L’ASSASSINIO DI ROBERT F. KENNEDY

– 6 giugno 1968 -


SESSANTOTTOGIACOMO TOMMASI

“Il cambiamento, con tutti i rischi che comporta, è la legge dell’esistenza.”

(Robert Kennedy)


Era l’1.44 di mattina del 6 giugno 1968 quando Robert Kennedy, dopo quasi 26 ore di lotta tra la vita e la morte, si arrendeva alla sorte che Sirhan B. Sirhan, un giovane giordano di origine palestinese, aveva scelto per lui.

Erano trascorsi circa due mesi dal giorno in cui Martin Luther King Jr. era stato assassinato al Lorraine Motel di Memphis, e quasi 5 anni dalla morte del presidente J. F. Kennedy, durante una visita a Dallas, per mano di Lee Harvey Oswald. Gli Stati Uniti stavano attraversando una stagione di forti tensioni sociali, infiammate dalle proteste contro la guerra in Vietnam, dal movimento per i diritti civili degli afroamericani e dallo stesso omicidio del reverendo King, con rivolte e sommosse in molte grandi città americane. Fu in questo clima già teso che si consumò, in quel giorno di giugno, l’assassinio di Robert Kennedy, fratello dell’ex presidente John e fresco vincitore delle primarie democratiche svoltesi in California.

Tra il 4 e il 5 luglio 1968, poco dopo la mezzanotte, “Bobby”, come era solito essere soprannominato Robert, stava celebrando la vittoria con un discorso all’Ambassador Hotel di Los Angeles. Dopo aver parlato, si sarebbe dovuto spostare nella sala stampa dell’hotel per un colloquio con i giornalisti. Tuttavia, mentre stava percorrendo gli stretti corridoi adiacenti alle cucine, dirigendosi verso l’altra stanza, l’attentatore Sirhan Sirhan, piombato in mezzo al corridoio da una pila di carrelli di servizio, riuscì a esplodere quattro colpi del suo revolver calibro 22.

Bob fu colpito in tre punti, ma quello che si rivelò fatale fu quello che lo raggiunse al capo. Le sue ultime parole, pronunciate subito dopo essere stato colpito, furono: “E gli altri? Come stanno gli altri?”.

Sirhan venne subito bloccato e arrestato, sfuggendo al linciaggio della folla che lo circondava. La sua azione aveva ferito diversi presenti senza, tuttavia, ferire a morte altre persone. Successivamente, Sirhan spiegò di averlo fatto per via del sostegno di Kennedy nei confronti di Israele, evidenziando la sua ossessione nei confronti del senatore democratico, che accusava di essere colluso con i sionisti oltreché fornitore di armi ad Israele durante la guerra del 1967.

Bob Kennedy nutriva il sogno di prendere il posto che suo fratello maggiore John aveva lasciato qualche anno prima, quello di Presidente degli Stati Uniti d’America. I due avevano un carattere molto diverso e, fino a quando John era in vita, Bob era consapevole di occupare un “secondo posto”, trovando comunque soddisfazione nel rivestire tale ruolo.

Quando John fu eletto presidente, nel 1961, nominò suo fratello Robert come General Attorney (procuratore generale), ma è risaputo che John si rivolgesse soventemente al fratello minore per chiedergli consigli e opinioni su diverse questioni che non riguardassero strettamente il suo incarico. Robert poteva dirsi, di fatto, primo consulente del fratello maggiore.

Fu per queste ragioni che la morte di John Kennedy cambiò radicalmente la vita del fratello. Si verificò infatti una sorta di passaggio del testimone in famiglia e Bob si sentì investito del ruolo che suo fratello aveva intrapreso anni addietro.

Qualche anno dopo Bob deciderà,di candidarsi alla presidenza con un programma più a sinistra del fratello, ma all'interno del quale rivestiva grande importanza la questione dei diritti civili e una posizione decisamente contraria alla Guerra nel Vietnam.

Proprio quando Robert sembrava essere vicino alla vittoria e al raggiungimento del suo obiettivo, si trovò a condividere col fratello un nefasto destino, capace di gettare il Paese in un profondo sconforto in seguito al terzo omicidio di alto profilo verificatosi in un arco di tempo di appena un decennio.

In seguito al brutale omicidio, Sirhan Sirhan verrà condannato, in un primo momento, alla pena capitale, per poi vedersi commutare la pena all'ergastolo che ancora oggi sconta nella prigione di Corcoran, in California.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Robert F. Kennedy, “Sogno cose che non sono state mai”, Einaudi, 2012

- T. Clarke, “L’ultima campagna. Robert F. Kennedy e gli 82 giorni che ispirarono l’America”, Il Saggiatore, 2009