Spykman e la politica estera americana

LORENZO BONAGURO

SPYKMAN E LA POLITICA ESTERA AMERICANA

“La geografia è il fattore più importante nella politica estera perché è il più permanente” (J. Spykman, “The Geography of the Peace”)

Nicholas J. Spykman, nato ad Amsterdam nel 1893, viaggiò a lungo in giro per il mondo come giornalista e per conto di compagnie commerciali olandesi fino agli anni Venti, quando decise di stabilirsi negli Stati Uniti e dove intraprese la carriera accademica fino a ricoprire la cattedra di relazioni internazionali presso la Yale University nel 1928. Durante tutta la sua attività universitaria evidenziò sempre gli stretti legami fra geografia e politica internazionale, anzi spesso biasimò la classe dirigente americana, restia a un approccio realista, pragmatico e geografico, tipico di una condotta attiva sulla scena internazionale.

Il pensiero di Spykman è stato fortemente influenzato dalle opere del geografo britannico Mackinder e dalla sua suddivisione del mondo in hearthland (il cuore di Eurasia), inner or marginal crescent (le “penisole” Europa, India e Asia Orientale) ribattezzato rimland da Spykman, e lands of outer or insular crescent (Africa, Oceania e Americhe). Ribalta però la prospettiva: il vero fulcro di potenza non è l’hearthland, che è semplicemente troppo vasto e inospitale per permettere la nascita di una potenza in grado di dominare da sola il mondo, bensì il rimland che, essendo una zona dotata di clima temperato e umido, ha permesso a molte civiltà di prosperare fin dall’antichità. Questa zona peninsulare di Eurasia è anche dotata di un’elevata concentrazione demografica, capacità industriali e risorse naturali.

Una potenza che fosse riuscita a conquistare o anche solo a egemonizzare il rimland, e Spykman pensava in particolare all’Europa, avrebbe acquisito capacità potestative immense che avrebbero potuto costituire una minaccia per gli Stati Uniti. Infatti, il professore aderiva all’assunto base del realismo delle relazioni internazionali: il sistema è sempre anarchico e gli stati tendono naturalmente alla competizione, che può degenerare se non vi è equilibrio di potenza. Perciò era fondamentale evitare che una qualunque potenza controllasse questa zona del mondo. Spykman scrisse a tal proposito: "Who controls the rimland rules Eurasia, who rules Eurasia controls the destinies of the world."

Da quest’analisi egli dedusse che gli Stati Uniti dovevano uscire dal loro atavico isolazionismo e abbracciare l’internazionalismo in politica estera. La Germania hitleriana rappresentava una seria minaccia secondo Spykman, ma non alla sicurezza fisica degli Usa, cui sarebbe bastato occupare Groenlandia e Islanda per impedire qualunque tentativo di invasione, bensì alla conseguenze geoeconomiche.

Il vero problema era la possibilità di un blocco commerciale emisferico contro gli Stati Uniti che avrebbero dovuto approfondire i legami con l’America Latina, ma questa avrebbe trovato più interessante mantenere i rapporti coi regimi fascisti europei. Senza contare che le economie del Nord e del Sud erano incompatibili. Inoltre presidiare militarmente tutto l’Emisfero Occidentale fino alla Patagonia era inverosimile: la difesa emisferica, tipica del pensiero isolazionista, sia commerciale sia militare era da scartare.

L’unica soluzione a questo punto era convincere gli americani a impegnarsi seriamente nel mondo esterno per tutelare i loro interessi nazionali. Il pensiero di Spykman fu il fondamento di tutto l’internazionalismo americano dagli anni Cinquanta in poi, influenzando il pensiero geopolitico e geostrategico di personaggi del calibro di Kennan, Kissinger, Brzezinski e tanti altri che dovettero confrontarsi con l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda.