di Andrea Bernabale

Articolo 25


Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.

Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.”


L’art. 25 completa la tutela giurisdizionale dell’individuo, affermando il diritto al giudice naturale e il principio dell’irretroattività delle leggi, nonché il principio di legalità delle pene (solo in base a una legge emanata dal Parlamento si può comminare una sanzione penale).

Tali garanzie poste a tutela dell’individuo nascono per porre rimedio agli abusi di potere durante il regime fascista, affinché non si ripetano anche in epoca Repubblicana. Le disposizioni presenti nell’art.25 infatti fanno sì che non si verifichi in alcun modo l’istituzione di tribunali costituiti ad hoc per giudicare individui, disponendo dunque la garanzia del giudice naturale.

Nel primo comma si stabilisce con chiarezza che ciascun cittadino ha il diritto di essere giudicato dal suo giudice naturale: ciò significa che il giudice viene individuato dalla legge sulla base di criteri oggettivi relativi al territorio in cui è stato commesso il fatto e alla materia cui si riferisce. Non può essere scelto come giudice qualcun’altro, magari proveniente da un’altra regione e scelto appositamente (in questo caso sarebbe spontaneo il sospetto di una manovra ai danni dell’accusato). Dunque, la competenza del giudice si determina per legge in un momento precedente alla giurisdizione e prima del fatto commesso.

È dunque inammissibile che il giudice competente venga scelto in un momento successivo, dato che ciò darebbe adito ad innumerevoli abusi del sistema giudiziario, senza alcuna garanzia in merito all'imparzialità dell'esercizio della giurisdizione.

Tale assegnazione del giudice si traduce concretamente nell’adozione di un sistema tabellare, ovvero un meccanismo di ripartizione degli uffici giudiziari.

Il secondo comma, invece, afferma il principio di legalità e di irretroattività della legge.

Nessuno può essere punito se non in forza di una legge (principio di legalità) che sia entrata in vigore prima del fatto commesso (principio di irretroattività).

Sono due principii che servono a tutelare l’individuo da possibili abusi da parte dei poteri pubblici, e quindi a garantire la libertà personale.

Il principio di legalità si fonda sulla riserva di legge, ovvero i comportamenti qualificabili come reato possono essere stabiliti solamente dalle leggi approvate dal Parlamento, considerato l’organo maggiormente rappresentativo del potere sovrano dei cittadini.

Il principio dell’irretroattività penale, invece, comporta che la legge si applichi solo dopo esser entrata legalmente in vigore. In sostanza, non si può giudicare penalmente un individuo in base a una legge approvata dopo il fatto commesso. Tale legge si applicherebbe ai soli reati commessi dopo l’entrata in vigore.

“Nullum crimen sine poena, nulla poena sine lege”, ovvero “nessun reato senza una pena, nessuna pena senza una legge”, una regola che costituisce un caposaldo del diritto penale. Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge.

Come spiegò l’on. Giovanni Leone (Democrazia Cristiana) «(..) la norma deve preesistere all’azione, in quanto è nell’azione che si realizza il contrasto tra la volontà imputabile del delinquente e la volontà della legge. Per questo profilo tecnico e perché non vi sia equivoco, vogliamo che si stabilisca in maniera precisa che la norma di legge penale deve preesistere non solo all’evento, ma anche all’azione.»