Proudhon: il mutualismo anarchico

ANDREA BERNABALE

PROUDHON: IL MUTUALISMO ANARCHICO

« L’anarchia è ordine »

(P. J. Proudhon, “Confessioni di un rivoluzionario”)

Riconosciuto come padre dell’anarchismo moderno, teoria che promuove l’abolizione dello Stato in quanto organizzazione coercitiva, il filosofo e sociologo francese Pierre Joseph Proudhon, nel 1840, diede alle stampe la sua prima opera di impegno politico intitolata “Cos’è la proprietà?”. Nel rispondere alla domanda che si autopone, Proudhon arriva a concludere che la proprietà privata è un “furto” e la sua istituzionalizzazione permette, nella società capitalista, lo sfruttamento delle masse di lavoratori a vantaggio di una minoranza.

Tuttavia, Proudhon non critica solo il capitalismo e la proprietà privata ma pone al cospetto della sua critica anche l’ideologia comunista. Se il capitalismo consente l’aberrante divisione della società in due classi (la dominante e la dominata), il comunismo delega ogni potere all’istituzione centrale, ovvero lo Stato, che diviene onnipervasivo nella società e pianifica l’economia negando, allo stesso tempo, ogni tipo di libertà all’individuo. La negazione delle libertà individuali entra inevitabilmente in collisione con la visione anarchica di Proudhon, la cui essenza è proprio la libertà individuale.

Dopo aver criticato tanto il sistema capitalista quanto quello comunista, Proudhon individua nella teoria anarchica mutualista la soluzione all’organizzazione politica e sociale dei cittadini.

Tale teoria si fonda su un modello federalista in cui il potere è fortemente decentrato tra varie comunità di cittadini, basato su un “sistema di contratti” piuttosto che un sistema in cui tutti sono sottoposti alla legge dello Stato e delle sue istituzioni. Lo Stato cessa di esistere, la società si organizza dal “basso” piuttosto che “dall’alto” e il contratto sociale, anzichè essere realizzato tra i cittadini e lo Stato, si realizza tra i cittadini stessi. Tale sistema comporta che la società e gli individui siano dotati di sufficiente moralità e siano guidati dall’idea di bene “comune” piuttosto che di bene “individuale”.

Dal momento che la proprietà è considerata un “furto”, fonte di sfruttamento del lavoratore e i redditi ai quali non è sotteso direttamente il lavoro (reddito da capitale, ad esempio interessi, affitti ecc.) sono riconosciuti come fonti di disuguaglianza, la proprietà nella società anarco-mutualista viene intesa come “possesso-fruizione”. Ovvero, ognuno ha ciò che produce e l’unica fonte di legittimità della proprietà è il lavoro. Ognuno è proprietario di ciò che lui stesso ha prodotto.

In tale ottica, l’anarco-mutualismo di Proudhon si contraddistingue in una società senza Stato, individualista e, in ambito economico, si colloca come terza via tra il collettivismo comunista e la proprietà privata capitalista promuovendo, invece, il “possesso” dei mezzi di produzione da parte dell’individuo.