di Barbara Schirato

ADAM SMITH : LA MANO INVISIBILE

“L'uomo ha quasi sempre bisogno dell'aiuto dei suoi simili e lo aspetterebbe invano dalla sola benevolenza; avrà molta più probabilità di ottenerlo volgendo a suo favore l'egoismo altrui e dimostrando il vantaggio che gli altri otterrebbero facendo ciò che egli chiede (...) Non è certo dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dal fatto che essi hanno cura del loro interesse.”

Con questa frase, tratta da “La ricchezza delle nazioni”, il celebre filosofo ed economista Adam Smith fa riferimento al sistema per cui ogni imprenditore o possessore di capitale, pur mirando soltanto al proprio interesse e alla massimazione del suo beneficio materiale (nello specifico del profitto), è condotto da una mano invisibile a perseguire un fine che non rientra nelle sue intenzioni: l'interesse della società. L'efficacia con cui riesce a perseguire tale “risultato inintenzionale” è esponenzialmente maggiore rispetto a quando egli intende effettivamente perseguirlo.

Adam Smith, nato a Kirkcaldy nel 1723 e morto ad Edimburgo nel 1790, studiò filosofia sociale e morale in un tempo in cui l'economia non era ancora una disciplina accademica, nelle università di Glasgow e di Oxford, e divenne professore di logica e filosofia morale fra il 1751 e il 1752. Negli anni sviluppò una concezione della condotta umana come guidata da sei tipi di impulsi: egoismo, simpatia, desiderio di libertà, senso della proprietà, abitudine al lavoro e tendenza al baratto. Ed è grazie a questi impulsi che ogni uomo sa riconoscere la direzione dei suoi interessi, motivo per cui dovrebbe essere lasciato libero e indisturbato nella loro ricerca e soddisfazione.

L'espressione “mano invisibile” fu utilizzata per la prima volta proprio da Smith, mutuandola, forse, dal Macbeth di Shakespeare, per indicare una sorta di Provvidenza immanente grazie alla quale nei sistemi di libero mercato i “vizi privati” possano trasformarsi in “pubbliche virtù” portando all'equilibrio economico generale. Fu con il perfezionamento attuato successivamente da Lèon Walras e Vilfredo Pareto che il concetto - in origine dalle caratteristiche più filosofiche che economiche - prese il suo significato più insigne legato al sistema di concorrenza perfetta: un mercato caratterizzato dalla presenza di un numero idealmente infinito di produttori che competono l'uno con l'altro producendo beni che possono considerarsi fra loro perfetti sostituti.

Proprio questo aspetto, la concorrenza perfetta, insieme all'assenza di asimmetria informativa (condizione per cui entrambi i soggetti del processo economico non condividono integralmente ed equamente un'informazione), rende la teoria di Smith della mano invisibile difficilmente applicabile alla realtà concreta. Nonostante ciò, offre spunti di riflessione importanti, a distanza di due secoli, sull'efficacia delle politiche di economia pianificata paragonate a quelle di libero mercato.

L'economista scozzese si dichiara apertamente liberista, argomentando che nessun politico o legislatore possa giudicare meglio del produttore stesso quale sia la specie di attività interna a cui si debba indirizzare il capitale per massimizzare il valore del suo prodotto. Nelle economie pianificate, dunque, le risorse non sarebbero allocate dal mercato, ma dai comitati centrali di pianificazione, mentre nei sistemi liberisti il consumatore è sovrano, e le imprese che non offrono quello che vogliono i consumatori sono destinate a fallire. Per contro, la scoperta delle esternalità, ovvero la presenza di costi nascosti dovuti al perseguimento di fini individuali scaricati sulla società, mise fine all'illusione della mano invisibile e la soluzione alle inefficienze causate da tali esternalità può essere soltanto l'intervento pubblico, anche puramente legislativo.

LETTURE E APPROFONDIMENTI:

-Smith Adam, “La ricchezza delle nazioni”, Grandi Tascabili Economici Newton, Roma, 2005

-Kaushik Basu, “Oltre la mano invisibile. Ripensare l'economia per una società giusta”, Laterza, 2013

-Franco Mazzei, Vittorio Volpi, “La rivincita della mano visibile. Il modello economico asiatico e l'Occidente”, Università Bocconi Editore, 2010