di Lorenzo Bonaguro

FREEDOM E L’ANARCO-COMUNISMO

Freedom

“A journal of anarchist socialism”

Così recitava il titolo di una delle riviste anarchiche più influenti di Inghilterra e d’Europa nell’ottobre del 1886; la parola socialismo verrà sostituita da comunismo in un paio di anni. Essa era nata dalla collaborazione di vari esponenti dell’ambiente anarchico londinese, composto per lo più di rifugiati politici del continente, che si staccarono da un’altra rivista anarchica, “The Anarchist”. Fondamentale per la nascita della rivista fu l’arrivo in Inghilterra dell’intellettuale russo Pëtr Kropotkin, lui fu il cuore ideologico della rivista nei sui primi anni di vita, mentre la mente redattrice fu Charlotte Wilson. Tra le penne note che pubblicarono articoli, in anonimo, vi furono: Edward Carpenter, Enrico Malatesta, John Gibson, Bernard Shaw e Francesco Merlino.

Il “Freedom Group” fu gruppo largo, variegato e creativo, ma anche suscettibile ai contrasti delle varie parti. Sui grandi principi le posizioni furono sostanzialmente convergenti: uno di questi era il rifiuto quasi totale della violenza se non come estrema risorsa per difendere i propri diritti come esseri umani. Ad esempio, secondo la Wilson, la violenza non è una necessaria conseguenza dei principi anarchici, né tantomeno un metodo, bensì una conseguenza della società, che mette gli individui in condizioni tali per cui la risposta violenta sia l’unica possibile. Criticarono duramente gli attentati individuali, sintomo di una società malata: la vera rivoluzione sarebbe dovuta essere un’azione spontanea delle masse oppresse.

Un altro argomento condiviso fu la condizione della donna e il diritto di voto, temi caldi della Londra di quegli anni. Le donne proletarie vivevano una doppia schiavitù: quella del marito e del datore di lavoro; i rapporti fra i sessi svantaggiavano le donne cui spettavano i lavori non produttivi, meno remunerativi e creativi, spingendole verso uno stato di frustrazione psicologica e di totale dipendenza economica dal coniuge. La dimensione lavorativa e sessuale erano strettamente legate per Freedom: una donna indipendente non sarà costretta a rimanere legata a un uomo; la parità fra i sessi passa inevitabilmente per la parità economica. Sul tema del diritto di voto gli anarchici si mostrarono contenti della partecipazione attiva delle donne, tuttavia non sostennero le suffragette: il voto alle donne avrebbe contribuito alla stabilizzazione dello Stato e della Società.

Il gruppo fondatore si spaccò sulla questione della guerra: partecipare o no alla Grande Guerra? Kropotkin sostenne fortemente la necessità di entrare in guerra contro gli imperi centrali, la cui vittoria avrebbe sprofondato l’Europa nell’autoritarismo più repressivo e liberticida: «l’intera civiltà europea è minacciata dal suo [Germania] pugno di ferro… l’invasione tedesca deve essere respinta» (Freedom vol. 28, n° 306, ottobre 1914). In un momento del genere il pacifismo non avrebbe portato a niente, anzi la guerra avrebbe favorito la causa della rivoluzione poiché le masse proletarie sarebbero state davanti alla crudeltà dello Stato e dell’economia capitalistica.

LETTURE ED APPROFONDIMENTI:

Selva Varengo, “Pagine anarchiche, Pëtr Kropotkin e il mensile Freedom (1886-1914), Biblion Edizioni, 2015

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