JCPOA - L'accordo sul nucleare iraniano

GABRIELE PATO

L'ACCORDO SUL NUCLEARE IRANIANO

Dopo più di due anni di intensi e complessi negoziati tra le parti in causa, il 14 luglio 2015 a Vienna è stato ratificato un importante accordo internazionale riguardante lo sviluppo nucleare nella Repubblica Islamica dell'Iran. Il documento, chiamato Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), è stato siglato dal ministro degli esteri iraniano Javad Zarif e da quelli dei paesi membri del consiglio di sicurezza dell'ONU (USA, Cina, Russia, Francia, UK) più Germania ed Unione Europea.

Il JCPOA è indubbiamente un passo epocale nelle relazioni diplomatiche tra la Repubblica Islamica e l'occidente, ma non si tratta comunque del primo accordo sul nucleare a cui l'Iran decide di aderire. L'Iran aveva già firmato il Trattato di non proliferazione nucleare, ratificato dall'ONU nel 1968 ed entrato in vigore nel 1970, in quanto paese privo di armamenti atomici. Nonostante ciò, nel corso degli anni '70, Mohammad Reza Shah attivò un programma di sviluppo sostenuto dagli Stati Uniti che però ebbe una brusca battuta d'arresto con la rivoluzione del 1979. Con l'ascesa dell'ayatollah Khomeini al potere i programmi restarono a lungo bloccati a causa della sua opposizione morale e religiosa a questo tipo di tecnologia. Inoltre, gli otto anni di guerra (1980-'88) contro l'Iraq di Saddam Hussein avevano privato il paese delle risorse economiche necessarie.

Soltanto dopo la fine del conflitto, grazie all'aiuto tecnico ed economico di Pakistan, Russia e Cina, l'Iran riprese lo sviluppo di tecnologie nucleari, ufficialmente soltanto per scopi civili. Nonostante le continue rassicurazioni, l'intelligence statunitense iniziò a sospettare che questi scopi civili non fossero altro che una copertura per lo sviluppo di armi di distruzione di massa; questi sospetti furono confermati nel 2002, quando un gruppo di dissidenti rese pubblica l'esistenza di due impianti di arricchimento dell'uranio non dichiarati ad Arak e Natanz. Il presidente Khatami ne ammise l'esistenza, giustificandoli come esperimenti non militari, ma l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (IAEA) lo sconfessò dopo aver visitato gli impianti. Nel 2003, con la Dichiarazione di Teheran, lo stesso Khatami acconsentì a cooperare con l'IAEA e sospendere l'arricchimento dell'uranio ma soltanto due anni dopo, il suo successore Ahmadinejad, disconobbe la Dichiarazione. In seguito, nel 2009, Obama comunicò la scoperta di un ulteriore impianto di arricchimento presso Qom. In tutta risposta, tra il 2006 ed il 2010, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU adottò sei risoluzioni riguardanti il programma nucleare iraniano, imponendo pesanti sanzioni economiche.

Le relazioni tra USA ed Iran rimasero congelato sino al marzo 2013, quando cominciarono incontri segreti tra le due parti mediati dal sultano dell'Oman. Nel giugno successivo venne eletto Hassan Rouhani, il quale dopo soltanto tre giorni dall'insediamento dichiarò l'intenzione di rivedere gli accordi sul nucleare. A settembre si ebbe la prima comunicazione telefonica tra il presidente iraniano e quello statunitense dopo la rivoluzione islamica e a novembre si giunse alla firma del Joint Plan of Action, siglato dall'Iran e dai membri del Consiglio di Sicurezza. L'accordo prevedeva la sospensione parziale della ricerca in tecnologie atomiche in cambio ad una diminuzione delle sanzioni. Il trattato venne ulteriormente implementato a Losanna nell'aprile 2015, consentendo più frequenti ispezioni da parte dell'IAEA ed una riduzione del programma per almeno 10 anni.

Nel novembre 2015, finalmente, si arrivò all'accordo definitivo: l’Iran acconsentì di ridurre le riserve di uranio arricchito del 98% e di non aumentarle per quindici anni. Inoltre, per lo stesso lasso di tempo, l’Iran avrebbe limitato l’arricchimento dell’uranio al 3,67%, una percentuale sufficiente per scopi civili e di ricerca, non sufficiente invece per lo sviluppo di armi di distruzione di massa. Per dieci anni la centrale di Natanz sarebbe stata monitorata da ispettori dell'IAEA e la centrale di Qom avrebbe cessato l’arricchimento dell’uranio e per essere convertita in un centro accademico di fisica nucleare. Infine, l’Iran, tramite un protocollo addizionale, accettò un regime di ispezioni e verifiche incrociate da parte di un team di 150 ispettori dell’IAEA e di vari strumenti elettronici fissi, in grado di trasmettere informazioni in tempo reale all'agenzia.

Secondo le stime, liberato dalle sanzioni l’Iran potrà recuperare complessivamente circa 100 miliardi di dollari dagli assets congelati. Tuttavia, tutte le altre sanzioni imposte dagli Stati Uniti contro l’Iran relative a violazioni di diritti umani e supporto al terrorismo non sono parte dell’accordo e, pertanto rimarranno in vigore. Nel maggio 2018, gli USA – sotto l'amministrazione Trump – hanno deciso di fare un passo indietro e ritirarsi dagli accordi dal JCPOA, accusando l'Iran di non averli rispettati del tutto e ripristinando le sanzioni economiche. Gli altri paesi firmatari sembrano invece, fino ad oggi, convinti della bontà del Trattato e decisi a proseguire su questa strada.