L'Iraq di Saddam Hussein

ANDREA BERNABALE
LE MILLE E UNA NOTTE

L'IRAQ DI SADDAM HUSSEIN

«Popolo americano: ho tuttora l'impressione che i vostri governanti vi stiano ancora mentendo e non vi abbiano detto le vere ragioni che li hanno indotti ad aggredire l'Iraq.»

(Saddam Hussein, 7 luglio 2006)

saddam hussein
Saddam Hussein

Il colpo di Stato del 1968 in Iraq segna l'inizio dell'autoritario regime di Saddam Hussein, che dominò incontrastato la politica irachena fino all'invasione statunitense del 2003. Per circa 30 anni governò l'Iraq con il "pugno di ferro", eliminando ogni tipo di opposizione o voce di dissenso mentre, in politica estera, adottò una politica aggressiva e bellicosa nei riguardi dei Paesi confinanti, dalla quale ne scaturirono due guerre del Golfo e la logorante guerra con l'Iran sciita.

Ufficialmente al potere dal 16 luglio 1979, giorno in cui assunse la presidenza dell'Iraq che finora aveva servito solo come vice-presidente, ingaggiò una serie di epurazioni interne al partito Ba'ath, partito socialista e nazionalista iracheno del quale ne era alla guida.

Nello stesso anno, il cambio di regime in Iran con l'instaurazione della teocrazia e una scaramuccia di confine posero le premesse per l'invasione irachena dell'Iran nel settembre 1980; un guerra che si rivelò un errore di calcolo di Saddam, secondo il quale sarebbe stato un conflitto "lampo". Si rivelò, invece, un logorante conflitto durato 8 anni con ampie ripercussioni sull'economia irachena. Al termine della guerra, nel luglio 1988 l'Iraq registrava 80 miliardi di dollari di debito nei confronti di Kuwait, Arabia Saudita, Francia, URSS e Giappone.

Tra il 1988 e il 1990, invece, Saddam fronteggiò le ribellioni curde, minoranza etnica presente in Iraq aspirante alla creazione di uno Stato curdo, che furono però brutalmente represse.

Fu poi la volta del Kuwait, che fu grande finanziatore dell'Iraq durante la guerra contro l'Iran. Proprio in virtù di ciò, l'Iraq era impossibilitato a ripagare il debito di 14 miliardi di dollari al Kuwait. Ad esso si aggiungeva la guerra economica petrolifera tra i due Stati: l'Iraq, infatti, accusava il Kuwait di produrre quantità di petrolio superiori a quanto stabilito dall'OPEC, decretando così un abbassamento del prezzo del petrolio che finiva per determinare minori entrate nelle casse irachene, anch'esso grande esportatore di petrolio. Infine, l'Iraq accusava il Kuwait di perforare nella regione della Rumalia, regione al confine tra i due Stati ma appartenente all'Iraq.

Le tensioni portarono all'invasione irachena del Kuwait nell'agosto 1990 e l'inizio della prima guerra del Golfo. Il conflitto, durato appena 43 giorni, vide l'intervento statunitense a fianco del Kuwait nell'operazione Desert Storm e nel quale furono scaricate tra le 99mila e le 140mila tonnellate di esplosivo sul suolo iracheno che riportarono l'Iraq a uno stato pre-industriale.

Al termine del conflitto, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approvò la risoluzione 671, che imponeva all'Iraq sanzioni economiche ed embargo oltre allo smantellamento del programma bellico iracheno, ovvero, lo smantellamento di tutti i missili a media e lunga gittata e di tutte le armi chimiche, biologiche e nucleari.

Un'altra risoluzione permetteva ispezioni di delegati ONU per verificare se il programma di smantellamento fosse rispettato.

La risoluzione 986, invece, permetteva all'Iraq esportazioni di petrolio per un valore non superiore all'1.6 miliardi di dollari ogni 6 mesi.

Nel 1998, l'ONU aveva distrutto il 95% dell'arsenale bellico iracheno, anche se l'Iraq sosteneva che l'intero arsenale fosse stato distrutto.

Le sanzioni ebbero, invece, un effetto devastante nell'economia irachena: finirono per distruggere il sistema sanitario, causando il proliferare di malattie e malnutrizione che, a loro volta, causarono un notevole incremento del tasso di mortalità infantile. Altrettanti problemi si riscontrarono nelle forniture elettriche, nel sistema educativo, nel sociale e, ovviamente, nell'industria. In 13 anni contribuirono alla morte di oltre un milione di civili. Due coordinatori delle sanzioni ONU all'Iraq - Denis Halliday nel 1998 e Han von Sponeck nel 2000 - diedero le loro dimissioni in segno di contrarietà alle sanzioni.

In seguito all'attentato dell'11 settembre 2001 alle Torri Gemelle, gli USA adottarono una politica estera più interventista. Ristabilirono una commissione di ispezione, monitoraggio e verifica di armi di distruzione di massa in Iraq, molto più invasiva rispetto a quella di 10 anni prima, nonostante l'Iraq avesse più volte dichiarato che l'intero arsenale fosse stato distrutto. Tuttavia, l'Iraq non riuscì a dare sufficienti prove della distruzione di quel rimanente 5%, anche se la stessa commissione d'ispezione non riuscì a trovarlo e quindi provare, a loro volta, l’esistenza dell’arsenale bellico, chiedendo più tempo per maggiori ispezioni.

USA e Gran Bretagna rifiutarono di aspettare il consenso dell'ONU per un intervento militare e intrapresero un'offensiva bellica accusando l'Iraq di possedere armi di distruzione di massa. Il 9 aprile 2003 cadde Baghdad, Saddam sarà invece giustiziato il 30 dicembre 2006. Le armi di distruzione di massa non furono mai trovate.