di Giacomo Tommasi

IL SESSANTOTTO GIAPPONESE

Scene di guerriglia, rivolte cittadine, scontri con le forze dell’ordine, arresti e soprusi; erano immagini purtroppo all'ordine del giorno in numerose città americane durante gli anni sessanta, sferzati da disparità razziale ed economica, divisioni sulla Guerra del Vietnam, e ribellioni culturali contro lo status quo.

Tuttavia, gli Stati Uniti non furono l’unica realtà violentata da agitazioni sociali durante gli anni sessanta. Movimenti studenteschi e di sinistra si formarono e attivarono, infatti, in moltissime parti del globo come avvenne, per esempio, in Giappone, dove si registrarono verso la fine della decade, alcune delle più sanguinose e drammatiche battaglie tra contestatori e autorità.

Uno degli eventi simbolicamente più rilevanti di quegli anni, infatti, si verificò nell'ottobre del 1967, quando all'Aeroporto di Haneda, durante una protesta dello Zengakuren - la federazione giapponese delle associazioni degli studenti autonomi – volta a impedire la visita del primo ministro Sato nel Vietnam in guerra, venne ucciso uno studente dell’Università di Kyoto, Hiroaki Yamazaki. Seicento manifestanti rimasero feriti, cinquantotto gli arrestati.

Nel 1967-1968, la guerra del Vietnam costituì uno dei motivi centrali delle rivolte studentesche e delle altre spettacolari manifestazioni contro ospedali americani, basi militari, convogli di munizioni e navi da guerra che facevano scalo nei porti giapponesi.

Già nell'estate nel 1967, tuttavia, nel villaggio dei contadini della fertile spianata di Narita, si era verificata la celebre e così ridenominata “battaglia dei cocomeri”, che aveva visto contrapposti il governo giapponese, intenzionato a far di quella quieta landa il nuovo grande aeroporto di Tokyo, e i contadini ivi residenti e stanziati. Questi ultimi, vedendo sempre più spesso funzionari governativi e agrimensori aggirarsi nelle loro terre, ben presto si resero conto che tutta la loro vita sarebbe stata travolta da questa gigantesca infrastruttura di cemento e acciaio che non avrebbe dato scampo alla loro attività contadina.

Fu per queste ragioni che si formò l’Hantai Domei, la Lega contadina contro la costruzione dell’Aeroporto di Narita. E fu così che prese il via la resistenza.

In quell’estate del ‘67 vi furono, dunque, feroci scontri, contestualmente ai quali iniziarono a diffondersi immagini di poliziotti intenti a distruggere i cocomeri, simbolo e frutto del duro lavoro nei campi di intere comunità contadine. Il risentimento e l’indignazione raggiunsero così picchi altissimi e le tensioni si acuirono sempre di più.

Fu in tale clima che gli studenti militanti dello Zengakuren decisero di unirsi alle rivolte a sostegno della classe contadina. Giunsero, così, da Tokyo e vennero ricevuti dai capi dell’Hantai Domei.

Se fino a quel momento le rivolte contadine, seppur simbolicamente potenti, si erano limitate ad atti di resistenza meno organizzati e meno decisi, con l’arrivo di questi studenti armati di lunghe aste di bambù e con gli elmetti bianchi in testa, si cominciò a fare sul serio, dando realmente filo da torcere al “nemico”.

Il movimento studentesco era guidato da Honda Nobuyoshi, leader della frazione più estrema e dura dello Zengakuren, la Chukaku-ha, in voga alla Hosei University. Di orientamento antistalinista, in rotta col partito comunista giapponese e con i socialisti, questo gruppo si trovò spesso in conflitto persino con altre fazioni del movimento stesso, al punto che, della morte di Honda nel 1975 avvenuta in circostanze misteriose, vennero accusati i membri di una fazione interna alla Lega degli studenti. Da quel momento ebbe inizio una lunga faida interna.

Nell’autunno, dunque, si registrano terribili scontri fra migliaia di poliziotti e gruppi studentesco-contadini che combatterono fianco a fianco in nome ed in difesa dei propri ideali oltreché dei propri diritti.

La violenta repressione delle forze armate, come spesso è accaduto e come spesso accade tutt’oggi, non fece altro che saldare sempre di più il legame fra le diverse componenti del movimento di resistenza.

Si arrivò, così, tra gli scontri tesi già in atto, al 1968, anno cardine, che vide esplodere immediatamente l’affaire Enterprise, la portaerei americana diretta in Vietnam e decisa a fare scalo nel porto giapponese di Sasebo.

Ovviamente questo non poteva essere accettato da coloro i quali facevano dell’antiamericanismo e del sostegno al Vietnam, nell’ottica di una cessazione del conflitto nel Sud-est asiatico, alcuni dei loro ideali principali. Fu così che il 19 gennaio 1968 violenti scontri si verificarono prima a Tokyo e poi nella stessa Sasebo. Gli Zengakuren assediarono la base statunitense e alcuni riuscirono persino a penetrarvi all’interno.

La portaerei fu, pertanto, costretta a rinunciare all’attracco e a gettare l’ancora al largo della costa giapponese.

Altro assedio celebre fu quello promosso contro l’ospedale di Oji da parte del movimento.

In febbraio si riaccesero gli scontri nelle campagne di Chiba dove, alla fine delle rivolte, si contarono circa 1380 feriti e 32 arresti. La storia si ripeté presso la base americana di Okinawa, dalla quale i B52 americani decollavano carichi di bombe e diretti al Vietnam del Nord. Anche in tale occasione le manifestazioni furono decise e violente.

Il clima di tensione si diffuse molto rapidamente in tutto il Paese, andando a coinvolgere le università e le scuole del Giappone intero. Ma non si allargarono soltanto gli orizzonti spaziali, bensì anche le tematiche oggetto delle proteste portate avanti dal movimento: scuola, lotta al capitalismo, università, critica delle privatizzazioni, sostegno all’indipendenza vietnamita, diritti di studenti e contadini divennero i temi centrali delle manifestazioni del ’68 giapponese.

L’apice si ebbe a fine ottobre del 1968, quando si registrò un vero e proprio assalto a Tokyo. Il movimento studentesco, ai quali si unirono persino gli operai, attaccò il Parlamento, l’ambasciata americana, la stazione ferroviaria di Shinjuku e la sede centrale della polizia. Nello stesso momento più di trecento focolai di rivolte si alimentarono in tutto il Paese. Più di un milione di giovani scesero nelle piazze per alzare alta la voce delle proprie rivendicazioni.

Di tutto questo l’Occidente sentì solamente parlare, rimanendone una realtà distante e separata.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- '68. Ce n'est qu'un debut - Storie di un mondo in rivolta, Paolo Brogi, Reggio Emilia, 2017;

- Against the State: Politics and Social Protest in Japan, David E. Apter, Nagayo Sawa, Cambridge Massachusetts and London, 1984;

- Zengakuren Zenkyoto, Stefano Bellieni, Milano, 1969;

- Una estate a Sanrizuka, Shinsuke Ogawa, Roma, 1970;

- Film: "Un'estate a Narita" di Shinsuke Ogawa;

- Film: "Narita: The Building of the Iwayama Tower" di Shinsuke Ogawa.