di Barbara Schirato

LA DICHIARAZIONE BALFOUR

«Il governo di Sua Maestà vede con favore la costituzione in Palestina di un focolare nazionale per il popolo ebraico, e si adopererà per facilitare il raggiungimento di questo scopo, essendo chiaro che nulla deve essere fatto che pregiudichi i diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche della Palestina, né i diritti e lo status politico degli ebrei nelle altre nazioni»

Emanata il 2 novembre 1917, la Dichiarazione Balfour fu un documento breve ma dalla straordinaria importanza, che si rivelò causa di grandi cambiamenti nel corso del Ventesimo secolo. Si tratta di una lettera, inviata dal Ministro degli esteri britannico Arthur Balfour a Lord Rothschild, principale rappresentante della comunità ebraica inglese e del movimento sionista, in merito alla spartizione dell'impero Ottomano in seguito alla prima guerra mondiale. Essa sanciva l'impegno, da parte della Gran Bretagna, a supportare l'istituzione di una national home per il popolo ebraico in Palestina, nel rispetto delle comunità non ebraiche presenti nella regione.

A quel tempo gli ebrei in Palestina rappresentavano poco più del 10% della popolazione: circa 60.000 ebrei a fronte dei più di 600.000 arabi. Ciononostante, il Regno Unito scelse di riconoscere il diritto di autodeterminazione nazionale all'incontestabile minoranza. Lo scrittore ebreo Arthur Koestler riassunse la situazione venutasi a creare nel 1917 con un brillante gioco di parole: «c’era una Nazione che promise ad un'altra Nazione la terra di una terza Nazione». Le ragioni di tale decisione sono state a lungo dibattute dagli storici senza però trovare una risposta univoca e condivisa: se inizialmente la presa di posizione di Lord Balfour fu ritenuta un gesto disinteressato, dettato da un romanticismo biblico, ovvero dalla volontà di restituire ad un popolo troppe volte oppresso la propria patria ancestrale, i resoconti successivi si focalizzarono principalmente sull’analisi ragioni delle finalità concrete della realpolitik Britannica.

In seguito all'accordo diplomatico noto come “Sykes-Picot” – firmato da Gran Bretagna e Francia il 16 maggio 1916, trattato segreto in cui le due potenze pianificavano la spartizione del Medio Oriente – la Palestina, che faceva gola ad entrambe e che rappresentava una via di comunicazione importante fra la Gran Bretagna e le sue colonie in estremo Oriente, fu definita come terra di compromesso e di amministrazione internazionale. In questo contesto, l'appoggio inglese al progetto sionista può essere letto come un desiderio di garantirsi una presenza preponderante in Palestina volto ad una progressiva marginalizzazione dei Francesi. Ciò che poi rese vincolante il documento, fu la scelta di allegarlo ufficialmente, nel 1922, al mandato britannico sulla Palestina sancito dalla Società delle Nazioni.

Fu soltanto in questo momento che venne a galla l'ambiguità insita nel testo della dichiarazione: la Gran Bretagna sosteneva di appoggiare la creazione di un territorio nazionale, ma non di legittimare uno Stato indipendente a scapito degli Stati protettori o delle nazioni che già occupavano il territorio. Tuttavia, agli occhi del mondo ebraico in cerca di un proprio Stato territoriale in seguito alle persecuzioni antisemite e ai pogrom dell’Europa centro-orientale, la dichiarazione Balfour segnò l'inizio di migrazioni massicce, legalmente autorizzate e non, nei territori della Palestina, che proseguirono durante tutto il Novecento.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Link al documento originale: https://mfa.gov.il/…/guide/pages/the%20balfour%20declaratio…

- Arthur Koestler, Promise and Fulfillment - Palestine 1917-1949, Scholar’s Choice, 2015.

- Elizabeth Monroe, Britain's moment in the Middle East, 1914-1971, John Hopkins University Press, 1981.

- Documentario RaiStoria Dichiarazione Balfour: le origini di Israele: https://www.raiplay.it/…/Passato-e-presente---DICHIARAZIONE…