Il Femminismo

ANDREA BERNABALE

IL FEMMINISMO

«Amo l'uomo in quanto mio simile, ma il suo scettro, reale o usurpato, non mi riguarda, a meno che l'intelletto di un singolo non meriti il mio omaggio; e persino allora la sottomissione è alla ragione e non all'uomo.»

(M. Wollstonecraft, “Rivendicazione dei diritti della donna”)

Il femminismo, teoria sociale sviluppatasi nel XVIII secolo circa che ha successivamente assunto varie sfumature, si basa sull’assunto dell’uguaglianza tra uomini e donne, in quanto dotati di eguale razionalità e capacità. Secondo i movimenti femministi, tale eguaglianza è stata storicamente negata dalla società, la quale ha visto sempre la prevaricazione del genere maschile su quello femminile e, sulla base di questa diseguaglianza, obiettivo dei movimenti femministi è ridurre le disuguaglianze di genere attraverso l’attivismo politico e sociale.

I primi movimenti femministi nascono in Occidente in un tempo relativamente moderno, verso la fine dell’XVIII secolo e, soprattutto, in netta contrapposizione alla concezione giudaico-cristiana della donna, che immaginava la donna come una figura di secondo piano rispetto all’uomo, devota alla cura della casa e l’educazione dei figli.

È con Mary Wollstonecraft, considerata la prima “grande” femminista, che il movimento inizia ad acquistare un certo peso sociale e politico. Nella “Rivendicazione dei diritti della donna”, pubblicato dalla Wollstonecraft nel 1792, l’autrice rendeva chiare le richieste delle donne che, al pari degli uomini, rivendicavano il diritto a ricevere una eguale educazione, il diritto alla proprietà e una tutela giuridica che vada di pari passo a quella riservata agli uomini.

Successivamente, fino alla prima metà del ‘900, i movimenti femministi si concentreranno principalmente sulla concessione del suffragio, ovvero il diritto di voto. In Italia, le donne voteranno per la prima volta nel referendum monarchia/Repubblica del 1946.

Da notare anche che, fino a questo periodo, il femminismo è principalmente un movimento delle classi medie. Tale condizione muterà nel XX secolo, grazie anche all’attivismo di Rosa Luxemburg, quando il movimento acquisterà sempre più connotati vicini all’ideologia marxista e socialista, declinandola in una versione femminista che vede il capitalismo come sistema di sfruttamento e oppressione della donna. In tale visione, il radical-femminismo ha lo scopo di rovesciare il capitalismo, la proprietà privata e, con essi, la famiglia tradizionale e la religione.

Dal dopoguerra ad oggi, i movimenti femministi riusciranno in notevoli conquiste sociali come il diritto al divorzio, all’aborto e al lesbismo. Si potrebbe dire che il fine ultimo del femminismo, ovvero l’uguaglianza di genere, sia ormai consolidata anche se, in alcuni Paesi, restano ancora disuguaglianze forti ed evidenti, specialmente nel mondo arabo.

Il movimento femminista contemporaneo, che presenta innumerevoli declinazioni e sfumature, tuttavia, continua ad esercitare notevoli pressioni sul dibattito politico. Le nuove rivendicazioni fanno riferimento, oltre alla parità dei sessi, a teorie che spaziano dalla superiorità femminile su quella maschile al rifiuto di ogni identificazione di sesso (inclusi omosessuali, bisessuali e transgender).