di Francesco Mele

A.J. TOYNBEE E IL GENOCIDIO ARMENO


La figura di Arnold J. Toynbee (1889-1975) si presenta come fondamentale nel contesto di un Impero britannico che era appena uscito dalla Prima guerra mondiale e si preparava ad una profonda trasformazione della sua struttura. Storico di professione, Toynbee operò negli anni del primo conflitto mondiale all’interno degli organi del Foreign Office (prima Wellington House, poi nel Political Intelligence Department, ed infine nel Royal Institute International Affairs) con la mansione di gestire la propaganda di guerra in riferimento ai territori mediorientali, e ciò lo porterà in qualità di esperto a presenziare alla conferenza di pace di Parigi nel 1919.

Il primo contatto che Toynbee avrà con il Medio Oriente sarà legato alle notizie che iniziavano a circolare in Inghilterra riguardo il genocidio armeno ad opera dei Giovani turchi. Le informazioni su tali atrocità arriveranno in Gran Bretagna nel 1915, dapprima grazie alle fonti americane, le quali saranno accolte con grande preoccupazione da Lord Bryce. Quest’ultimo le sottoporrà alla House of Lords ed infine deciderà di occuparsi di tale questione coinvolgendo proprio Toynbee nella pubblicazione del Parlamentary Blue Book, nel quale erano contenuti tutti i dati relativi alle atrocità commesse dai Giovani turchi nei confronti degli Armeni. Toynbee lesse sin da subito nella strage della popolazione armena tutti i requisiti di un genocidio in piena regola: volontarietà e progettazione erano ben presenti e radicate alla base di questo macabro disegno di pulizia etnica all’interno dei confini dell’Impero Ottomano.

Ma cosa scatenò questo genocidio? Per Toynbee la risposta è una sola: l’idea di nazionalismo dei Giovani turchi. Quest’ultimi, in realtà, all’inizio della loro attività di propaganda si presentavano come un movimento che aveva come sue priorità l’ “occidentalizzazione” e la “modernizzazione” dell’Impero ottomano, garantendo una tolleranza totale nei confronti delle minoranze etnico-religiose e l’uguaglianza degli uomini dinnanzi alla legge. Una volta al potere, tuttavia, tali progetti furono investiti da un’ondata di sciovinismo e fanatismo che portò il nazionalismo dei Giovani turchi ad avere un unico obiettivo: la turchizzazione dell’intero Impero ottomano. In altre parole, significava che non c’era posto per le minoranze etniche.

Il genocidio armeno quindi viene letto da Toynbee come l’applicazione di questo nazionalismo sciovinista e fanatico, una strage che venne studiata nei minimi dettagli e che ebbe un disegno ben preciso, difatti lo storico britannico rifiuta ogni tipo di giustificazione proveniente dalla compagine negazionista che, ancora oggi, non riconosce come genocidio quello del popolo armeno, affermando che le deportazioni furono necessarie per via delle condizioni di guerra, in quanto gli Armeni aiutarono le forze dell’Intesa a fare breccia sul suolo ottomano, e che quindi la morte di migliaia di prigionieri non fu in alcun modo premeditata.

Il forte sentimento anti-turco di Toynbee andava in realtà ben oltre la dimensione del genocidio armeno e si estendeva a una difesa ad oltranza delle minoranze cristiane all’interno dell’Impero ottomano, definendo queste ultime come realtà culturali pacifiche e laboriose, ma soprattutto molto simili alle “civiltà” occidentali. In virtù di ciò, Toynbee in questa prima fase del suo pensiero (1914-1917) sognava un Medio Oriente dominato dalle minoranze cristiane (Armeni, Greci, ecc.), le quali sarebbero state le teste di ponte ideali per un controllo stabile e permanente della Gran Bretagna in quelle aree.

Inoltre è importante ricordare che Toynbee si affrettò a definire che alla base del nazionalismo fanatico e sciovinista dei Giovani turchi c’era una matrice politica e non religiosa e che tale precisazione fu resa vitale in quanto Toynbee temeva che sotto le insegne del Comitato di Unione e Progresso potesse nascere un movimento panislamico a carattere anti-occidentale, che avrebbe minato la stabilità dell’Impero britannico, al cui interno viveva una grossa fetta di sudditi musulmani. Toynbee contrappose al nazionalismo dei Giovani turchi, che si faceva portavoce di violenza ed atrocità nei confronti delle realtà non turche, un diverso tipo di nazionalismo, che si reggeva su concetti quali la “national-cooperation”, la volontarietà di adesione ad un determinato progetto nazionale, la difesa delle minoranze e la capacità di queste di arrivare ad un’autodeterminazione sociale (“self-determination”) ed ad un autogoverno. Insomma, Toynbee sin dal primo contatto con il Medio Oriente, avvenuto a causa del genocidio armeno, pensò ad una ristrutturazione di queste aree che prevedesse il superamento del concetto di Stato-nazione (all’occidentale) ed abbracciasse una realtà a carattere sovranazionale, un British Commonwealth of free Nations.


LETTURE ED APPROFONDIMENTI


  • L. Di Fiore, “L’Islam e l’Impero. Il Medio Oriente di Toynbee all’indomani della Grande guerra”, Viella, 2015.