di Filippo Frigerio

IL MOVIMENTO FEMMINISTA

«Mi sembrava che il mondo stesse cambiando, che tutto attorno a noi cambiava e quindi cambiavo anch'io. E sovvertivo delle regole».

(Silvana Pisa)

Per parlare del femminismo in relazione al Sessantotto è necessario ricollegarsi all'introduzione che ha aperto questa rubrica, nella quale il femminismo veniva indicato come il movimento che «rappresenta forse la critica più forte e riuscita del Sessantotto». Questo perché il movimento femminista fu quello che, più di ogni altro, oltrepassò la breccia culturale del 1968 e continuò ad espandersi, a crescere e a farsi più potente nei decenni successivi.

Il movimento delle donne fu la critica più radicale mossa dal Sessantotto, nonché il suo pieno compimento. Fu una critica potente perché il Sessantotto, nelle sue varie sfaccettature, fu un movimento prevalentemente maschile, per lo meno nei suoi protagonisti: il carattere maschile si manifestava non solo nelle leadership, ma anche nel suo linguaggio, nei suoi tempi, nelle relazioni umane che incorporava. Soprattutto, quando il discorso veniva trascinato sul terreno politico, finiva per minare le organizzazioni tradizionali, riproducendone dinamiche specificamente maschili. Il femminismo, invece, si pose fin dal suo primo apparire non soltanto come critica della politica, ma come rifiuto della separazione tra la politica e la vita sociale e in questo senso ebbe il ruolo, si potrebbe dire, come “contestazione della contestazione”.

Comunque, possiamo anche leggerlo, allo stesso tempo, come compimento ultimo e radicalizzazione della contestazione, come la realizzazione del Sessantotto. Il movimento delle donne, infatti, celava in sé l’insegnamento principale del Sessantotto: la critica del potere e dell’autorità - vero nodo cruciale di quel movimento - nel cuore dell’esistenza sociale, all'interno della cellula originaria della dimensione antropologica: il rapporto uomo-donna. Poneva, cioè, in discussione la questione della differenza tra i corpi e quella, ad essa strettamente interconnessa e implicita, del rapporto di potere e di possesso sui corpi. Il femminismo, in sostanza, affrontava il Sessantotto attraverso la categoria del potere quotidiano, ponendo un problema originario che coinvolgeva la struttura di organizzazione e disciplinamento sociale primario: la famiglia.

Il movimento delle donne realizzò il superamento della problematica tradizionale emancipazione/parità, non per abbandonarla, ma per coniugarla con l’altro binomio fondamentale: liberazione/differenza. Una volta presa coscienza della potenza del movimento, il femminismo mise definitivamente al centro del proprio pensiero e dei propri obiettivi la sfera della riproduzione e della sessualità. Abolita l’esclusione dal diritto di voto e, almeno in parte, lo sfruttamento economico, molte donne continuavano a percepire gravi ingiustizie nella sfera sociale e familiare. Le risposte delle femministe liberali sulla produzione e il lavoro e di quelle socialiste sui diritti giuridici e civili non erano più sufficienti: era necessario scavare fino alle radici del problema. E alla radice c’era la supremazia maschile nella sfera della sessualità e della riproduzione: una differenza biologica, anatomica, fisiologica e sessuale, che era stata trasformata in una differenza di ruoli sociali e familiari, in un destino ineluttabile.

Le conseguenze degli slanci femministi e delle contestazioni del Sessantotto furono cambi tangibili per tutte le donne: portarono a pensare in modo differente il proprio corpo, alla libertà del piacere slegato dalla riproduzione, alla liberazione dalla funzione materna come destino inscritto nel corpo femminile. La dimensione di emancipazione, inoltre, non si esaurì con la fine degli anni Sessanta, ma diede luogo ad una lunga serie di conquiste normative e giuridiche che, per restare al solo ambito italiano, misero capo ad una nuova legislazione destinata a modificare profondamente la vita sociale e democratica del nostro paese. Dalla promulgazione della legge sul divorzio (1970) al nuovo diritto di famiglia (1975), dalla istituzione dei consultori familiari (1975), alla legge del 1977 sulla parità nel lavoro, fino ad arrivare alla legge di regolamentazione dell’aborto del 1978, confermata con referendum nel 1981. Basta una superficiale lettura di questa normativa per rendersi conto come essa riguardasse tematiche e problemi della condizione femminile e in generale della società, di diverso spessore.

Tuttavia, non è unicamente a questo orizzonte della democrazia formale e della codificazione legislativa che occorre guardare per comprendere il Sessantotto delle donne. Si trattò di una vera e propria rivoluzione culturale di lungo periodo e di profonda incidenza sulla vita e sul suo significato, della quale osserviamo ancora oggi le conseguenze. L'essenza del Sessantotto non è concepibile senza il nucleo fondamentale della contestazione femminista. Così come è impensabile l’intero sviluppo successivo al Sessantotto, l’ultimo cinquantennio di lotte per i diritti civili, senza la forza dirompente del femminismo. Inoltre, il movimento delle donne introduceva un importante elemento: la pratica nonviolenta, che permetteva di spostare enormi quantità di potere sociale senza un solo gesto violento, senza quell'elemento che aveva ampiamente caratterizzato quegli anni di fermento sociale.

La libera espressione della differenza femminile evocava la possibilità che gli oppressi, liberandosi, potessero liberare anche gli oppressori. In altri termini la promessa più vera del Sessantotto delle donne riguarderebbe la possibilità di aprire gli spazi ad una libertà maschile estranea alle logiche del potere e della violenza.

Per concludere, possiamo dire che il Sessantotto fu un anno che ebbe l’importanza di un’epoca, centrale per la conquista di quei diritti che ci permettono, oggi, di definirci multiculturali e di vivere in un mondo dove la parità e la giustizia sociale non sono più solamente un miraggio, ma tappe conquistate di un percorso di cui, seppur ancora in lontananza, si riesce a intravedere il traguardo.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Mary Daly, "La Chiesa e il secondo sesso", Rizzoli, 1982.

- Kate Millett, "Sexual Politics", Rupert-Hart Davis, 1970.

- Documentario "Le ragazze del '68": https://www.raiplay.it/programmi/leragazzedel68/