Il Compromesso storico

GABRIELE PATO

IL COMPROMESSO STORICO

«La gravità dei problemi del paese, le minacce sempre incombenti di avventure reazionarie e la necessità di aprire finalmente alla nazione una sicura via di sviluppo economico, di rinnovamento sociale e di progresso democratico rendono sempre più urgente e maturo che si giunga a quello che può essere definito il nuovo grande "compromesso storico" tra le forze che raccolgono e rappresentano la grande maggioranza del popolo italiano».

E. Berlinguer, 1973

Nell'autunno 1973 il segretario del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer, scrisse quattro articoli sul quotidiano Rinascita commentando il colpo di stato di Pinochet in Cile che, l'11 settembre dello stesso anno, aveva abbattuto con la forza il governo socialista democraticamente eletto guidato da Salvador Allende anche grazie al supporto politico e militare degli Stati Uniti.

Berlinguer rifletteva sulla necessità di un mutamento della linea di partito per motivazioni ideologiche e di pacificazione nazionale: dal 1969 il paese era dilaniato dalla così detta “strategia della tensione”, un susseguirsi pressoché continuo di violenze politiche, omicidi ed atti di terrorismo stragista. Contemporaneamente l'economia aveva smesso di crescere con la forza apparentemente inesauribile del boom economico e stava per affrontare la prima grave crisi energetica legata al petrolio.

La strategia politica elaborata dai vertici di centro-sinistra del PCI aveva dunque molteplici scopi: rilanciare l'economia italiana, prendere distanze dal comunismo sovietico ed avvicinarsi al nuovo modello teorico dell'eurocomunismo (una versione di marxismo intermedio tra leninismo e socialismo, poi applicato anche dai partiti comunisti francese, spagnolo ed inglese), allontanare il paese dalla minaccia di regimi autoritari reazionari appoggiati dagli USA (soltanto tre anni prima era avvenuto il tentato golpe dell'Immacolata) e trasformare il PCI in una forza progressista di governo che potesse rendere l'eurocomunismo una forza trainante all'interno della società occidentale.

I principali ricettori di questa proposta di dialogo politico tra centro ed estrema sinistra furono il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, ed il segretario Benigno Zaccagnini. Entrambi si mostrarono aperti alla discussione e ad un possibile e futuro avvicinamento: essi infatti erano promotori di un governo di centro-sinistra guidato dalla DC, in aperto scontro con Giulio Andreotti e l'ala destra del partito. Quest'ultimo, insieme all'ala sinistra del PCI e al Partito Socialista di Craxi che temeva la sua totale esclusione dal nuovo indirizzo politico, fu il principale oppositore ad un accordo vero e proprio tra Moro e Berlinguer.

Il primo passo preso in direzione di un compromesso storico fu l'appoggio esterno garantito dal PCI al governo di solidarietà nazionale a guida Andreotti del 1976 ma, nonostante i buoni propositi, l'avvicinamento non si spinse mai oltre a questo timido contatto in un periodo di crisi: nei due anni successivi, Berlinguer perse totalmente l'appoggio della sinistra del suo partito nonché della sinistra extraparlamentare.

Il compromesso storico fallì definitivamente il 16 marzo 1978, quando Aldo Moro venne rapito (ed in seguito ucciso) dalle Brigate Rosse proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuta discutere una nuova fiducia al governo Andreotti. Nel 1980, dopo un paio d'anni di tentativi vani da parte del PCI, il progetto del compromesso storico fu definitivamente abbandonato da entrambi gli schieramenti.