di Andrea Bernabale

ARTICOLO 17


«I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi.

Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.

Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica.»


L’art. 17, ovvero il diritto di riunirsi liberamente, nasce e si collega ad altri diritti fondamentali per una società democratica: libertà di movimento, libertà di parola e libertà personale.

Riunirsi, discutere, manifestare, rendere pubbliche le proprie opinioni, dissentire dalle decisioni prese da un Governo ecc. sono diritti fondamentali in una democrazia, senza i quali sarebbe impossibile quel libero scambio di opinioni che è tipico di una società pluralista. Per converso, la negazione di questo diritto è caratteristico di un regime dittatoriale, che vede nella riunione dei cittadini una possibile minaccia alla stabilità del regime. In un regime autoritario, infatti, non esiste quel diritto a dissentire, che invece è il sale della democrazia.

In Italia le manifestazioni organizzate da partiti, sindacati e associazioni sono un evento piuttosto frequente; anzi, così frequente che alcuni commentatori lo giudicano ormai uno strumento inefficace e spesso controproducente per i disagi che crea. Altri ancora sostengono che la piazza “virtuale” (siti, forum, social network, ecc.) sia uno spazio più moderno ed efficace di incontro e confronto. La partecipazione alle manifestazioni resta però un mezzo efficace per valutare l’adesione della cittadinanza alle idee degli organizzatori o, come si dice più semplicemente, per “contarsi”.

In origine, il testo dell’articolo iniziava con «Tutti hanno diritto…». In sede di coordinamento finale fu deciso, invece, che il diritto di riunione doveva essere riconosciuto solamente ai cittadini italiani. Successive interpretazioni hanno invece ritenuto che tale diritto debba estendersi anche agli stranieri, purché soggiornino regolarmente sul territorio italiano.

Ad ogni caso, l’art.17 va inserito tra le “libertà collettive” - ovvero quelle libertà che si realizzano con il contributo di più soggetti - e si ricollega all’art.13 sulla libertà personale e all’art.2, intendendo il diritto a manifestare come realizzazione della propria personalità.

Al primo comma, i costituenti enunciano il “diritto a riunirsi”.

Occorre, pertanto, distinguere vari tipi di riunione: assembramenti (riunioni occasionali e impreviste), dimostrazioni (riunioni per motivi politici o civili) e cortei (riunioni in movimento, prive di un luogo di svolgimento preciso).

A sua volta, la classificazione va ulteriormente diramata al fine utile di chiarire le disposizioni inserite al secondo e terzo comma.

Le riunioni vanno infatti classificate anche in: riunioni private; aperte al pubblico (luoghi privati ma aperti a un pubblico con determinati requisiti); e riunioni pubbliche (aperte a chiunque e senza requisiti).

Il primo comma, tuttavia, enuncia una libertà e allo stesso tempo un limite alla libertà di riunione: dispone che essa si svolga in maniera strettamente pacifica e senz’armi, ritenendo che in un Paese democratico lo scambio di idee non necessiti alcun tipo di arma, se non quelle della parola e delle idee. Oltretutto, questo limite permette di tutelare l’ordine pubblico, la sicurezza dei partecipanti e l’ambiente circostante.

Il terzo comma pone ulteriori limiti, ovvero: per quanto riguarda le riunioni pubbliche è obbligatorio avvisare il questore almeno tre giorni prima, mentre per quelle private o aperte al pubblico non è richiesto preavviso (2º comma).

Infine, il costituente pone un limite al diritto di riunione che vada esercitato unicamente dall’autorità, in base alla legge e a sua discrezione motivata, nei casi in cui vi siano “comprovati” motivi di sicurezza che possano ledere l’ordine pubblico.