di Barbara Schirato

La libera circolazione dei capitali

La libera circolazione dei capitali è una delle quattro libertà fondamentali del mercato unico dell’Unione Europea, la più ampia - in virtù della sua dimensione extra-UE - e quella di più recente introduzione, essendo stata introdotta soltanto nel 1994 con il trattato di Maastricht, ma comunque in progressivo e costante ampliamento. Si tratta di un principio dall'efficacia diretta, che non necessita di ulteriori interventi normativi né a livello di UE né di Stati membri. La libera circolazione dei capitali sostiene l’euro, il mercato unico e integra le altre tre libertà. Essa ha ricoperto e ricopre un ruolo fondamentale per la crescita e lo sviluppo economico, garantendo un investimento dei capitali efficiente e senza restrizioni, nonché un consolidamento dell’euro come valuta internazionale. La promozione dell’Unione economica e monetaria (UEM) affonda le sue basi in questo principio, e il ruolo dell’UE all’interno di uno scenario economico globale è sostenuto profondamente da tale liberalizzazione. Attualmente l'articolo 63 TFUE vieta tutte le restrizioni ai movimenti di capitali e ai pagamenti tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi.

Le uniche istanze che fanno eccezione a questo importante principio, e che dunque definiscono delle restrizioni alla circolazione di capitali, sono regolate dall’articolo 65. Esse comprendono: 1) le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione nazionale (in particolare nel settore fiscale e in materia di vigilanza prudenziale sui servizi finanziari); 2) le procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a fini amministrativi o statistici; e 3) le misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Quest’ultimo caso è di particolare interesse, in quanto è stato invocato durante la crisi della zona euro, quando Cipro (2013) e la Grecia (2015) sono stati costretti a introdurre controlli sui movimenti di capitale al fine di impedire un deflusso incontrollabile dei capitali. In aggiunta a ciò, l'articolo 144 TFUE autorizza, nel quadro dei programmi di assistenza relativi alla bilancia dei pagamenti, l'adozione di alcune misure di salvaguardia in caso di improvvisa crisi o di difficoltà potenzialmente compromettenti per il mercato interno. Tale clausola è comunque disponibile soltanto per gli Stati membri non appartenenti alla zona euro. Infine gli articoli 75 e 215 TFUE stabiliscono la possibilità di applicare sanzioni finanziarie al fine di prevenire e contrastare il terrorismo o per motivi di sicurezza comune.

I mercati dei capitali in Europa, nonostante i numerosi progressi compiuti nel corso degli ultimi cinquanta anni, sono rimasti in gran parte frammentati, motivo per cui nel 2015 la Commissione ha avviato la sua iniziativa faro, nota come “Unione dei mercati dei capitali”, come uno dei pilastri del piano di investimento per l’Europa. Il perché di questa scelta? Citando il documento ufficiale: “L'economia europea ha le stesse dimensioni di quella statunitense, ma i mercati degli strumenti di capitale in Europa corrispondono a meno della metà dei loro omologhi statunitensi, e i mercati del debito a meno di un terzo. Il divario tra gli Stati membri è persino superiore a quello tra l'Europa e gli Stati Uniti. Mercati dei capitali più integrati consentiranno guadagni di efficienza e sosterranno la capacità dell'Europa di finanziare la crescita.”

L’obiettivo principale di questa integrazione è ovviamente rafforzare l’Unione economica e monetaria e rendere il sistema finanziario più stabile, permettendo una migliore ripartizione dei rischi finanziari fra i diversi Stati e una condivisione dell’impatto di eventuali shock. Inoltre è nell’interesse della Commissione la sospensione degli attuali trattati bilaterali di investimento (TBI) intra-UE (molti dei quali esistevano già prima dei più recenti allargamenti dell’Unione), in quanto ostacoli al raggiungimento del mercato unico, ed in quanto impedimenti all’applicazione del diritto europeo, poiché i loro meccanismi di arbitrato escludono sia i tribunali nazionali sia la Corte di giustizia dell’Unione europea.

Per quanto riguarda invece il ruolo del Parlamento Europeo, esso ha adottato una posizione molto definita: pur supportando fermamente l’importanza della liberalizzazione dei capitali, ha sottolineato che dovrebbe essere reso più favorevole il movimento dei capitali all’interno dell’Unione rispetto al resto del mondo, in modo che i risparmi europei alimentino in via prioritaria gli investimenti dell’Europa. Oltre a ciò, il Parlamento ha ritenuto che la libera circolazione dei capitali dovrebbe comunque essere accompagnata da una progressiva liberalizzazione dei servizi finanziari, da una integrazione totale nel campo della legislazione fiscale, facendo quindi intendere che la creazione di un mercato unico dei capitali possa essere efficiente solo insieme ad un mercato finanziario europeo unificato.