"Ius ad bellum" e "ius in bello"

GIACOMO TOMMASI

“IUS AD BELLUM” E “IUS IN BELLO”

«I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall’uso della forza, sia contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini delle Nazioni Unite.» - Art. 2 par. 4 della Carta delle Nazioni Unite (1945)

Il diritto internazionale contemporaneo offre due tipologie di responsi alla sfida dei conflitti: un insieme di regole conosciuto come ius ad bellum e un altro chiamato, invece, ius in bello. Tuttavia, lo scopo di entrambi è il medesimo, limitare la guerra e ridurre le sofferenze causate dalla stessa.

Nel primo caso ci si riferisce al “diritto di fare ricorso alla guerra” e l’obbiettivo che è stato inseguito nel corso del XX Secolo è stato proprio quello di limitare, per quanto possibile, il ricorso alla forza militare da parte degli Stati. Fino al Patto della Società delle Nazioni stipulato nel 1919 in seguito al primo conflitto mondiale, gli Stati hanno sempre goduto di un illimitato ius ad bellum. L'uso della forza armata, infatti, era considerato appartenere alla struttura tipica della Comunità internazionale come mezzo “fisiologico” per la soluzione delle controversie di uno Stato sovrano che coesiste con altri stati sovrani. La posizione egualitaria degli stati nell'ordinamento internazionale e l'assenza di un ente capace di imporsi come creatore di diritto e regolatore di conflitti, hanno sempre fatto sì che gli Stati ricorressero all’uso della forza.

Il grande cambiamento si verificò in seguito alle atrocità provocate dalla Seconda Guerra Mondiale, le quali evidenziarono la necessità assoluta di porre dei limiti al ricorso e all’uso della forza armata da parte degli Stati, nell’ottica dell’affermazione e del mantenimento di una pace duratura tra i popoli.

Fu così che, il 24 ottobre 1945, entrò in vigore la Carta delle Nazioni Unite, avente la funzione di portare a compimento il processo, finalizzato a limitare e bandire il ricorso alla guerra, iniziato con il Patto della Società delle Nazioni del 1919 e proseguito con la conclusione del Patto Kellogg-Briand del 27 agosto 1928.

Venne così sancita una norma generale sul divieto dell’uso della forza nelle relazioni internazionali, considerata appartenente anche allo ius cogens, la quale proibisce qualunque atto bellico extrastatuale che possa ledere la sovranità di Stati terzi e, quindi, tutte quelle attività militari che sarebbero così qualificabili. Lo stesso articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite, sopra riportato, ha fatto proprio questo principio, affermando anche il dovere dei componenti della Comunità internazionale di ricorrere a mezzi di risoluzione pacifica per tutte le controversie insorte fra di loro. L’ unica azione militare di uno Stato contro un altro Stato che viene considerata lecita è quella intrapresa per self-defence, cioè per auto-difesa della propria sovranità e dei propri confini.

Coloro che hanno pensato e costituito la Carta delle Nazioni Unite hanno così concesso il monopolio dell’uso della forza a livello internazionale al Consiglio di sicurezza, l’organo delle Nazioni Unite incaricato di mantenere la pace e la sicurezza internazionali in conformità con i principi e le finalità delle Nazioni Unite stesse; Il Consiglio è composto da cinque membri permanenti e dieci membri non-permanenti eletti in rappresentanza dei paesi membri.

Contrariamente allo ius ad bellum lo ius in bello (“il diritto in guerra”, anche detto “diritto internazionale umanitario”) ha sempre avuto uno sviluppo consistente, rappresentando infatti una delle branche più antiche del diritto internazionale. Il diritto internazionale umanitario (DIU) è l'insieme delle norme avente come obbiettivo la protezione delle cosiddette vittime di guerra o vittime dei conflitti armati. Costituisce una parte molto importante del diritto internazionale pubblico e include sia le regole che, in tempo di conflitto armato, proteggono le persone che non prendono, o non prendono più, parte alle ostilità, sia le norme che pongono limiti all'impiego di armamenti, mezzi e metodi di guerra.

La base fondamentale del diritto umanitario è attualmente costituita dalla prima Convenzione di Ginevra del 22 agosto 1864 (data di nascita del Diritto Internazionale Umanitario) e dalle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 e dai successivi due Protocolli aggiuntivi dell'Aja del 1977, alla quale si aggiungono poi moltissimi altri documenti. Questo insieme di norme è sicuramente il ramo del diritto internazionale più applicato nell’ambito di conflitti armati e guerre civili interstatuali.

In questo settore non esiste nessuna ipotetica distinzione tra guerra “giusta” o “ingiusta”, infatti il diritto internazionale umanitario si applica a prescindere dalle cause che hanno originato le ostilità e senza nessun riguardo alle responsabilità alla base del conflitto. Sotto lo ius in bello tutte le parti coinvolte in uno scontro armato godono degli stessi diritti e sono obbligati a rispettare gli stessi vincoli internazionali.

Ruolo chiave e da sempre centrale in questo settore è ricoperto dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR), associazione privata di diritto svizzero con sede a Ginevra ed istituzione di carattere umanitario, caratterizzata dall'imparzialità, neutralità ed indipendenza. Ha delle responsabilità nel custodire e promuovere il diritto internazionale umanitario, proteggendo e assistendo le vittime dei conflitti armati internazionali, dei disordini e della violenza interna.