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IL CANALE CONTESO



LATINOAMERICANAGABRIELE PATO

Il 25 settembre 1513 il conquistador castigliano Vasco Núñez de Balboa con un drappello di uomini al suo seguito, dopo aver attraversato l’istmo, scoprì l’esistenza di un oceano tra il Nuovo Mondo dall’Asia e lo chiamò Mare del Sud. Solamente sette anni dopo, nel 1520, Ferdinando Magellano riuscì a trovare un passaggio navigabile verso questo oceano mai solcato dalle navi europee e, da quel momento, lo Stretto di Magellano restò la principale via marittima per raggiungere l’Asia orientale dall’Oceano Atlantico per più di quattro secoli. Curiosamente, nello stesso anno dell’impresa di Magellano, l’esploratore Álvaro de Saavedra Cerón presentò la prima proposta di costruzione di un canale di Panama. Durante il XVI, XVII e XVIII secolo si susseguirono studi e proposte, più o meno realistiche, per la realizzazione di un canale in America centrale, ma fu soltanto dopo l’apertura del Canale di Suez, nel 1869, che il governo della Colombia – a cui Panama apparteneva – diede l’avvio agli studi necessari per la costruzione.

Negli anni Ottanta dell’Ottocento l’impresa francese che si era occupata della realizzazione del canale di Suez, guidata da Gustave Eiffel, avviò gli scavi, ma nel 1889 fallì per motivi tecnici e di finanziamento. In seguito, il Canale di Panama divenne un affare prettamente statunitense. Nel 1901 USA e Colombia strinsero un accordo che prometteva al governo nordamericano non soltanto la realizzazione, ma anche la gestione del canale per i 100 anni a venire. Due anni dopo, la Colombia decise di rompere il contratto e gli Stati Uniti reagirono fomentando e foraggiando una rivolta armata a Panama, ottenendone l’indipendenza sotto la propria protezione. Un nuovo trattato venne stipulato nel 1903 e in quattro anni iniziarono i lavori, che terminarono con il passaggio della prima nave il 15 agosto 1914. Il contratto del 1903 ebbe conseguenze fondamentali per la storia futura dell’America centrale, poiché garantiva agli USA la gestione del canale ad interim, il controllo di una fascia di sicurezza larga 10km a nord e a sud dello stesso e, soprattutto, la protezione militare dell’intero territorio panamense. Il tutto in cambio del pagamento di una somma annuale e della garanzia di pari trattamento per le imbarcazioni battenti qualsiasi bandiera.

La relazione di forte subordinazione provocò uno stato di tensione permanente, che culminò in scontri di piazza nel 1960 e, nel gennaio 1964, in gravi violenze dovute, in linea ufficiale, all’esposizione delle bandiere nazionali nelle sedi istituzionali lungo le coste del canale. Gli scontri del “Giorno dei Martiri” portarono alla morte di 21 panamensi e 4 poliziotti americani e alla chiusura dell’ambasciata USA a Panama City. Dopo lunghe trattative, il 22 giugno 1964 venne stipulato un accordo che permise di riprendere le relazioni diplomatiche: dal 31 dicembre 1999 la sovranità sullo stretto sarebbe passata a Panama, mantenendo gli accordi precedenti riguardo neutralità e difesa militare. Poi, nel 1968, la situazione precipitò: la Guardia Nazionale prese il potere con un golpe, destituendo il presidente neoeletto Arnulfo Arias Madrid, istituendo una giunta di governo militare e sospendendo i diritti civili. Per i due anni successivi il paese precipitò nel caos: la Federazione degli Studenti, insieme ad altri gruppi democratici, portò avanti un’attività di guerriglia diffusa tanto nelle città quanto nelle aree rurali, mentre l’esercito regolare represse le proteste attraverso arresti indiscriminati, uso della tortura, esili forzati ed omicidi politici.

