di Nikola Hristov

LA “SCUOLA DELL’ESEGESI” E LA “SCUOLA STORICA DEL DIRITTO”


Il XIX secolo è il secolo delle codificazioni. Nell’Europa continentale il codice più importante è sicuramente il “Cod Civil” o detto anche “Cod Napoleon” del 1806, che sarà il modello al quale gran parte dei codici europei si ispireranno. Sul territorio del futuro Regno d’Italia , il codice civile albertino del 1837 sarà appunto ispirato al codice civile francese, così come il codice civile Pisanelli nel 1865, primo codice dell’Italia unita.

Il codice civile francese - come modello - ebbe, quindi, una grande diffusione anche oltre i confini nazionali francesi e il merito di questa diffusione, in buona parte, va sicuramente assegnato a quella che viene definita la “Scuola dell’Esegesi”.

La scuola dell’esegesi è un movimento di giuristi che si preponeva come scopo l’analisi, la diffusione e il commento del codice civile francese. Una delle caratteristiche fondamentali del codice civile francese era che esso non lasciava al giudice nessuna possibilità di interpretazione delle leggi, concedendo solo la facoltà di applicare le leggi. Solo il legislatore aveva il potere di modificare le leggi o interpretarle, il giudice doveva solo applicare ciò che c’era scritto nei codici, parola per parola. È diritto solo ciò che è creato dal legislatore, una sentenza non può creare diritto, visione agli antipodi rispetto alla concezione del diritto nei paesi anglosassoni di common law.

La scuola dell’esegesi fa da megafono al codice civile francese, i giuristi che ne fanno parte producono testi manualistici riguardo il codice stesso e ne tengono interi corsi universitari dedicati. È celebre la frase di Jean Joseph Bugnet, un professore universitario che disse “Io non conosco il diritto civile, io insegno il Codice Napoleone”.

Attuarono una santificazione del codice civile francese e una propaganda tramite i loro insegnamenti e i loro scritti tale che la venerazione arrivò perfino fuori dai confini nazionali, tant’è vero che i codici Italiani prendono come modello quelli francesi. Certamente, un contributo a favore della diffusione, lo diede l’importanza della lingua francese sul continente, paragonabile all’inglese di oggi.

In parallelo alla scuola dell’esegesi francese prese piede in Germania un altro movimento intellettuale di giuristi che avrà idee molto diverse. La “scuola storica del diritto” fondata da giuristi romanisti come Gustav Hugo e Fredrich Savigny. Essi criticheranno fortemente quelle che erano le basi filosofiche e morali del codice civile francese, che era ispirato agli ideali filosofico-morali illuministi e giusnaturalisti, quali l’universalismo dei diritti e l’esistenza di diritti innati che ogni uomo ha in quanto uomo, una visione del diritto di uguaglianza universale. La scuola storica del diritto invece fonda il suo pensiero sul diritto romano, sulle tradizioni e le consuetudini di un determinato popolo. Le consuetudini sono la prima fonte del diritto di un popolo e ogni popolo in base alla propria storia ha delle consuetudini diverse, quindi è impossibile avere un diritto universale valido per tutti i popoli, ogni popolo dovrà produrre il proprio diritto in base alla propria storia. Essi trovano un unico collante che possa fungere da base a tutti i popoli, cioè il diritto romano: è l’unica caratteristica comune che i popoli europei hanno e per il quale tutti i popoli europei dovrebbero produrre un proprio diritto, attorno al quale aggiungere le varie consuetudini locali per formare un sistema di diritto completo e esclusivo.

Ecco che quindi già nel XIX, anche in campo giuridico, si professava una frattura su ciò che sarebbe stata la storia sociale dei prossimi secoli in Europa, cioè la divisione tra chi si rivede negli ideali universalisti in nome dell’uguaglianza degli individui e chi sarà fermo su posizioni più conservatrici in nome delle diversità culturali e storiche di ogni popolo.


LETTURE E APPROFONDIMENTI:

- N. Bobbio, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Laterza, 2014