di Sara Eleonori

LA “DRUG WAR” MESSICANA


In controtendenza rispetto al trend mondiale, negli ultimi decenni l’andamento del tasso di omicidi in Messico è aumentato esponenzialmente. Analogamente, la criminalità e le violenze sono aumentate in tutto il paese, specialmente dopo l’adozione di misure speciali mirate a combattere i cartelli della droga e il suo traffico verso gli Stati Uniti.

È stata così indetta la “guerra alla droga” dal presidente Felipe Calderón nel 2006 con lo scopo di ridurre la violenza legata al traffico illecito di sostanze stupefacenti e smantellare il sistema dei cartelli. In pratica, la guerra alla droga ha comportato una forte militarizzazione di tutto il paese e una vera e propria caccia ai capi dei cartelli messicani. Come mostrano i dati e i fatti avvenuti nel paese, l’effetto prodotto non è stato quello desiderato e, al contrario, i tassi di criminalità in Messico hanno subito un incremento e continuano ancora ad aumentare. Sebbene nel 2018 il neoeletto presidente Andrés Manuel López Obrador abbia ufficialmente indetto la fine della guerra alla droga, nessun risultato concreto è stato riscontrato.

I cartelli della droga messicani sono nati intorno agli anni ottanta con lo scopo di gestire il traffico di droga provenienti dal Sud America (specialmente dalla Colombia) verso gli Stati Uniti. Importanti cartelli della droga infatti sono situati e controllano il territorio nel Messico settentrionale, vicino al confine. Oltre alla gestione illecita del traffico di droga, sono coinvolti in altre attività criminali per scopo di lucro o controllo del territorio.

Prima della guerra alla droga del presidente Calderón, i cartelli erano già operativi da decenni ma ne esercitavano loro attività quasi indisturbati grazie a vari accordi clientelari con i capi politici delle municipalità e del paese.

La scena politica messicana è stata dominata per anni dal partito Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI), il quale ha governato il paese per settant’anni ininterrottamente. Durante la leadership del PRI, i cartelli svolgevano le loro attività con maggiore tranquillità in quanto venivano stipulati accordi con i rappresentanti politici che assicuravano ai cartelli libertà di operare in cambio di tangenti. Questo sistema, seppur corrotto, ha mantenuto un buon grado di stabilità e livelli di criminalità percepita contenuti. Nel 2000, per la prima volta, il PRI perse le elezioni presidenziali contro il partito di destra, il Partito di Azione Nazionale (PAN). Fu eletto il presidente Vicente Fox e anche molte municipalità messicane cambiarono colore. Ciò rese la vita dei cartelli più difficile, impossibilitando il controllo delle plazas (piazze di spaccio), ma il vero e proprio cambio di corrente avvenne con la già citata vittoria del presidente Felipe Calderón alle elezioni del 2006, anche lui esponente del partito PAN.

Il territorio è stato fortemente militarizzato e i cartelli sono stati in parte indeboliti, specialmente grazie alla cattura dei principali capi, come il noto El Chapo. Nonostante ciò, i risultati ottenuti non sono stati quelli desiderati. Venute meno le figure principali dei cartelli, molte gang si sono ritrovate senza una vera e propria leadership e dunque senza un piano strutturato da seguire. Questo ha portato alla frammentazione dei cartelli e alla formazione di cellule di dimensioni più piccole che hanno continuato ad operare in uno stato di semi anarchia. Un’altra conseguenza collaterale dovuta alla cattura dei maggiori capi è stato l’innescarsi di una lotta tra cartelli per espandere il controllo sul territorio o appropriarsi dei profitti di cartelli più indeboliti. Infine, questa situazione ha fatto sì che diversi cartelli iniziassero a cimentarsi in attività criminali prima non praticate, solo per poter riacquistare potere e fare nuovi profitti.

La politica di Calderón è stata fortemente supportata dagli Stati Uniti, che da sempre spendono ingenti somme di denaro per cercare di arginare la produzione e il traffico di droga in America Latina. Malgrado il supporto americano e le risorse implementate dal governo messicano, la guerra alla droga ha fallito nel suo obiettivo primario: ad oggi l’economia messicana risente in molteplici dimensioni dell’impatto della criminalità. Il tasso di omicidi e il livello di criminalità sono peggiorati e la popolazione messicana è esposta ad alti livelli di violenza.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- Mazzitelli, A. (2015). Crimine organizzato e narcotraffico in Messico: cartelli e protomafie. In Atlante delle mafie (pp. 299-324). Rubbettino.

- Megaloni B. et al. The Economic Consequences of Drug Trafficking in Mexico, Stanford University