di Gabriele PatoSTORIE EUROPEE

LE ORIGINI DEL FEDERALISMO EUROPEO


«L'Europa così divisa in nazioni liberamente formate e internamente libere, la pace tra gli stati dovrebbe diventare più facile: gli Stati Uniti d'Europa potrebbero essere una possibilità»

(Napoleone Bonaparte)

L’idea di un’unione federale dei paesi europei, malgrado sia stata spesso liquidata come una semplice utopia, viene proposta e sviluppata in concreti progetti di riforma almeno dal XVIII secolo. La prima elaborazione teorica tradotta in una visione politica realista e non meramente legata ad astratti ideali politico-filosofici fu proposta nel 1713 da Charles-Irénée Castel de Saint-Pierre, più noto come Abate di Saint-Pierre, elemosiniere alla corte di Luigi XIV. Nonostante la sua vicinanza alla corte francese ed il suo stretto legame con il Delfino Filippo II d’Orléans, Saint-Pierre si dimostrò un duro oppositore delle politiche del Re Sole e produsse innumerevoli bozze di riforme fiscali, scolastiche e dell’ordinamento statale. Tra il 1710 ed il 1713 partecipò al congresso di Utrecht, atto finale della Guerra di successione spagnola, rimanendo profondamente insoddisfatto degli accordi stipulati che, in ragione, riteneva non avrebbero garantito un lungo periodo di pace. Alla luce di questi motivi, egli produsse il “Progetto per rendere la pace perpetua in Europa”, nel quale proponeva una confederazione europea di 18 stati – con possibilità di estensioni future – basate su un Senato che fungesse da arbitrato sovranazionale, presso il quale i paesi potessero risolvere i conflitti attraverso la via diplomatica. Parallelamente, proponeva la creazione di un esercito comune, di un sistema capillare di diplomatici e rappresentanti e di un sistema di leggi politiche ed economiche condivise.

Nel 1795 il filosofo prussiano Immanuel Kant pubblicò, ispirato dalla lettura di Saint-Pierre, il proprio progetto “Per la pace perpetua”, che portava alle conclusioni più estreme l’elaborato del religioso francese. Per ottenere un prolungato periodo di pace, egli sosteneva la necessità dell’adozione di un diritto internazionale basato su un federalismo tra liberi stati, di un diritto interno costituzionale e repubblicano, di un diritto “cosmopolitico” che garantisse libertà di movimento e di commercio internazionale, nonché l’abolizione della compravendita di Stati, la graduale eliminazione degli eserciti permanenti, il divieto di creare debito pubblico finalizzato alla guerra ed il principio di non interferenza nella politica interna.

Durante tutto il XIX secolo, epoca di grandiosi cambiamenti degli assetti politico-istituzionali su scala globale, di creazione di identità nazionali e di sviluppo degli stati-nazione, l’idea di una federazione di stati, nazioni o popoli europei non smise di affascinare gli intellettuali ed i politici del vecchio continente ma, contemporaneamente, le si affiancò una nuova proposta, ovvero quella del “super-stato” sul modello napoleonico: un’unica grande nazione, governata da un monarca illuminato, capace di guidare con razionalità una potenza in grado di dominare il mondo ed imporre una “pax europea” sul globo o su gran parte di esso. Una visione diametralmente opposta era invece contenuta nell’ennesimo progetto per una “Pace eterna tra le nazioni”, elaborato nel 1830-31 da Wojciech Jastrzębowski, il quale immaginava gli Stati Uniti d’Europa come un organismo sovranazionale simile a quelli pensati dall’Abate Saint-Pierre e da Kant. Durante il risorgimento, l’idea federalista prese piede anche in Italia, in particolare nelle speranze dei repubblicani, tra i quali spiccava la figura del milanese Carlo Cattaneo. Egli, con il suo compagno Mazzini, vedeva negli Stati Uniti d’America e nella Svizzera gli unici esempi reali di istituzioni repubblicane funzionanti e coerenti. La sua visione però non si limitava ad un progetto italiano, ma a causa della sua natura confederale, si estendeva ad un progetto di Stati Uniti d’Europa. Il federalismo, secondo Cattaneo, non era soltanto l’unica possibile garanzia di pace tra i popoli, ma era innanzitutto una garanzia di libertà individuale, tanto nei diritti civili quanto nei principi del libero commercio. Entrambi i fattori erano considerati necessari per il raggiungimento dell’equità sociale, chiave di volta della partecipazione politica, ovvero dell’unica reale possibilità di buon governo: non vi erano alternative alla dicotomia federalismo-autocrazia. Tra i molti intellettuali in linea con il pensiero di Carlo Cattaneo, uno dei nomi più altisonanti è certamente quello di Victor Hugo, grande romanziere francese a lungo esiliato per le proprie convinzioni politiche. Nel discorso che tenne innanzi alla Conferenza Internazionale per la Pace di Parigi del 1849, Hugo pronunciò un memorabile discorso, nel quale sosteneva non soltanto la necessità di costituire gli Stati Uniti d’Europa, ma vedeva come inevitabile una futura unione, attraverso l’Atlantico, tra Stati Uniti d’America e d’Europa. Poco tempo dopo, Hugo piantò nel suo giardino a Guersey una giovanissima quercia, scrivendo che al momento della completa maturità della pianta, finalmente potremo avere gli Stati Uniti d’Europa.

