Hume - Il governo dell'opinione

di Barbara Schirato

“A chi considera le cose umane con occhio filosofico, nulla appare più sorprendente della facilità con cui una maggioranza viene governata da una minoranza e dell’implicita sottomissione con cui gli uomini rinunziano ai loro propri sentimenti e alle loro proprie passioni a favore di quelle di chi li governa. Quando cerchiamo quali siano i mezzi che producono questo miracolo, troviamo che, mentre la forza sta sempre dalla parte dei governati, coloro che governano per reggerli non fanno appello che all’opinione. Perciò soltanto sull’opinione si fonda il governo e questa massima si applica ai governi più dispotici e bellicosi come ai più liberi e popolari.”

Con queste parole, tratte dal saggio Dei Primi Principi del Governo, il filosofo scozzese David Hume introduce nella sua teoria filosofica un problema che, prima di tutto, lo “meraviglia”: il fatto che un governo non soltanto esista, ma che sia anche solido e socialmente rispettato.

Hume (Edimburgo, 7 maggio 1711– Edimburgo, 25 agosto 1776) è stato uno dei più importanti, e forse il più radicale, fra gli empiristi britannici, e il suo pensiero filosofico, profondamente influenzato dall’Illuminismo, mira all’analisi dei limiti della ragione umana in maniera scettica, scientifica e razionale. Nonostante il suo contributo più rilevante alla storia della filosofia riguardi la critica al principio di causa-effetto, David Hume è anche uno dei primi pensatori moderni ad introdurre il concetto di “opinione” pubblica, o “generale”, e ad attribuirne una rilevanza politica.

Questa necessità di ripensare le fondamenta epistemologiche dei rapporti di governo affonda sicuramente le sue radici nel periodo storico in cui Hume formula il proprio pensiero, caratterizzato dalla crisi di legittimità degli antichi regimi, dalle imminenti stagioni rivoluzionarie e da un cambiamento profondo nelle dinamiche dei rapporti politici e sociali. Ciò che Hume nota è la sorprendente attitudine della maggioranza a subordinarsi ad una minoranza di governo, nonostante l’evidente possibilità dei governati di fare ricorso alla loro schiacciante superiorità numerica per disobbedire o addirittura sovvertire il potere costituito. Quello che, dunque, pare decisivo analizzare è la natura dei rapporti di potere che intercorrono fra governanti e governati: alla base del governo e del consenso ci sarebbe una volontà dei subordinati di cedere le proprie passioni e sentimenti in favore di chi li governa.

Questa visione sentimentale dei rapporti di potere appare molto rivoluzionaria, rispetto soprattutto a quella “meccanicistica”, molto più diffusa allora, che vedeva nella coercizione e nella forza l’unico collante sociale alla base del potere. Che l’opinione sia il concetto cardine per l’analisi delle relazioni politiche è un dato già presente nell’opera giovanile Trattato sulla Natura Umana. Sulla questione della sottomissione al governo, Hume fa appello all’autorità popolare, perché le opinioni della massa “hanno un’autorità particolare, e sono quasi del tutto infallibili”, ed essa non soltanto occuperebbe un ruolo centrale nei processi di transizione del potere, ma sarebbe l’essenza stessa della realtà politica.

Hume nell’analisi si spinge oltre e afferma che i rapporti di causa-effetto non avvengono solamente quando un oggetto produca un movimento o azione che ha conseguenze sull’altro, ma anche quando uno dei due oggetti abbia il “potere di produrli”. Questo meccanismo di immaginazione e potere sarebbe alla base di ogni rapporto di dovere, e dunque di legame fra governanti e governati. Secondo il filosofo, infatti, l’ordine sociale è il frutto di un processo di comunicazione di passioni e sentimenti, a sua volta espressione di queste forze immaginarie che danno una direzione alle condotte individuali. Il governo deve perciò far molta attenzione a maneggiare le opinioni sociali, per il rischio sempre presente di mettere in crisi le strutture sociali sulle quali si fonda la sua stessa legittimità. Autorità politica e autorità sociale appaiono come interdipendenti e come due facce della stessa medaglia: il governo assicura la conservazione di determinate autorità sociali, e queste ultime garantiscono che i rapporti di potere e obbedienza siano percepiti come naturali. Il governo diventa dunque un prodotto della società, piuttosto che il presupposto sul quale essa si fonda.

L’originalità della filosofia politica di Hume risiede proprio nell’individuare il peso politico del concetto di “opinione”, nonostante non venga nominato nella principale ricostruzione storica dell’opinione pubblica formulata da Habermas (1962), e l’importanza della sua opera appare ancora più evidente se ascritta al contesto dell’emergere del moderno costituzionalismo.