di Lorenzo Balma

Tocqueville: i rischi della rivoluzione democratica


“C’è forse qualcuno che può pensare che la democrazia, dopo aver distrutto il feudalesimo e aver vinto i Re, indietreggerà poi davanti ai borghesi e ai ricchi?”

Alexis de Tocqueville, La democrazia in America


Lo spirito con cui Tocqueville scrive “La democrazia in America” (la cui prima edizione venne pubblicata in due parti nel 1835 e nel 1840), che analizza in qualità di inviato del governo francese il sistema penitenziario statunitense, è il “costante assillo d’un unico pensiero: l’avvento prossimo, irresistibile, universale, della democrazia nel mondo”. Alfiere del pensiero liberal democratico, prima deputato e poi ministro degli Esteri, tratta la rivoluzione democratica come il fenomeno più duraturo e storicamente più continuo in atto in tutto l’Occidente, sotto il segno dell’uguaglianza delle condizioni, suo vero carattere distintivo.

La democrazia viene sottratta alla sua definizione di assetto politico e inizia ad essere studiata come specifico assetto sociale, caratterizzato dall’abbattimento delle barriere di ceto e dei privilegi dinastici - tipici delle società aristocratiche e del loro ordine statico - in favore di una mobilità sociale, di una legge di paritaria in cui “i ranghi si confondono, le barriere tra gli uomini si abbassano; si dividono le proprietà, si divide il potere, le intelligenze si eguagliano”.

La rivoluzione democratica andrà però educata, in modo tale da correggerne i difetti e risaltarne i pregi, attraverso una scienza politica nuova che purifichi i costumi, sostituisca la scientificità all’inesperienza, la conoscenza degli interessi agli istinti, l’adattamento dei governi secondo i tempi e i luoghi, la regolamentazione dello Stato attraverso la legge che riconosca i diritti universali e la sicurezza di poterli conservare.

La libertà viene riconosciuta come il valore fondamentale e antidoto alla tirannide, come altrettanto fondamentale sarà capire in che modo la libertà si traduca sul piano politico e sociale: “a seconda che avremo la libertà democratica o la tirannide democratica, il destino del mondo sarò diverso”. A questo proposito, Tocqueville esplora il problema della tirannide della maggioranza e dell’onnipotenza legale dei suoi elettori, infallibili perché maggioritari ed escludenti verso la minoranza, i quali potranno sovrastare politicamente l’altra parte della cittadinanza, sulla quale potrebbe essere esercitata pressione al conformismo sociale. È per questo motivo che la tirannide che nasce in seno alla democrazia può essere la forma più pericolosa di dispotismo: “il nuovo padrone non dice più: tu penserai come me o morirai; dice: sei libero di non pensare come me; la tua vita, i tuoi beni, tutto ti resta; ma da questo giorno tu sei uno straniero tra di noi.”

Un ulteriore rischio è il processo di spoliticizzazione che si insinua nelle nascenti democrazie, sintomo del crescente individualismo di cui le comunità democratiche sono affette. Le conseguenze generate da una massa atomizzata che preme per l’uniformità alle sue regole saranno il concepimento di un governo secondo l’immagine di un potere unico, provvidenziale e creatore in cui la sfera centrale del potere si estenderà senza sensibilità da ogni parte in maniera tentacolare. Ad un simile governo si accompagna la costruzione di uno Stato che fa perno su un vasto apparato burocratico, che contribuisce ad esercitare sulla popolazione un mite connubio tra il dispotismo amministrativo e la sovranità popolare. Quest’ultima fase rappresenta il subdolo capolavoro del dispotismo democratico: esercitare un potere unico, tutelare, onnipotente, ma eletto dai cittadini che “escono dalla dipendenza per designare il loro padrone, ma poi vi rientrano”, riducendo la propria libertà e sovranità ad una forma teorica.

Il solo rimedio a questa forma di libertà esteriore e ai mali che l’uguaglianza (sotto forma di conformità ai costumi della maggioranza) può produrre è la libertà politica. Tocqueville invita a guardare il modello americano, il sistema democratico più compiuto, in cui i principi di ordine, equilibrio dei poteri e di libertà, fanno da cornice ad un rispetto profondo del diritto. Le istituzioni promuovono concretamente la libertà dei cittadini e i diritti individuali tramite tre forze che incentivano il potere partecipativo dei singoli: le autonomie locali, le libere associazioni e la religione. La forza del sistema statunitense secondo Tocqueville, oltre ad una efficiente magistratura, è il non accontentarsi di una rappresentanza generale, ma comprendere che è necessario dare vita politica a ogni singola parte del territorio, in modo da moltiplicare le occasioni dei cittadini di agire insieme. Le vere prassi democratiche destinate a fare l’interesse dei cittadini saranno il decentramento amministrativo, le libertà delle comunità locali e le libere associazioni, che rappresenteranno vere e proprie palestre di libertà.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:

  • A. Tocqueville, Scritti Politici, UTET, 1968;

  • R. Gherardi, La politica e gli Stati, Carocci editore, 2015;