Il realismo nelle relazioni internazionali

di Lorenzo Bonaguro

L’aspirazione al potere degli uomini non è un accidente della storia; non è una temporanea deviazione da un naturale stato di libertà; è un fatto che permea tutto, è la vera essenza dell’esistenza umana.

Hans Morgenthau

Il realismo è una delle teorie fondanti la disciplina delle relazioni internazionali. Questa corrente sostiene di aver inteso la natura profonda delle relazioni fra stati, natura sostanzialmente tragica, perché portata necessariamente al conflitto, regolata da leggi oggettive e immutabili fondate a loro volta sulla immutabile natura umana, volta inesorabilmente alla competizione e alla ricerca di potere. L’analisi dei realisti si concentra quasi esclusivamente sulle vicende politiche, intese come una costante lotta per la supremazia sugli altri attori, ossia gli stati. Obiettivo ultimo degli stati è perseguire i propri interessi, ossia il potere. Essendo la politica internazionale una lotta continua, la visione della storia che ne deriva non può che essere ciclica: la lotta è eterna e senza una soluzione definitiva.

Secondo i realisti, gli stati - come gli individui - si scontrano costantemente per imporre la propria egemonia sugli altri. Questo approccio ha portato allo sviluppo di varie teorie specifiche sempre riconducibili alla teoria realista: tra le più note vi sono la teoria della stabilità egemonica e la teoria dell'equilibrio di potenza. La prima sostiene che a causa della natura anarchica del sistema internazionale l’unico ordine pacifico possibile è quello dove uno degli attori diventa egemone, imponendo una gerarchia a tutti gli altri. Tuttavia questa condizione non può che essere temporanea, dal momento che fattori interni ed esterni mutano continuamente la potenza degli attori provocando l’insorgere di uno o più sfidanti, detti “potenze revisioniste”. Ciò avrà come conseguenza una devastante guerra per l'egemonia, ma solitamente causa anche conflitti localizzati ma non meno distruttive anche nei momenti di apparente stabilità. La teoria dell’equilibrio di potenza, invece, vede come unica possibile forma stabilità quella in cui gli attori hanno una potenza simile, per la quale nessuno può davvero prevalere sugli altri: l’intero sistema si trova così in - seppur precario - equilibrio. Gli studiosi però non concordano su quale sia il numero adatto di grandi potenze in equilibrio: due come nella Guerra Fredda o cinque come nell’Europa dell’Ottocento?

Fra gli autori realisti ante litteram possono essere annoverati anche personaggi antichi come Tucidide, Machiavelli e Hobbes, ma quelli che hanno davvero strutturato l’approccio realista sono studiosi di inizio secolo come Morgenthau e Niebuhr. Tedesco naturalizzato americano, Hans Morgenthau fu decisivo nel postulare il nucleo fondante della corrente. Egli fu uno dei primi a sottolineare l’amoralità della politica internazionale e l’ineliminabile ruolo che la tragedia della realtà gioca nella vita umana. Karl Niebuhr al contrario del precedente non proveniva dal mondo accademico, era un teologo riformato molto coinvolto nel dibattito politico americano, e in particolare nelle questioni di politica estera. Ebbe una notevole influenza nello sviluppo della teoria per le sue posizioni radicali sulla natura umana, tendente al male e di conseguenza anche tutte le sue opere, che contribuirono a delineare la concezione antropologica pessimistica dei realisti.

Il realismo fu la corrente dominante in ambito accademico, soprattutto statunitense, dagli Cinquanta fino agli anni Ottanta, quando fu soppiantata dal cosiddetto neorealismo. Questa nuova corrente pone l’accento sul contesto delle relazioni internazionali: la struttura del sistema determina il comportamento degli stati; per questo è anche definito come realismo strutturalista. Il volto principale della corrente fu Kenneth Waltz la cui opera principale, “Teoria della politica internazionale” (1979) fu la pietra miliare. Waltz fu uno dei primi a criticare i realisti classici, come Morgenthau, e a rigettare l’antropologia negativa – ipotetica e non basata su alcun dato empirico se non sulle convinzioni personali degli autori, quasi tutti europei o comunque religiosi come Niebuhr – che la ponevano come causa fondamentale delle problematiche della vita fra stati. La corrente si suddivide ulteriormente sulla base di come gli studiosi leggono i comportamenti degli stati: mirano mantenere lo status quo minimizzando la corsa al potere (realismo difensivo), oppure cercano un’egemonia regionale/globale relativa/assoluta (realismo offensivo). Waltz fu anche il primo ad aprire leggermente l’approccio, anche a tematiche non strettamente politiche come l’economia aprendo la strada a ulteriori contributi esterni.