In foto: scontri tra studenti e forze dell'ordine, 1968

la battaglia di valle giulia


SESSANTOTTOFILIPPO FRIGERIO
- 1 marzo 1968 -

«I giovani del Sessantotto, e quelli che sono venuti dopo, pensano che il mondo vada cambiato, cambiato con la violenza, ma non vogliono sapere perché, e come cambiarlo. Non vogliono conoscerlo, e dunque non vogliono conoscere se stessi»

Alberto Moravia

L’aria di rivolta sessantottina giunse, caso strano per una rivoluzione, anche in Italia e soprattutto nelle università, dove si iniziavano a mettere in discussione l’operato dei docenti e i metodi di insegnamento e di valutazione ritenuti ormai obsoleti e ricambiati con conseguenti boicottaggi delle lezioni. Il mese di febbraio di quell’anno fu segnato dalle numerose iniziative politiche che si svolgevano all’interno delle facoltà italiane, iniziative spesso coordinate dai docenti degli atenei stessi.

La proverbiale goccia che fece traboccare il vaso fu l’occupazione della facoltà di Architettura della Sapienza di Roma, ospitata nella sede distaccata di Valle Giulia, tra il quartiere Flaminio e Parioli, dove per tutto il mese erano stati organizzati diversi eventi di “controcultura”. In seguito alla sua occupazione, il 29 febbraio, su chiamata del rettore Pietro Agostino D’Avack, l’università venne sgomberata e presidiata dalle forze dell’ordine.

Il giorno seguente circa 4000 studenti, universitari e liceali, si riunirono in Piazza di Spagna, per poi partire alla volta della facoltà di Architettura. Non era stato preparato un piano d’azione ma l’obiettivo era quello di recarsi in facoltà in cerca di una sede dove riunirsi per svolgere l’assemblea che aveva, in quei mesi, una fondamentale importanza: le tradizionali associazioni studentesche, infatti, non riuscivano a controllare il movimento e le iniziative venivano prese dai comitati di agitazione, anche se la decisione finale spettava sempre all’assemblea generale. Vi era un totale rifiuto alla partitizzazione del movimento.

Il corteo giunse davanti alla gradinate della facoltà di Architettura, dove la scintilla fra studenti e forze dell’ordine si accese in breve tempo: dopo qualche momento di silenzio e immobilità, dalla massa degli studenti cominciarono a partire le prime invettive e i primi lanci di uova, mentre dall’alto della scalinata lo schieramento di polizia si mosse, di corsa, a passo di carica. Incominciò così quella che venne rinominata la Battaglia di Valle Giulia.

Ciò che rese gli scontri di Valle Giulia così rilevanti fu la reazione degli studenti alle cariche della polizia. Quel giorno gli studenti non indietreggiarono, ma si armarono con sassi e bastoni per fronteggiare i manganelli della polizia. La “battaglia” durò un paio d’ore, fino all’intervento degli idranti accompagnati dal fitto lancio di lacrimogeni. Al termine degli scontri, vennero registrati 148 feriti tra le forze dell’ordine e 478 tra i giovani studenti. Ci furono 4 arrestati e 228 fermati. Otto automezzi della polizia furono incendiati e cinque pistole sottratte agli agenti di polizia.

Poco dopo la fine degli scontri parlò il Ministro dell'Interno, il democristiano Paolo Emilio Taviani. Rivolgendosi alla Camera dei Deputati il ministro difese l'operato della Polizia, espressione delle istituzioni dell'Italia democratica in senso ampio. Nel suo discorso rievocò la debolezza della forza pubblica in occasione della Marcia su Roma del 1922 e dall'opportunità lasciata al fascismo in quel frangente. Queste parole provocarono la risposta dell’ala comunista che apostrofò i membri del Governo come una "manica di fascisti" per la brutalità dell'intervento della forza pubblica. A riportare la calma fu uno dei massimi protagonisti dell'antifascismo italiano, l'allora Vicepresidente della Camera Sandro Pertini.

Mentre le urla e le accuse dei rappresentanti in Parlamento si spegnevano, i comitati studenteschi si davano appuntamento per il giorno seguente in Piazza del Popolo, per una manifestazione che si svolgerà senza registrare particolari incidenti. Si sperava, in questo modo, di aver raggiunto una tregua.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Nanni Balestrini, Primo Moroni "L'orda d'oro (1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale)"