di Andrea Bernabale

ART. 13

“La libertà personale è inviolabile.

Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.

In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.

È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.

La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.”

L’art. 13 della Costituzione italiana - che apre il Titolo I concernente i “rapporti civili” - nasce dalla volontà dell’Assemblea Costituente di disciplinare la libertà personale dell’individuo, soppressa durante il regime fascista e intesa come condizione indispensabile per poter godere di qualsiasi altra libertà.

Inizialmente, il Comitato di redazione della Costituzione propose una formulazione che riuniva in un solo articolo le disposizioni relative alle tre classiche inviolabilità, ovvero della persona, del domicilio e della corrispondenza. L’Assemblea costituente, però, decise di dedicare un articolo apposito a ciascuna delle tre inviolabilità rispettivamente negli articoli 13, 14 e 15.

La libertà personale rappresenta il diritto fondamentale più importante e consiste essenzialmente nel diritto della persona a non subire coercizioni, restrizioni fisiche ed arresti. Esso si traduce, in primis, nella tutela contro gli abusi dell'Autorità, che possa essere un organo di polizia, un giudice o un privato.

L’articolo afferma che non si può applicare alcuna forma di detenzione - sia essa in carcere o in domicilio - e di perquisizione, se non espressamente previsti dall’Autorità giudiziaria con atto motivato. Pertanto, l’obbligo di motivazione deve necessariamente accompagnare ogni provvedimento restrittivo della libertà personale da parte dell’Autorità.

Dunque, l’art. 13 predispone che la libertà dell’individuo - italiano o straniero - sia inviolabile, salvo poi, nei commi successivi, indicare le eccezioni che permettano di perseguire chi ha commesso un reato o sia un presunto colpevole. Tuttavia, viene espressamente sancita la riserva di giurisdizione, ovvero la sola competenza dell’autorità giudiziaria a porre limiti alla libertà e, come detto prima, con atto motivato.

Nel terzo comma, i costituenti introducono un’ulteriore limitazione alla libertà personale, stavolta esercitabile dalle autorità di pubblica sicurezza (es. organi di polizia) che, in casi di necessità e urgenza, possono procedere all’arresto e al fermo, purché sia notificato al giudice entro 48 ore in attesa di convalida. Superate le 96 ore di detenzione e in assenza della convalida giudiziaria, la detenzione è automaticamente revocata.

In questo comma, i costituenti affermarono la necessità che l’ordinamento giudiziario italiano stabilisse un limite all’attesa dell’imputato detenuto: qualora esistesse una prova sicura di responsabilità dell’imputato questo doveva essere rinviato a giudizio in tempi rapidi, altrimenti doveva essere scarcerato per assoluzione oppure rilasciato provvisoriamente in attesa del processo (libertà provvisoria).

Casi eccezionali riguardano, invece, la carcerazione preventiva o “custodia cautelare”, relativa alla detenzione prima della condanna definitiva. Essa è ammessa a determinate condizioni e con durata proporzionale alla pena prevista. In particolare, le misure cautelari si dividono in “personali”, il cui presupposto principale è l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza (oltre al pericolo di fuga, di inquinamento delle prove, di reiterazione del reato) e “reali”, che determinano l'indisponibilità di cose o beni, per esigenze probatorie o di pubblica sicurezza.

L’articolo, infine, dichiara l’assoluta e inderogabile illegittimità di qualsiasi forma di violenza fisica o psicologica nei confronti di una persona che si trovi in stato di arresto o di fermo.