La fine dell'Estado Novo in Brasile

MARCO BERTUCCIO

LA FINE DELL’ESTADO NOVO IN BRASILE

“Ho lottato contro la spoliazione del Brasile”

(Getulio Vargas)

Il 31 marzo 1964 il generale Humberto Branco depone il presidente Joao Goulart, mettendo ufficialmente fine alla parabola dell’ Estado Novo, e alla democrazia in Brasile.

Le vicende che portarono al colpo di stato militare del 1964 ebbero inizio 14 anni prima, con la rielezione a presidente di Getulio Vargas. Quando fu rieletto nel 1950, Vargas continuò la politica dirigista già intrapresa nel 1937, quando diede inizio alla creazione del cosiddetto “Estado Novo”.

Durante la presidenza Vargas, Joao Goulart, in qualità di ministro del Lavoro, promosse una serie di interventi sociali atti a convogliare il consenso dei ceti medi, della borghesia industriale e dei settori sindacalizzati verso la politica governativa, tra cui un rialzo del 100% dei salari minimi. Ma fu Il proseguire della politica di nazionalizzazioni ad incontrare, già in questa fase, la ferma opposizione degli Stati Uniti. In particolare, nel 1953, con la creazione della compagnia nazionale brasiliana Petrobras, Vargas diede inizio alla nazionalizzazione del settore petrolifero. Il 28 agosto 1954 Getulio Vargas si suicidò, lasciando una lettera di accuse ai settori brasiliani che avevano complottato contro di lui, in combutta con gli interessi statunitensi. A Vargas succedette uno dei più popolari presidenti brasiliani di questo periodo, Juscelino Kubitschek.

La grande crescita registrata in settori chiave dell’economia, fu sostenuta attraverso l’allargamento della spesa pubblica. La politica desarrolista del presidente, con un poderoso aumento della spesa statale, incontrò l’opposizione non solo di alcuni ambienti politici e sociali brasiliani, ma anche del Fondo Monetario Internazionale, con cui Kubitschek arrivò a rompere le relazioni nel 1961. L’avversione degli Stati Uniti verso questa fase politica brasiliana crebbe considerevolmente nel 1959, quando Kubitschek autorizzò l’invio di una missione commerciale a Mosca.

Dopo la breve presidenza di Janio Quadros, durata 7 mesi, nel 1961 Joao Goulart diventa presidente del Brasile. Il nuovo presidente proseguì il lavoro dei suoi predecessori sia per quel che concerne la politica fiscale, sia sul fronte delle nazionalizzazioni delle risorse minerarie e petrolifere brasiliane. Nel 1962 fu promulgata una legge che limitava il rimpatrio dei profitti delle compagnie estere al 10% del valore degli investimenti fatti nel paese, colpendo direttamente gli interessi statunitensi. Ma furono gli sforzi verso una totale sindacalizzazione dei lavoratori rurali che gli alienarono del tutto i favori dell’oligarchia latifondista brasiliana, perno di quell’area conservatrice che già da tempo andava mostrando una certa insofferenza verso le politiche intraprese dai presidenti “populisti”. Furono infatti i settori conservatori del paese ad ottenere un emendamento alla Costituzione che trasformava la repubblica da presidenziale a parlamentare, con ovvia limitazione dei poteri del presidente. Ma il referendum del 1963 bocciò la riforma, ratificando la continuità della forma presidenziale.

Grandi imprenditori, proprietari fondiari e quella che potremmo definire come “borghesia” finanziaria, si mobilitarono contro il presidente ingrossando le file dell’IBAD (Instituto Brasileiro de Accion Democratica), contando sull’appoggio sia della Chiesa che delle forze armate. A questo punto Goulart chiamò l’economista Celso Furtado a dirigere un piano triennale di sviluppo. Questo piano prevedeva misure molto impopolari, atte a combattere un’inflazione del 65% annuo, ma allo stesso tempo, attraverso l’imposizione fiscale progressiva e la riforma del latifondo incolto, toccava gli interessi più forti. Le ulteriori importanti misure di nazionalizzazione del petrolio e di espropriazione delle grandi proprietà incolte nel marzo del 1964, surriscaldarono un clima già molto caldo. Nelle idee di Goulart, l’ampliamento del diritto di voto, ora garantito anche agli analfabeti, serviva ad allargare il consenso popolare. Fu, nei fatti, l’ultima mossa del presidente.

Il 31 marzo 1964 un colpo di stato militare guidato dal generale Humberto de Alencar Castelo Branco, depose Goulart costringendolo all’esilio in Uruguay. La mattina dello stesso giorno arrivò anche l’approvazione del presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson. Secondo la registrazione di una telefonata tra quest’ultimo, il sottosegretario George Ball e il sottosegretario agli Affari Latinoamericani Thomas Mann, il presidente, informato di quanto stava accadendo in Brasile in quelle ore, disse “penso che dovremmo fare qualsiasi cosa per sostenere il golpe in atto”. Per il Brasile fu la fine di un’era. Per il regime militare l’inizio di un regno durato 21 anni.