornava come metodo politico per ricucire il tessuto del paese, sfiduciato dal sistema di rappresentanza. Proprio come nel secondo dopoguerra, Ciampi si rifaceva al modus operandi dell’azionismo e alle esperienze democratiche della sinistra occidentale riformatrice e del liberalsocialismo.

La formazione del governo, del quale Ciampi era l'unico indipendente, coinvolse immediatamente esponenti del Partito Repubblicano, del Partito Democratico della Sinistra - all’interno del quale tuttavia non vi era grande entusiasmo verso l'idea di intraprendere la prima esperienza di governo in un momento di tale responsabilità - e dei Verdi, oltre che esponenti del PSI, della DC e dei Liberali. Il 29 aprile, soltanto un giorno dopo la formazione dell’esecutivo, i ministri del PDS Visco, Barbera e Berlinguer, assieme al verde Rutelli, rassegnarono le dimissioni per protesta in seguito alla votazione a scrutinio segreto alla Camera che respinse quattro delle sei richieste di autorizzazione a procedere da parte dei magistrati verso il Bettino Craxi, ormai sommerso da avvisi di garanzia. Occhetto dichiarò che non vi erano più “le condizioni per dare il sostegno al governo” ed all'interno del PDS vi era un consenso diffuso nel non voler inaugurare la propria esperienza politica all’interno di una “maggioranza salva corrotti”. Il bivio che si poneva davanti la nuova sinistra post comunista era: fare opposizione con le destre e Rifondazione comunista aspettando la prossima tornata elettorale, ma così indebolendo gli intenti riformatori del governo Ciampi, oppure compromettersi agli occhi degli italiani collaborando con i vecchi soggetti politici, percepiti dalla maggior parte del paese come causa dei suoi mali attuali, ma dando maggior spinta alle necessarie riforme. Inizialmente il PDS si astenne dal dare la fiducia, per poi entrare successivamente nella maggioranza per sostenere le riforme del governo, ma senza avere propri ministri nell’esecutivo, che furono rimpiazzati da personalità indipendenti.

Il governo era determinato a dare un contributo importante per agevolare la transizione verso la "seconda Repubblica". Nel luglio del 1993 venne siglato il patto con i sindacati per la politica dei redditi limitata al lavoro dipendente, ovvero l’aumento dei salari sulla base dell’aumento degli utili di impresa, dopo due anni di intensa attività sindacale da parte della CGIL in reazione alla decisione di disdire la scala mobile (il meccanismo che adeguava automaticamente il salario all’inflazione) da parte di Confindustria. Poi, venne promulgata una nuova legge elettorale che, finalmente, voltava le spalle al proporzionale, ormai sinonimo di ingovernabilità e di instabilità parlamentare, in favore di un sistema misto composto da un 75% maggioritario e un 25% proporzionale. Venne inoltre stabilita l’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di provincia. Il vecchio paradigma politico del sistema proporzionale, di cui i partiti di massa erano stati espressione, stava finendo. I soggetti costituenti stavano morendo, sebbene il proporzionale sarebbe tornato alla ribalta soltanto dieci anni più tardi con in aggiunta un premio di coalizione, motivo per il quale secondo alcuni studiosi non esistette una reale rottura totale con il passato. In fine, sulle orme del lavoro fatto da Pertini e Craxi, si perseguì una politica di ripristino di una certa pedagogia civile che potesse unire gli italiani sotto i riti e i simboli patriottici, con l'obiettivo di risvegliare il sentimento di appartenenza nazionale del dopoguerra. Da questo punto di vista era ancora il metodo azionista che tornava alla ribalta, promuovendo le liturgie repubblicane al fine di contrastare la contagiosa sfiducia nelle istituzioni. Questo metodo di costruzione di una “religione civile”, si manifestò nella sua forma più compiuta durante il mandato da Presidente della Repubblica dello stesso Ciampi (1999-2006).

In questo contesto di passaggio verso un nuovo sistema di rappresentanza e di partiti (l’esecutivo andò avanti fino al gennaio 1994), con la maggior parte delle forze della sinistra a stampella del governo, ma senza realmente farne parte, si realizzò il pericolo più grande per la sinistra post-comunista: l’inevitabile rinforzo e affermazione dell’ala liberale e moderata, della figura del suo nuovo leader e del suo impero mediatico, che indicava nettamente il nemico da combattere (il comunismo) e presentava il futuro per l’Italia come luminosissimo.

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