Di fianco ai pensatori federalisti repubblicani o liberali, durante l’Ottocento, si schierarono anche i principali teorici dell’anarchismo: tra i tanti, Pierre-Joseph Proudhon e Michail Bakunin ricoprirono certamente un ruolo di primo piano, partecipando a numerose conferenze ed incontri nei quali poterono incontrare e confrontarsi con repubblicani, anarchici, federalisti e radicali di tutta Europa. Il Federalismo libertario proposto da questi ultimi è il modello promosso dagli ideologi della Comune di Parigi (1871) che, in aperto conflitto con i repubblicani romantici della generazione precedente – di cui Mazzini e Garibaldi erano tra gli esponenti di spicco a livello internazionale – negava il concetto di stato-nazione ed affermava la necessità di un confederalismo esteso a tutti i livelli della società, una sorta di organizzazione di libere comuni coordinate fra loro da organismi rappresentativi, una “scala” organizzativa che si estendesse dal basso verso l’alto e dalla periferia verso il centro e che, potenzialmente, potrebbe coinvolgere l’intera popolazione mondiale.

All’alba del XX secolo, grazie all’affermazione delle ideologie post-hegeliane e della loro visione di Stato come incarnazione della volontà, o dello spirito, del popolo, le istanze federaliste furono relegate ai margini per alcuni decenni. Nonostante ciò, lo shock della Grande Guerra, provocò un rapido ritorno al progetto degli Stati Uniti d’Europa, appoggiato principalmente dalle élite liberali e dal mondo intellettuale moderato, presto schiacciato dalla pressa delle ideologie autoritarie affermatesi come maggioranza assoluta, durante gli anni Venti e Trenta, in gran parte del continente europeo. Queste certamente progettavano un Europa unita, ma sotto la dittatura di una minoranza, di un popolo eletto: i Germanici secondo il nazionalsocialismo, gli Italiani secondo il fascismo mussoliniano, i proletari secondo il modello comunista. L’Unione Sovietica, in ogni caso, fu a tutti gli effetti un progetto di stampo federalista, specialmente nelle prime fasi: lo slogan bolscevico «Tutto il potere ai soviet!» mostrava la volontà di una distribuzione federale del potere, che però venne ben presto a mancare – se non nella denominazione – quando i soviet e le repubbliche locali dovettero cedere alla centralizzazione forzata del potere nelle mani del PCUS moscovita.

Durante il ventennio precedente la Seconda guerra mondiale, per quanto affievolite, le proposte per un’unione di stati europei non smisero di essere avanzate: vari economisti, tra i quali spiccava il nome di John Maynard Keynes, si spesero in favore della causa federale ed il primo ministro francese Aristide Briand, da sempre in prima linea per il mantenimento della pace, promotore della Società delle Nazioni e vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 1926, si giocò tutte le carte possibili per la costituzione di un accordo di cooperazione tra i paesi del vecchio continente. Tra le due guerre, si sviluppò anche un importante movimento federalista ed europeista clandestino in Italia, sostenuto principalmente da gruppi intellettuali antifascisti. Questi, tra i quali è quantomeno doveroso nominare Luigi Einaudi (poi Presidente della Repubblica Italiana), Ernesto Rossi ed Altiero Spinelli, veri e propri padri fondatori del pensiero europeista, autori del celeberrimo Manifesto di Ventotene e creatori del Movimento Federalista Europeo, tutt’ora molto attivo nella promozione di questo progetto a lungo sognato ma, fino ad ora, mai realizzato, come testimonia la continua crescita della quercia nel giardino che fu di Victor Hugo.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- I. Kant; “Per la pace perpetua”: https://archiviomarini.sp.unipi.it/207/1/pace_83.pdf

- E. Rossi, A. Spinelli; “Il Manifesto di Ventotene”: https://www.senato.it/…/Per_unEuropa_libera_e_unita_Ventote…

- D. Tusk sul federalismo europeo: https://www.youtube.com/watch?v=CmkWfgNfO7g