In questo periodo si svolse, parallelamente, una guerra interna alla Junta Militar, dalla quale Omar Efraín Torrijos uscì detentore del potere assoluto. Nel 1970 il governo di Torrijos ripudiò l’accordo sul canale del 1964, riprendendo le negoziazioni con il segretario di stato Henry Kissinger. Grazie alla mediazione delle Nazioni Unite, in seguito a sette anni di trattative si arrivò agli accordi Torrijos-Carter, approvati nei rispettivi paesi tramite referendum e applicati ufficialmente dal 1979. In questo documento, veniva confermato il passaggio di sovranità al 31 dicembre 1999, si cedeva la gestione del canale ad un comitato misto (4 panamensi e 5 statunitensi), entrambi gli stati si impegnavano alla difesa del canale e al mantenimento della sua neutralità e Panama avrebbe ricevuto un indennizzo di 10 milioni di dollari e la restituzione del 60% delle terre e delle infrastrutture lungo il canale.

Nonostante i numerosi tentativi di colpo di Stato, Torrijos riuscì a mantenere il potere fino alla propria morte, avvenuta in un incidente aereo nel 1981. Il suo decennio di governo ebbe un carattere marcatamente populista e si concentrò sullo sviluppo economico e sociale delle classi inferiori, promuovendo la ridistribuzione dei terreni agricoli, l’inaugurazione di un gran numero di scuole, progetti infrastrutturali ed un’economia spiccatamente liberale che permise a Panama di trasformarsi in un paradiso fiscale. Alla sua scomparsa, Rubén Darío Paredes ereditò la presidenza, ma gran parte del potere passò nelle mani del generale Manuel Noriega, il quale propose un’alleanza agli USA, li appoggiò in El Salvador e Nicaragua, accettò di accogliere lo Shah in esilio ma mantenne comunque un certo grado di indipendenza, discostandosi spesso dalle direttive statunitensi.

Le stesse forze che portarono Noriega al controllo della nazione misero la parola fine al suo governo. Nel 1987 diverse indagini giornalistiche fecero emergere ciò che la CIA sapeva danni, ovvero che il generale panamense fosse coinvolto nel traffico internazionale di cocaina. Nella notte del 19 dicembre 1989, 26000 unità delle forze speciali statunitensi intervennero a Panama con il duplice obiettivo di catturare il generale Noriega e imporre il rispetto del trattato Torrijos-Carter del 1977. Nonostante la rapida occupazione di tutti gli obiettivi strategici, Noriega riuscì a fuggire a ad ottenere rifugio nella Nunziatura Apostolica. Si consegnò il 31 gennaio 1990. L’operazione, mai dichiarata e condannata dall’ONU, portò a rivolte, saccheggi e alla morte di oltre 3000 persone. Noriega venne condannato a 40 anni di carcere in Nord America e ad altri 66 anni dai tribunali di Panama.

Durante Just Cause, il vincitore delle elezioni del 1989, Guillermo Endara, giurò come presidente all’interno della base USA di Fort Clayton e dichiarò conclusa l’esperienza della dittatura, proseguita ininterrottamente dal 1968. L’occupazione militare del canale proseguì per altri dieci anni, come da accordi, fino al 31 dicembre 1999, quando l’ultimo soldato statunitense lasciò Panama. Da allora, il canale di Panama ha mantenuto il suo status neutrale ed internazionale. Il costante aumento dei traffici, la stabilità del paese e la forte attrazione di capitali esteri hanno permesso di ampliare il canale, raddoppiandone la capacità. Il progetto venne approvato tramite referendum nel 2006 e le nuove chiuse furono inaugurate dieci anni dopo, evidenziando la straordinaria importanza strategica, finanziaria e commerciale di questo piccolo paese centroamericano.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- M. Noriega e Peter Eisner , “America's Prisoner: The Memoirs of Manuel Noriega”, Random House, 1997.

- Operazione Just Cause: http://www.history.army.mil/html/books/just_cause/index.html

- La costruzione del canale (VIDEO): https://www.youtube.com/watch…